Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

segnalare la discordanza tra 1'azione e i suoi postulati ideali, e una grande lotta tra l'elementarità e la cultura che affoga il mondo in un'immensa ondata di cinismo. Siamo prossimi a una catastrofe morale di proporzioni gigantesche, nella quale resteranno in piedi solo le virtù ciniche. I politici dovranno aggrapparvisi e governare attraverso di esse. La nostra missione è farci avanti con l'intelligenza per restituire la sua dignità di uomo all'animale". Come adempiere a questa missione? Machado è ben lontano dal volersi impegnare in un appello ai valori considerati in senso astratto, che risulterebbe esso sì retorico. · È vero: i grandi valori dell'Occidente sono in pericolo, le divinità che ne hanno fatto grande la storia stanno per abbandonare la scena. Rispetto a questo esito, Mairena è tuttavia cosciente che a poco valgono i richiami e le esortazioni: "Gli dèi cambiano per se stessi, senza che noi lo possiamo evitare, e si introducono da sé (....). Noi dobbiamo soltanto cercare di vederli nudi e senza maschera, tali quali sono. Perché degli dèi non si può dire quello che si dice diDio: che chi vede il suo volto muore. Gli dèi ci accompagnano nella vita e bisogna conoscerli per camminare con essi. E ci abbandonano silenziosamente alle soglie della morte, che essi probabilmente non varcano". La soluzione non consiste allora nel fare appello ai grandi principi, che ci paiono irrimediabilmente lontani compromessi, resi ormai essi stessi "luogo comune" nel grande processo di · omologazione della civiltà contemporanea. La via per sfuggire· · all'abisso nichilista consiste piuttosto, husserlianamente, nel giungere ali' essenza partendo dalla concretezza della propria esperienza vitale. Per Machado ciò significa partire dalla propria condizione di poeta. La poesia gli si rivela infatti come una esperienza metafisica, giacché si pone di per se stessa in palese contraddizione con ogni forma di scetticismo e di omologazione. La poesia, sia pure la più amara e negativa, è sempre un atto veggente, di affermazione di una realtà assoluta, perché il poeta crede sempre in ciò che vede, quali che siano gli occhi con cui guarda: "La sua esperienza vitale - e che altra esperienza può avere l'uomo? - gli ha insegnato che non c'è vivere senza vedere, che solo la visione è evidenza, e che nessuno dubita di ciò che vede, ma di ciò che pensa. Il poeta riesce ad evadere dalla zona dialettica del suo spirito, irrimediabilmente scettica ...". Anche la poesia, come la scienza, ha un profondo potere disrealizzante: la sua decostruzione si esercita nei confronti del linguaggio comune, del cant appunto: rispetto ad esso anche la poesia può allora apparire nichilistica, proprio perché il vedere del poeta, è "un vedere e restar cieco, un vedere che si vede, pura evidenza che è l'essere stesso, un atto creatore necessariamente negativo, che è il nulla stesso". Ma si tratta di un nulla che, per così dire, pone in nulla il nulla dei nichilisti, rappresenta rispetto ad esso la contraddizione massima, una confutazione insormontabile. La poesia come risorsa metafisica, dunque, ma anche come ineludibile riferimento etico. Alla radice della poesia non vi è infatti una fredda esigenza teoretica, ma un insopprimibile sbilanciamento verso l'altro. L'attività poetica è per Machado ~ssenzialmente dialogo con un "tu", apertura verso l'altro da sé. E per questo che la poesia è espressione del bisogno che ci rende propriamente umani: il volere essere altri da noi stessi. Nelle parole di Mairena: "Anche se la sua logica e naturale sofistica chiudono l'uomo nella più stretta concezione solipsistica, la sua monade solitaria non è mai pensata autosufficiente, bensì come nostalgica dell'altro, sofferente di un'incurabile alterità". La poesia è quindi espressione intrinsecamente "filosofica" del pensiero umano, in quanto pensiero radicalmente "eterogeneizzante" - così lo definisce Machado - che presuppone e predica l'altro da sé. Alla fine della propria esistenza, Machado scopre dunque che proprio la poesia è una sorta di prova filosofica, una chiave di accesso all'essere. È per questo che il Mairena si autodefinisce, in un esercizio di autentica ironia socratica, non come un'opera di filosofia, ma di retorica. Se volessimo utilizzare le partizioni della retorica classica, la si potrebbe più precisamente ritenere un esempio di retorica epidittica. Il suo fine è infatti propriamente dimostrativo o, meglio, ostensivo: consiste nell' indicare qualcosa di diverso da sé: la poesia in quanto vera filosofia. Riemergiamo dalla lettura di quest'opera singolare pieni di interrogativi su quegli stessi filosofi con i quali Mairena, pur in modo così apparentemente bonario, si confronta. Per citarne solo uno: e se l'intera opera di Heidegger fosse considerabile, dal punto di vista delle categorie maireniane, un esercizio di retorica, un modo per rinviare, in mille diverse variazioni, ad una esperienza diversa dalla filosofia e, paradossalmente, più di questa "filosofica", la poesia appunto? SULLANUOVA EDIZIONEDI ILMARE NON BAGNANAPOLI La realtàintollerabile GoffredoFofi La realtà è intollerabile, dice la Ortese nella post-fazione ali' edizione 1994 di Il mare non bagna Napoli (Adelphi, pp. 176, lire 24.000). La Morante parlava di "scandalo della Storia". Non sono, queste, constatazioni di letterati. Sono la reazione a un'offesa che colpisce chiunque sappia vedere e non abbia elaborato le difese e le finzioni sufficienti a tenersi del tutto al riparo, al sicuro dall'ingiustizia del mondo, non fosse che psicologicamente. I letterati sono per definizione dei retori, costruttori di difese verbali che corrispondono, lo vogliano o no, a difese ideologiche e psicologiche. I modi di farsi complici della realtà - della sua intollerabilità, del suo scandalo - sono certo tantissimi. Uno di questi, più innocuo di altri, può essere appunto la letteratura, nei modi più alti come nei più bassi. Esso viene praticato da tanti, comprensibilmente. Ma poi ci sono per fortuna anche pochi che osano, per sé e per noi, guardare: confrontarsi con lo scandalo, con l'intollerabilità. La Medusa acceca, si sa, trasforma chi la guarda in sasso, e allora la letteratura è uno schermo necessario, solo allora, per evitare di

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