Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

VEDERE,LEGGERE,ASCOLTARE 79 NICHILISMOEPOESIA: IL JUANDEMAIRENA DI ANTONIOMACHADO GiovanniRizz.oni Che cosa spinge un poeta a parlare di filosofia? È questo l'interrogativo che ci pone la lettura della strana e affascinante opera di Antonio Machado, Juan de Mairena (ora nuovamente disponibileinitalianonell'edizionedellaBibliotecadelVascello, pp. 150, lire 26.000, a cura di Oreste Macrì). Strana per la scelta di un grande poeta di affidare a un'opera in prosa come questa l'estrema testimonianza delle proprie convinzioni etiche oltre che estetiche; affascinante per la sua fonna, che propone al lettore alcuni frammenti di lezioni tenute da un immaginario professore di retorica, Juan de Mairena appunto, che si rivolge a un altrettanto immaginario gruppo di discepoli. Machado vi dispiega tutte le strategie dell'ironia socratica: provoca e seduce i propri ascoltatori, ma quando il cerchio dell'argomentazione finisce per stringerlo troppo da vicino, lo elude rifugiandosi nel paradosso o nel!' infilata di eteronimi che popolano il libro: non è Machado che parla, ma Juan de Mairena, o questi si limita a sua volta a riportare gli insegnamenti del proprio maestro, il saggio Abel Martin. E non è di filosofia che si parla, ma più semplicemente di retorica ... Perché tante precauzioni? Perché vero argomento del libro, sia pur trattato nello stile divagante e colloquialmente "sottotono" scelto da Machado, è un tema centrale della cultura europea di questo secolo: il problema del nichilismo. Machado stesso chiarisce i termini della questione: l'essere poetico, spiega, non pone al poeta nessun problema. Esso "si rivela o si vela; ma lì dove appare, è. Il nulla invece sì. Che cosa è? Chi l'ha fatto? Come è stato fatto? Perché è stato fatto? È tutto un diluvio di domande che aumenta con gli anni e che si produce non solo nel suo intelletto - del poeta - ma anche nel suo cuore. poiché il nulla è motivo di angoscia, ma per il poeta, oltre e prima di ogni altra cosa, è causa di meraviglia e di sorpresa". Quando Machado parla del nulla, non si riferisce a un'astratta entità, a un oggetto della metafisica classica e della storia della filosofia, ma a qualcosa che lo angoscia e lo meraviglia proprio perché parte dell'esistenza di tutti i giorni. Sono due le forme di esperienza che ci pongono quotidianamente di fronte al nulla. La prima è quella che il saggio Mairena chiama con il nome di "pragmatismo", un atteggiamento che si è tramutato in una vera e propria fonna di religione, in una sorta di fede "mansueta e perversa che incanaglisce tutto l'Occidente". Si tratta della fede trionfante in tutto ciò che è effettivo, potente, economicamente utile e che disprezza ogni forma di contemplazione, di disinteressata 1icercadella verità, di richiamo profetico, tutte possibilità che vengono non represse, ma affogate Antonioe ManuelMochodo. ArchivioEffigie. in un generale atteggiamento di benevolo relativismo, di chiacchiera generalizzata che è nella forma tollerante, ma nella sostanza nichilista e oppressiva. È quello che Juan de Mairena çhiama, sulle orme di Nietzsche, con il termine inglese di cant e che oggi potremmo riconoscere, elevato ad un grado di pervasività e diffusione impensabile ai tempi di Machado, nel dominio.culturale raggiunto dai moderni mezzi di comunicazione di massa. La seconda forma di espressione del nichilismo contemporaneo, apparentemente assai più alta della prima, è quella della scienza. E con la scienza che l'uomo si impegna in un immane sforzo di riduzione e semplificazione della sterminata ricchezza dell'esperienza. Quest'impresa lascia il poeta stupefatto: "Fa meraviglia vedere fino a che punto è miracolosa la virtù del nostro pensiero, che penetra nelJa selva intricata del sensibile come se tale selva neppure esistesse, e pensa il vuoto e lo spazio che essa - la selva - occupa. Poiché descrivendo l'intelletto umano in maniera impressionante, come un'ascia che si apre il passo attraverso un bosco, non si dice la sua miracolosa virtù; infatti non esistono né l'ascia né la sua opera; il folto degli alberi sussiste intatto e nel luogo ove è situato si pensa un'altra cosa". Machado è impressionato dalla fede nella razionalità umana implicita nell'attività di ricerca scientifica, ma proprio la straordinaria forza di annichilimento, l'enorme potere disrealizzante di questa impresa lo porta a chiedersi se la calamita che spiega l'impeto di questa fede razionale non sia il puro nulla, il cadere di ogni solido punto di riferimento "in cui la ragione finisce per non azzeccare, neppure per caso, qualche verità a cui poter afferrarsi". Si tratta di due nichilismi che, nonostante le apparenze, sono strettamente imparentati tra loro, saldandosi nel dare luogo ad una profonda crisi morale dell'Occidente: nelle considerazioni di Machado si avvertono con chiarezza gli echi delle critiche husserliane al destino delle scienze europee e gli ammonimenti di Heidegger sull'oblio della questione dell'essere e il decadimento a chiacchiera di ogni seria considerazione sulla condizione umana. Sono atteggiamenti non confinati a ristrette élites intellettuali, ma che si sono impossessati delle masse e che inducono Machado a fosche profezie (Juan de Mairenaèdel 1936): "Si avvicinano guerreterribili,rivoluzioni cruentissime, tra le cui cause più profonde potremmo forse

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