76 STORIE/ NASSIB mi trattano come una ragazzina, un'invitata cui si permettono molte cose perché è un po' straniera, non lo sopporto. La guerra è iniziata da alcuni mesi ma non la chiamano ancora guerra, è un incidente, si aggiusterà. Ieri mattina, hanno bussato poco prima delle otto, così presto, erano tutte e tre là, tre figure nere alla porta del mattino. Dina, giovane ulivo di trent'anni, corpo nodoso, aggrappato alla vita. Nada, ha la mia età, gli occhi sfrontati come sempre, fa perdere la testa ai ragazzi. Persino Soha, quella che arrossisce, che non esce mai, la mia prediletta, abbandonata agli appetiti di un droghiere. Fra donne si sono tolte il velo, abiti colorati, sorrisi complici, focacce al timo ancora calde, prima colazione a sorpresa, io ero vesti'ta, stavo per uscire. Non hanno voluto ascoltare niente, restiamo insieme oggi, dimentichiamo, lasciamo passare questo giorno, non vedi il temporale come batte sui vetri. È vero, la luce vacillava, una notte grigia premeva contro le finestre, non era una buona ragione, ho protestato, non riuscivo a convincerle che avevo un appuntamento importante, tu hai tutto il tempo, la fretta è di Satana. Sono rimasta, ho detto solo un momento, era la prima volta che venivano insieme, mi hanno seguita, mi hanno circondata mentre preparavo il caffè, finalmente il quartiere mi accettava, forse, non potevo sospettare. Eppure le trovavo un po' strane, parlavano tutte e tre insieme, ad ogni esplosione sussultavano e dicevano non è niente non è niente, è soltanto il ono ... Il caffè tirava per le lunghe, loro ridevano molto, talvolta un'espressione di terrore offuscava un volto che si lasciava andare ... non sapevo più cosa pensare. Mi sono alzata, hanno protestato, a cosa serve questo, la scuola dove insegni è chiusa da ieri, la città non è tranquilla ... abbiamo tante cose da dirti. Ti ricordi quando sei arrivata, dicevi che la donna deve liberarsi, per te era possibile, lo vedevamo bene, ma per noi è diverso. Sai com'è la strada, gli uomini che guardano, un occhio sulle loro donne, un occhio su quelle degli altri, Dina chiacchierava, girava attorno, non l'avevo mai vista così. Nada aveva le labbra e la voce che tremavano, diceva c'è la legge interna del quartiere, ciò che si fa e non si dice, siamo libere quanto te, forse anche di più, ma non si vede. Soha era alla finestra, guardava nel vicolo, quel vicolo splendido malgrado tutto, pieno di gelsomino, come se cercasse qualcosa. Soha, la mia reclusa, è vissuta a lungo all'ombra di sua madre, la Hajjé, quella che è andata alla Mecca, quella che ha preso il lutto di Nasser e non l'ha più lasciato. La Hajjé non esce più, il suo giardino è una giungla, ·1asua casa è sempre aperta, il vicinato intero entra in casa sua. In mezzo a questa gente, tra i ritratti del capo scomparso, Soha, con gli occhi abbassati, è diventata una ragazza. Nada mi ha colta alle spalle, ora ti diciamo il nostro segreto. L'atmosfera era talmente bizzarra, mi sono detta vogliono darmela a bere, tra poco mi rideranno in faccia. Si sono consultate con Beirut.Fotodi LuigiBoldelli/Controsto
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