Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

Ibrahim Samuel ILBUIO traduzione di Isabella Camera D'Afflitto Un'intervista con lo scrittore siriano Ibrahim Samuel, nato aDamasco nel 1951, a cura di Isabella Camera d'Afflitto, è uscita recentemente su "Linea d'ombra", nel n. 92, aprile 1994. La cosa più straordinaria non accadde nella mezz'ora che il pubblico trascorse in attesa della proiezione, bensì in quel breve e fulmineo intervallo di tempo durante la proiezione stessa. Martedì scorso non era né un giorno di riposo settimanale, né una delle feste ufficiali, ma un giorno normale, come del tutto normale era il film che davano, uno di quei film arabi che sempre più frequentemente vengono proiettati negli ultimi tempi. Perfino lasala era una di quelle comuni, di livello medio, come se ne trovano parecchie a Damasco. Gli spettatori erano così numerosi da non lasciare neanche una poltrona vuota, per cui pensai di andarci presto. Mi accomodai nella prima poltrona della fila posteriore, e cerc~Ì di impiegare il tempo che restava ali' inizio del film, osservando quelli Il Cairo. Foto di Dino Fracchia/Contrasto che entravano, cercando di indovinare che lavoro facessero e quale fosse il legame di parentela che legava gli uni agli altri. Ecco una moglie piena di contegno che dava il braccio al marito; tre donne, una con il velo, dovevano essere maestre; una ragazza della scuola superiore, in divisa; un giovanotto elegante precedeva un gruppetto di belle ragazze; due militari; dei ragazzi con dei panini in mano che facevano a gara per accaparrarsi un posto; due studenti universitari con ancora i libri sotto il braccio; un uomo e una donna che, dai loro vestiti, dovevano sicuramente venire dalla campagna; un uomo solo e un altro che camminava con aria di sufficienza come se fosse un capufficio o il direttore di una società; una vecchia con un bambino, probabilmente suo nipote ... una cozzaglia di gente che si poteva incontrare in una qualunque strada della città. Alle sette inpunto, ali' ora della proiezione, imovimenti divennero più concitati a causa dei ritardatari che correvano verso la maschera per andare ad occupare il proprio posto prima che si spegnessero le luci, mentre io tiravo fuori gli occhiali e,dopoaverpulito le lenti, mi apprestavo a inforcarli. Sprofondai infine nella poltrona preparandomi a guardare il film. Ma quel che accadde nei p1imi minuti, e continuò poi per una buona mezz'oretta, non era assolutamente prevedibile. Benché fosse stata occupata anche l'ultima poltrona, la sala continuava a essere illuminata da luci accecanti che arrivavano da ogni parte, il sipario rimaneva abbassato mentre l'attenzione del pubblico diminuiva di minuto in minuto. Naturalmente, all'inizio, la scena si presentò piuttosto originale. Dopo qualche minuto, cominciai a guardarmi intorno per cercare di capire il motivo di quel ritardo, e mi accorsi che tutte le facce, come me, si guardavano in giro, cercando a loro volta di capire i motivi che impedivano la proiezione. Alcuni si guardavano stupiti e altri fissavano le porte

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