Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

Fai finta di conoscere tutto di me le scarpe, i calzini, l'ombra inumidita. La giusta distanza fra noi due è il rosa della tua vagina e il nero della mia lingua. In questi anni in cui tutto si specchia contro un muro squarciandolo: passano fra le ombre il destino e il tanfo. Fermo immobile a fumare mi passeggi intorno e accanto. Le foto che ho di te sono un inganno ora che mi tocchi, mi cerchi nei calzoni dove il buco è più profondo. Non restiamo più un istante. È vero il contrario se andiamo controsenso e man mano. Mancano i cuscini e le pieghe alla verità del letto. Qui non ha abitato nessuno se non un soldato nudo che aveva molto freddo. Per ciò dovremmo andarcene presto e non tornare. V Qui. Qui. Qui. È come un'entropia della coscienza. Nessuno vuol vedere. Mentre la gente esce ed entra dal macellaio il primo giorno di primavera. Qualcuno si legge il giornale. Qualcuno si spulcia il gomito. Murato in una stanza. Fermo su una sedia. Gettato in un buco. I timbri sparsi sul tavolo. La polvere accumulata sul davanzale. Il dolore a un fianco. La carne molle e flaccida. Come in un grande supermarket i clienti che parlano di tipi di pasta biscotti carne in scatola prosciutti spinaci precotti cacca cibi pensieri gusti macinati una volta due volte. Umanità ridicola. Qui. Qui. Qui. Sono di là. Nell'altra stanza. Ci sono tutti. Cantano vecchie canzoni. Il telefono guarda ... è impressionante. Senti ... "Ho spento già la luce ..." "Francesca non ha mai chiesto di più ..." A pezzi. Sfatti. Purulenti. Vicino al pioppo. Sentivo il soffitto premere su di me, poi mi sono chiesto com'ero finito !addentro. Il mondo annerito come un piccolo buco di culo. La grande pialla che rode occhi nasi e bocche. Gli orifizi che balbuziano. E come chiamarlo questo fiume di melma che cola, trascina, tiene bassa la luce vicino al cuore. E cosa occorre capire prima di riprendere la strada. In quella ragione avremmo dovuto trovare il perché di una vita murata alle nostre spalle che non possiamo volgerci a guardare. Ora passa un grande silenzio sopra tutto. E camminiamo misurando nient'altro che i passi. Ora le facce sono uguali ~ ognuna gettata dalla propria parte. E inutile chiamare qualcuno per renderci conto dell'affronto. Noi siamo in ritardo. Loro smentiscono ogni addebito. La spada dell'orologio taglia il respiro in gola. È l'ora di prepararsi all'appuntamento per uscirne fuori un fuori che non sarà mai dentro. Giancarlo Consonni SEIPOESIED'AMORE L'està gulusa La parla de fòss e cagapùgn la dìss de angiul e de piom. La prova i pass d'un ball de tusa. V6 per senté furèst cunussi apèna furmènt e papaver l'està gulusa ul socc di !aver. Dopu 'I tempuràl Dopu 'I tempuràl la farfala la par nova. La tènta 'na liimaga la sua strada e la siica un 6ter fiù. Tra un po' la dìss: "Ecco, vedi, adesso come adesso ti amo molto". Al s6 di pass. Al cine Al cine ghé vègn de piòncc. A vultàss me par de vèss la liina frégia sol sguàss. OESIA 71

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