Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

70 POESIA l'antidoto più dolce contro il mal di luna, che fra poco s'abbasserà nell'orto, scivolando timida come la coda del topo, che squittisce nel lavatoio o nella botte. Ma la sua luce non ti sfiorerà, perché tu abiti in via Carmine Rossi, corri a scuola in montgomery, e le sere per farmi comparire, rincasando batti tre volte le mani. lf ragazzo sul delfino I delfini che amano i ragazzi nuotano solo nelle versioni di latino, ma i sortilegi di mia nonna scomparsa, le lunghe filastrocche di scongiuro, le mani sulla fronte e i ritornelli, tutti trasmessi unicamente a me, che li rubavo come marenghi nelle pignatte, scudi nello staio o piume di rondini reali, a che valgono se a un tratto ho tremato sul lido nell'ora dello scopone, vedendoti spiccare in cima alle onde come chi allora ha innalzato il primo amore? Non eri già suo nel tuo splendore, dal canzonatore che salta, del becchino di mare, il corteggiatore che non s'appiatta, lo sfrontato delfino? Anche la notte di luna piena rinnega le catene dell'incanto, che compitai per scherzo o cosa seria tra il forno e il gallinaio, se si prolunga il fascino delle capre lontane, alte come coyotes sulle coste, tutte belanti insieme al mio terrore ed ora che anche i topi rabbrividiscono tra le bottiglie rotte di composta qui davanti all'acquaio mi addormentano. Giuseppe Goffredo DA UN DIARIO ,: "Nulla è mortopiù dellastradamaestradi questopaese, dove l'olmo venerabilesi ammala, intriso di cementoe catrame, dove la foglia non nasce,o cade, o sverna." (Robert Lowell) Qui. Qui. Qui. Il sole si abbassa sui cedri delle ville piccolo borghesi finta bava di foglie dove la specie si seppellisce. L'erba è stanca come due scimmie nude e un mattone. Né potranno sopravvivere i lampioni sfregiati dalle frenate ai margini tumefatti fra l'asfalto e il guardrail. Scresce la poca luce vicino al cuore lungo il muro uniforme e asciutto. Lo sgocciolio di un narciso come un succo di albicocca guasta. - Ma io continuo a pensare a quel rumore e a quella scia luminosa indurita!- La caparbietà dei fili che si incollano da un capo all'altro. Le carte sparse sugli stipiti-.La cornetta nella cabina agganciata. Nel frastuono periferico dove i ragazzi mangiano mele ai semafori le auto non si fermano sulle strisce pedonali, mentre due dietro una rete spingono a fatica i loro corpi. TIsole cerca un suo angolo fra i palazzi. Il garzone si dibatte con un carico di birra. Un vecchio si consuma lento a godere di incantevoli sensazioni nel torpore degli oleandri pomeridiani gli occhi più volte accerchiati le scarpe incollate con durezza all'asfalto. Sprofonda di qualche centimetro il tramonto. Puzza il pensiero bruciato del vicino lo strascico dei passanti negli specchi retrovisori. Si fa grande e verissima la città intorno con migliaia di citofoni clacson motriglie padri figli buste sportelli cicche giocatori di calcio fra i parcheggi. Qui stiamo in un angolo al tramonto aspettando il nostro avvocato, non lontano dal galleggio dell'acqua, le prime luci accese dai portieri, le maniglie dorate le persiane abbassate in via Italo Svevo. lii Qui. Qui. Qui. L'indecenza viledell'erba morta che più non vede con i suoi fiori nel suo scintillante azzurro dovrò darti la mano e richiamarti alla follia di questi anni segnati da fosse d'alberi spianati scavatrici senza radici e capelli corti. Non cresco ti dico. Non posso. Qualcosa lo vieta. E la sera sputo e allargo le braccia. Mi segui? È questo vedi. Nonostante tutti i discorsi che si possono immaginare. È questo. Né aquiloni di stagione danzano negli orti. Potrai intanto tornare sui tuoi passi senza riderne. O vederci sabato senza il bambino e il tuo doppiosenso. E cosa abbiamo da dirci se non proseguire per l'inverno e il suo radicale assenso.

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