Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

Livia Livi SELFEALTREPOESIE self buttata là nel verde una mantella grigia due braccia che abbracciano due gambe e dall'orlo di lana una scarpa posata di traverso fra l'erba se ti allontani è un grumo di piombo colato per distrazione sul tremolio del giorno capovolto nel cerchio di un occhio verderame raggio d'ombre farfalla sulla gota e adagio respirare finché il male si assottiglia in un graffio una punta di io poi niente anche quello scomparso dissolto nell'oro nel rosa. enigmi l'onnipotente Lev il vegliardo una volta mi abbracciò chiamandomi veronica lo ricordo se guardo l'altro (una nuvola? un saggio?) apparire sulla panchina assorto nel miraggio del fiore sbocciato dal botro e non bada a quel fabbro olivastro che dall'ombra di una energica ghisa lo sfida: io derubo e forgio! ma il gentiluomo in panama che a filo di pennello curva un volto come un gladiolo non si distrae dal suo gesto nipponico né di profilo il più casto si accorge, !'ieratico catalano sprofondato in un sogno di guerrieri comignoli lontano dal più giovane, quello che vide una betulla esitante aprirsi sulla catastrofe e ora di soppiatto mi sorride, ironico ma con mitezza: ho pianto notti intere perché era morto nel '4 ! pronto! ma di che parli? vaneggi? blateri? o ad alta' voce leggi un tuo stràmpalo? lapsus te bruna ti ho chiamato con un nome d'inchiostro steso in china leggero, il nome in serbo che viene dopo allo scuro del primo biondo d'arcangelo rivolto al femminile, senza più spada. Mi salì quel nome altro nel guardare il tuo occhio largo e il labbro camuso che non vezzeggia: forse una volta ti chiamasti con quel nome lì che poi scivolò non visto a guardia di un ignoto. O forse ti ho chiamata così per via dell'altra la sorella che scelse l'ombra (fu scelta) discese e non risalì: impenetrabile bosco tesse un chiarore, splendente nelle trisillabe (deneb conduce il cigno - fiume notturno - fuoco.) Poetessa, ti rendo il nome del giorno arcangelo, e la spada inutile. Giovanna Sicari LAPREMURADELLALEGGE Si placasse in una notte l'affanno della politica e della tecnica, in una notte che tiene alte le fila - ci siamo lamentati di tutto, anche del seme più prezioso, per disegnare un plotone da acrobazia, ma si chiude nel bianco di una sostanza sporca. Nel silenzio di una strofa, lacrime! In quel modo prega. Fisso infinito perduta numerazione, chi mai si aggira con quell'album infantile? Uomini uguali gli danno i loro nomi ripetendoli a uno a uno sbagliati, intenti fratelli indossano camicie blu marine sfilate sotto il fiume, invocano il sonno da Gesù misterioso aspettando il tempo di una foto. In quale anno superstite l'orologio ha tremato - non avevamo occasioni, non per essere ladri.- Oh mio amore impietrimento ... 'Na storia da cani, avòja a spettà a vedè ... la gioia ... In quale capodanno iniziò la costruzione degli arti pronti per la morte? Si è accasciata, ha avuto un sangue bianco, irriconoscente, si è scossa indurita ... Sono muri dove mi scruta l'idea della giustizia in una visione già muta. Sono bolge e birilli E di nuovo obbedisco E di nuovo accudisco Per fermare la notte Ho bisogno di unguenti Ho bisogno di bende Sono soldatini tutti intenti sbattuti al di là dell'asfalto.

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