Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

STORIE/ VERONESI 65 "È morta" disse Andrea. In quel momento squillò il telefono. Io ero ammutolita, e Andrea si alzò senza dir nulla, abbastanza imbarazzato: mi mise il suo giornale sotto gli occhi e andò nell'altra stanza a rispondere. C'era la fotografia della Del fa in testa a un articolo, forse tratta dalla carta d'identità: una foto di quando era più giovane, ali' incirca del periodo in cui veniva a servizio dai miei genitori e io ero una ragazzina. L'articolo era breve, lapidario: era stata travolta da un'auto pirata la notte prima, su uno stradone periferico, ed era morta sull'ambulanza che la stava portando all'ospedale. Ormai erano parecchi anni che non la vedevo, e non sapevo più nulla della sua vita disgraziata, ma capitava ancora spesso che la sognassi, perduta nelle sue sventure così come l'avevo conosciuta. In realtà, credo che la Del fa abbia rappresentato l'ingresso della cognizione del dolore nella mia vita, qualcosa come la scoperta dell'effettiva brutalità del mondo. Molte volte veniva al lavoro, la mattina, tutta pesta di botte, ed era suo marito che la picchiava. Poi il marito si era ammalato, una malattia orribile, demenza precoce, e lei aveva smesso di lavorare per assisterlo giorno e notte finché, dopo anni, era morto. Non tornò più a lavorare dai miei, il suo posto era già stato preso da un'altra donna, ma veniva ugualmente a farci visita, e qualche volta aveva di nuovo dei lividi addosso: era il figlio, adesso, eroinomane, che la maltrattava per avere i soldi. Mio padre s'interessò per trovare qualche comunità dove potessero disintossicarlo, ma ne trovò soltanto a pagamento e la Del fa si rimise a lavorare per pagare la terapia al figlio. Appena sposata l'avevo presa a casa mia, pagandola più di quanto venisse pagata qualunque donna di servizio, ma seppi che quando usciva, verso le tre del pomeriggio, andava a lavorare in un'altra casa, a una paga molto inferiore, per guadagnare altri soldi. Finché saltò fuori che il figlio, dimesso dalla comunità, aveva ricominciato a drogarsi e che lei questa volta aveva deciso di dargli tutti i soldi che lui le chiedeva, poiché si vergognava di domandare di nuovo aiuto dopo quel fallimento. Finì che anche suo figlio morì, di overdose, giù per una scarpata, e la Delfa smise di lavorare e anche di venire a trovarci, sia me sia i miei genitori. Sparì, e nonostante l'affetto che le portavo non mi ero mai messa a cercarla. Sparita lei, del resto, il mondo che riguardava me era tornato a essere assolutamente tranquillo, privo di tragedie e di violenza, privo di lacrime. Ora la ritrovavo sul giornale, morta schiacciata sulla strada da una macchina che non si era neanche fermata e della quale un unico testimone, un falegname, aveva dato una scarna descrizione alla polizia: una Yolkswagen Golf di colore bianco, targata Fl D. L'articolo non poteva dirlo, ma era chiaro che andarla a trovare anche solo una volta, in quegli ultimi anni, sarebbe stato sufficiente per farla essere qualche decina di centimetri più in là di dove era sfrecciata quell'auto. D'un tratto mio marito tornò in cucina, con un'aria stanca, stupita. "È incredibile" disse, senza nemmeno accorgersi che stavo piangendo. Rimase un poco in silenzio, sempre stupito. "Al telefono" riprese "era la moglie di un tale che ho difeso di recente. Mi ha detto che il loro figlio stanotte non è tornato a casa, che avevano litigato, non so, e che hanno paura, dalla descrizione della macchina, che sia stato lui ad uccidere quella donna ...". Parlò come in trance, rapito da quella coincidenza, continuando a ripetere "È incredibile", e io potei smettere di piangere senza che si accorgesse di nulla. Non immaginava, lui, del resto, che la morte della Delfa potesse scuotermi in quel modo. Non sapeva nemmeno, a dir la verità, quanto io fossi attaccata a quella donna, non sapeva che ancora la sognavo di notte: era una delle cose, Campagna abbonamenti Non perdete un Lapis 1994 percorsidella riflessionefemminile Condizioni d'abbonamento abbonamento annuo ordinario (4 numeri) lire 40.000 abbonamento annuo sostenitore (4 numeri) lire 60.000 Pagamento e/ e postale 24001 208 intestato a: La Tartaruga Edizioni srl via Filippo Turati 58 20121 Milano Tel. 02-6555036 Fax 02-653007 GIUNTI

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