Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

propria storia si può usare ciò che si conosce della vicenda o della vita, che so, di Cézanne o di Cartier Bresson, perché il controllo è indispensabile. Bisogna assicurarsi che la storia che si è trovata sia autentica, non falsa. Perché è facile inventare storie false. Nello stesso tempo non credo che esistano un'interpretazione vera e un'interpretazione falsa. In uno dei miei libri descrivo le due visite da me fatte alla crocifissione di Griinewald a quindici anni di distanza l'una dall'altra. Il risultato è, inevitabilmente, il racconto di due storie differenti, legate a due momenti diversi e a un mio cambiamento. In un certo senso mi sembra si possa dire che queste interpretazioni sono entrambe valide e non valide. Perché penso che, quando un'opera ha quest'incredibile energia interna, ci si trovi davanti ad un oracolo, evidentemente aperto a molte interpretazioni. Dietro a quanto fai c'è però una metodologia molto densa e precisa, libera quanto si vuole, ma tuttavia identificabile: una metodologia che potrebbe essere insegnata. Sì ... Ma non è quello che vorresti succedesse. Preferisci indicare una strada ... Sì, sono atterrito dall'insegnamento, perché rischierebbe di ridurre tutto a metodo, a formula. Quel che mi rende felice è sapere che ci sono autori che hanno scritto di me con grande attenzione e che, se vogliamo dire così, forse hanno imparato qualcosa dalla mia metodologia. Penso, in particolare, a Michael Ondaatje, che lo ammette. Questo, allo stato delle cose, mi sembra il miglior metodo d'insegnamento possibile. Poi ci sono persone che mi scrivono molto spesso, scrittori che, prima o poi, mi dicono di avere imparato molto sulla scrittura dal mio modo di scrivere. Ma tutto senza che la metodologia venga esattamente definita. Quel che scrivo, prop1io ,., . "' INCONTRI/ BERGER43 perché a suo modo scavalca i confini linguistici, ha avuto influenza un po' in tutti i paesi occidentali. In Spagna, ad esempio, il mio editore ha appena deciso di raccogliere le mie poesie e di pubblicarle in un volume a sé stante. È una cosa che considero straordinaria e che in Inghilterra, ad esempio, non sarebbe mai successa. Sai, pubblicare poesia è una cosa che non mi sentirei mai di chiedere a un editore straniero. Comunque, anche se è curioso, l' Inghilterra, oltre ali' Italia dove i miei libri sono relativamente o del tutto sconosciuti, è il paese europeo dove il mio lavoro di scrittore ha avuto meno influenza. Come ti spieghi reazioni tanto diverse? Non lo so davvero. In ogni caso mi sembra che i libri abbiano una vita misteriosa e tutta loro, un po' come le anguille. Prendiamo un mio testo del 1962, A Corker's Freedom. Negli Stati Uniti, fino a quest'anno, nessuno lo aveva preso in considerazione e adesso, all'improvviso, il mio editore ha deciso che ha caratteristiche da best-seller e sta per pubblicarlo. I libri hanno l'andamento dei fiumi carsici: possono sparire per anni e ricomparire d'un tratto, senza che tu sappia spiegrutene le ragioni. Come scegli i temi dei tuoi libri narrativi? Parto da un soggetto e lascio che mi agisca dentro; lo ascolto fino a che non mi sono convinto della sua necessità. È solo allora che provo a scrivere. So~getto, ascolto, bisogno o necessità: lepossiamo considerare le tre parole chiave della tua scrittura? Sì e quando dico bisogno intendo dire che ci sono cose, aspetti Foto di Bruce Dovidson/ Magnum/ Contrasto.

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