Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

34 il~TO~!E DALMONDO: HAITI-USA Marie-Hélène Laforest # ANNETTEESTIME traduzione di Silvana Carotenuto e Marie-Hélène Laforest Marie-Hélène Laforest è una scrittricehaitiana-americana.Nata a Haiti, è cresciutafraNewYorke PuertoRico. Hapubblicatoi suoiracconti negli Stati Uniti e in Inghilterra. Ha appena completato il suo primo romanzo. Dal 1976 vive e lavora a Napoli. Quando anivarono i soldi Annette accennò un passo di danza in mezzo al cortile, e i bambini le corsero intorno ridendo e saltando. Sarebbe andata a New York. E avrebbe comprato tutte le cose che si compravano aNew York. Niente più kennedi1 , niente vestiti smessi. Scarpe coi tacchi alti e Cutex rosso sulle unghie come le donne nelle case a due piani sulla Gran rue di Gonaives. E non c'erano gabinetti esterni a New York! Tutti quelli che erano partiti scrivevano: "Sol9 . WC, oui, per tutti." ,. "Ti dovrai portare la pentola di ferro. Come cucinerai il riso lassù?" Sua madre gridò da sotto la vite che attorcigliata su perii palo dava ombra e fresco alla casa. Annette smise di danzare e guardò la madre, sbuffando. "Con i bambini, gli scatoloni e i documenti, e tu pensi che posso portare anche la pentola di ferro!" "Come cucinerà il riso per i bambini" mormorò Man Lolò appoggiando entrambe le mani sul fondo della sedia di paglia per alzarsi. Annette abitava dietro la chiesa, l'ultima casa di legno prima delle strade sterrate e delle catapecchie ammucchiate l'una sull'altra e degli steccati che di notte riparavano i maiali che grugnivano tutto il giorno alla ricerca di scorze di mango e bucce di banana. Guardò le gambe della madre muoversi pesantemente verso il fornello a carbone dove cuoceva a fuoco lento il chaka2 per l'ultima cena. Un muro di lattice inchiodato al tronco di un sablier proteggeva il fornello, tre fusti di acqua e una pila di piatti smaltati dalla polvere che il vento di mare portava a volte nel pomeriggio. Man Lolò si chinò sulla pentola. "Il chaka è quasi pronto" puntò il grande cucchiaio di legno appena leccato verso Annette. "Sì" disse Annette attraversando il cortile polveroso che si era riempito dell'odore di mais, fagioli e maiale. "Appena ho i soldi manderò a prendere te e i bambini" aveva detto Toussaint quando se ne era andato. Il giorno era anivato; però doveva lasciare i tre più piccoli con la madre. I soldi non erano bastati a comprare una valigia o una borsa. Aveva mandato Loulouse, la figlia di diciassette anni, a chiedere alla madrina se avesse qualcosa da darle e lei era tornata con una borsa quadrata di cuoio lucido beige e una grande chiusura dorata. Annette ci avrebbe messo le carte e le avrebbe tenute con sé, strette sotto il braccio destro, fino all'atterraggio dell'aereo quando finalmente le avrebbe mostrate alle autorità. Ha già chiesto al conduttore dell'autobus quattro posti per domani perché deve prendere l'aereo. Nel pronunciare la parola "aereo", la sua voce si è abbassata, lo stomaco si è serrato e il cuore ha preso a batterle forte, tanto non le sembrava vero. Sulla soglia di casa, i due bambini più piccoli si erano accucciati, aspettando che lei legasse le scatole per avere lo spago da giocare che gli aveva promesso. Tirò un lungo pezzo di corda e tagliò gli spezzoni. Man Lolò arrivò e si sedette sul gradino dove prima c'erano i bambini, spingendo le foglie che uscivano dal fazzoletto che aveva in testa. Le aveva raccolte Annette dall'arancio selvatico quella mattina per darle a Man Lolò che si era lamentata al risveglio di un tamtam di tamburo alle tempie. Dopo l'ultimo nodo sull'ultima scatola, Annette andò a sedere sulla veranda vicino alla madre. "Bon, sono pronta" disse. "Ahi, ahi, quindi ... te ne vai." Man Lolò posò la mano su quella della figlia e ripeté, dondolando il corpo: "Ahi, ahi, ahi". Annette sapeva quel che c'era nella testa della madre, le parole che non avrebbe detto. Man Lolò pensava che era anche colpa sua. Non aveva desiderato abbastanza che la figlia rimanesse, che i nipotini si affollassero nel suo letto quando arrivava la pioggia con lampi e tuoni, o che bisticciassero su chi doveva ripulire il fondo della pentola di ferro dalla crosta di polenta o di riso. Ma Annette aveva ragione a volere costruire una vita migliore per i bambini, a voler diventare qualcuno. Altra via d'uscita non c'era. Era stata seduta per troppi anni in quella stanza sulla strada, con i suoi grandi barattoli mezzi pieni di caramelle ed il vassoio di douce-lait3 fatto da lei stessa. Man Lolò era felice per la figlia. Eppure, se avesse saputo di questo momento seduta su un gradino con la mano di lei nella sua, senza trovare le parole per parlare, con lo stomaco arrotolato come un serpente, non avrebbe esitato a correre da un hougan4 per trattenerla lì. Anche Annette sedeva silenziosa. Ad occhi chiusi vedeva il cortile: la vite, le galline che beccavano i vermi, l'albero di cachiman contro cui a volte si grattava la schiena, il gabinetto addossato allo steccato. "Niente gabinetti esterni aNew York" aveva detto il vicino Ti- Michel, tornato a visitarli cinque anni dopo. I due bambini più piccoli erano intenti a bucare tappi di bottiglie con una pietra e un chiodo, Toto ne aveva già infilati tre sullo spago. Jojo, il figlio di dodici anni, stava sterminando una colonia di formiche sotto il mandorlo. Annette sapeva che non voleva essere lasciato a casa; ma come avrebbe potuto portare con sé un bambino che non era in grado di lavorare! Nei suoi pensieri c'era il cortile intero da portare con sé. L'autobus partiva alle quattro, prima del canto del gallo, e alle sette si sarebbero trovati all'aereoporto di Port-au-Prince. Non voleva pensare se, in quei sei anni, Toussaint era invecchiato. Adesso che stava per rivederlo, non aveva più paura di ricordare i tratti che amava in lui. Come beveva un gran bicchiere di acqua ghiacciata e gli usciva un lungo "Aah". Come batteva le mani quando una storia lo faceva ridere. Come spuntava dietro di lei nel cortile e le stringeva la vita, cercando a tentoni il suo corpo, quasi che le mani avessero occhi. Ora poteva ricordare tutte queste cose, perché le aveva mandato i soldi per raggiungerlo. Un aeroporto è così diverso da una stazione d'autobus, pensò Annette. Non vide l'aereo prima di aver attraversato i controlli e di essersi incamminata sulla pista, con la testa alta, mano nella mano con Loulouse, Roro e Parice che seguivano. Durante il volo i bambini non dissero una parola. Ridevano e scherzavano, toccando le bustine di zucchero, di sale e pepe, le forchette e i coltelli di plastica; girandosi a guardarla e coprendosi la bocca, se li infilavano di nascosto nelle tasche. Vide il giardino di lucciole sotto di lei eseppecheeraNew York. Quelli che erano partiti avevano raccontato di quelle voci che

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