Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

32 STORIE/ RAJANI questa volta ha torto, che comincia a immaginare l'umiliazione che patirà se si ritira e finisce per uccidersi per salvare la faccia. Comunque, sembrava proprio che Martin si fosse ridotto in quello stato. Avevo fatto ogni sforzo per trattenermi dal ridere - qualche volta la vita ti offre delle cose ben più comiche dell'arte. Voglio dire, mi immaginavo benissimo che momenti d'inferno avesse passato negli ultimi giorni. Così feci del mio meglio per calmarlo, mi capisci, per ridargli fiducia elogiandolo un po'. Fu a quel punto che fece qualcosa che normalmente non avrebbe mai fatto, mi chiese se poteva materialmente raccontarmi la trama della storia, per controllarla, capisci, per accertarsi che fosse veramente buona come pensava. Non avrei dovuto permetterglielo - è mortale parlare di una storia prima di averla buttata giù sulla carta, ma accettai. E quando ebbe finito, feci un'altra cosa che non avrei dovuto fare: mi misi a ridere. Non riuscii a trattenermi. E neanche a smettere. Martin urlò 'Lo sapevo che non avrei dovuto farlo! È terribile, vero? Dillo che non ti piace!'. E poi, praticamente singhiozzando, riattaccò. Feci immediatamente il suo numero, per spiegargli perché avevo reagito in quel modo e tutto il resto ma non rispose. Cercai di trovare il suo indi.rizzo nella lista del gruppo pensando che forse avrei fatto bene ad andare da lui ma proprio in quel momento suonò il telefono. Mi precipitai, pensando fosse Martin. E invece era Alex. E indovina un po': anche lui aveva dei problemi a scrivere - si sentiva troppo insicuro per scrivere come faceva di solito, sai cosa voglio dire, di getto, senza fare prima uno schema della storia. Comunque, aveva tentato di elaborare razionalmente una trama e stava dando i numeri. ,: 'So troppo di questa storia adesso, disse, ha preso troppa forma perché riesca a lasciarmi andare abbastanza per scriverla!' La conclusione era comunque che aveva deciso che né Martin né il gruppo valessero tutta quella scocciatura. Bada bene, non è che stesse facendo delle ammissioni o altro, lui si riteneva ancora uno scrittore migliore di tutti noi messi insieme, specialmente di Martin; no, semplicemente aveva 'trasceso la situazione'. Cercai nuovamente di chiamare Martin, per dargli la notizia. Decisi di mentire, forse di dirgli che Alex aveva ceduto, ma non rispose nessuno. E neanche il giorno dopo. Quella sera non si fece vedere al gruppo ed entro la fine della settimana il suo telefono era stato staccato. Quando infine andai a casa sua era sparito e nessuno sapeva dirmi cosa gli fosse successo. Ero preoccupato che si fosse fatto fuori o cose simili - diventare uno scrittore era tutto per lui, e potevo capire che sarebbe stato capace di fare una fesseria se avesse pensato di non riuscire a farcela." E qui Paul si fermerà e tirerà un respiro profondo e berrà un sorso d'acqua e uscirà lentamente dal suo trance narrativo. Poi assaggerà il suo caffè tiepido e fisserà Alice e stavolta sarà lei a stare con la bocca aperta. La giovane coppia bionda sarà impietrita come una statua, tutta orecchi. Fuori la pioggia verrà giù a catinelle. Paul annuserà l'odore del cibo, si toccherà lo stomaco e controllerà l'ora. Poi guarderà Alice. Lei avrà ancora l'aria sbalordita. "Alice, Alice, dì qualcosa!" E Alice chiuderà la bocca. Deglutirà e scuoterà la testa. Paul dirà: "Come fa quella canzone? Baby, non hai ancora visto niente ...". "Be', senti questo: Perotto anni non vidi Martin e non seppi nulla di lui anche se tenevo sempre le orecchie diritte. Quando pensavo a lui m'immaginavo o che fosse morto o che non volesse essere trovato, nel qual caso non potevo fare altro che lasciare perdere. Voglio dire, che altro avrei potuto fare? Non sapevo neppure dove vivesse la sua famiglia, o se per questo, neanche la tua, e inoltre ero ormai troppo preso dalla mia vita - sposarmi, divorziare e fare pubblicare il mio primo libro - per fare qualcosa. Comunque, una sera di circa due anni fa, durante il viaggio promozionale del mio libro, gli andai a sbattere addosso-letteralmente- proprio come è successo a noi due qua fuori, tranne che mi ci volle di più per riconoscere Martin. Non so come descrivere cosa gli era successo se non dicendo: 'Pensa a un barbone che chiede l'elemosina all'angolo della strada'. Questo era diventato Martin. Mi sbatté contro e quando lo spinsi via gli rovesciai la tazza di latta - sì, aveva persino una tazza di latta! 'Stronzo!' mi urlò dietro. E qualcosa nella sua voce mi fece fermare e voltare. Tornai indietro e lo guardai in faccia. 'Martin?' dissi. E lui mi fissò e poi cominciò a tremare violentemente. Poi annuì tristemente. Ci salutammo e lo convinsi a venire nel mio hotel -non ti nascondo che fece un.bell'effetto nella hall Lo portai in camera mia e lo persuasi a radersi e a lavarsi e per tutto il tempo si comportò come un bambinetto ammutolito, il miglior esempio che avessi mai visto di qualcuno davvero rimasto senza parole. Ordinai un buon caffé nero e dei panini, gli diedi il mio accappatoio e lo feci mangiare e smaltire un po' la sbornia. Poi parlammo. O meglio, fui io a parlare. Gli chiesi come aveva potuto lasciarsi andare fino a quel punto. Per tutta risposta continuò a scuotere la testa con quella sua aria triste. Poi, finalmente, con voce rotta disse: 'Non so, cioè, che posso dire, sai ... '. Poi mi guardò, divenne improvvisamente lucido e disse: 'Cosa avrei potuto fare? .. quando tu ti eri messo .a ridere del mio racconto - il mio racconto più bello, amico mio, cosa avrei potuto fare?'. Adesso era il mio turno di scuotere tristemente la testa." dirà Paul scuotendo il capo. "Poi gli spiegai perché avevo riso, di come inizialmente fosse stato perché la sua situazione era un comico esempio di vita che imita l'arte e poi perché trovavo la sua idea brillante, e pensavo che se anche l'avesse rovinato un po' sarebbe comunque venuto fuori un bel racconto, un racconto di cui Maupassant sarebbe andato fiero, e di quanto fosse stato stupido a preoccuparsi fino a quel punto. Avresti dovuto vedere la sua faccia, Alice. Sembrava uscita direttamente dal finale di La Collana di Maupassant, sai, quando la donna di cui non ricordo il nome incontra quella che le aveva prestato la collana di diamanti che poi lei aveva perso e scopre che si era rovinata la vita per sostituire un'imitazione di strass!" Poi Paul dirà ad Alice di come lui e Martin si erano salutati, con Martin inebetito e lucido allo stesso tempo, come se fosse uscito da un satori, e lui, Paul, sicuro che da quel momento tutto sarebbe andato a posto per Martin, e che si chiedeva se non ci fosse un modo per aiutarlo a riguadagnare gli anni perduti. E mentre finisce la sua storia Paul sentirà improvvisamente uno strano tintinnio e girandosi vedrà le mani in cui Alice tiene il bicchiere di acqua ghiacciata tremare senza controllo. Le chiederà cosa c'è che non va. Dopo qualche secondo Alice dirà che ha appena avuto un incredibile déja vu - che è terrificante - è stato come se, dirà lentamente, come se fosse appena ritornata da un luogo distantissimo, e avesse visto la sua vita esattamente com'era, e si fosse ricordata tutto, chi era e da dove veniva. Paul prenderà fra le sue le mani di Alice strette intorno al bicchiere e lei si calmerà un po'. Poi gli dirà che stenta a credere che l'ultima volta che lo aveva incontrato era esattamente nello stesso stato di adesso a causa esattamente del lo stesso uomo- beveva e si drogava e cose simili. Poi racconterà velocemente a Paul del suo matrimonio, di come avessero trascorso due anni felici in Italia, e anche un po' dopo, quando erano ritornati e lui aveva messo su la sua ditta e aveva cominciato a fare soldi velocemente, e di come lei, Alice, nel

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