Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

28 STORIE/CHAN il pesce, Bill?" Lui annuì. Lei emise un sospiro. "Deve aver pazienza con me, Bill. Devo sapere tutto, vero, Herbie?" "Herb ha detto che ha fatto i blintzes questa mattina, Signora Goldberg." "Le piacciono i blintzes, Bili? Ethel, dai aBill qualche blintzes dal congelatore." "Io adoro i blintzes" disse Bill. Sedette tra Herb e Ethel e fece cenno a Bill. "Mangi." Lei era troppo eccitata per mangiare. "Lei ha quella casa qui accanto con il viale ripido? Deve avere molto sole lassù. Ha un giardino?" Bill faceva sì col capo in mezzo ad una raffica di domande e all'assalto delle chiacchiere. Di tanto in tanto coglieva il sorriso di Ethel. Lei cominciò ad imitare ogni suo movimento. Quando lui incrociò lebraccia, lei incrociò le proprie. La signora Goldberg spiegp che sarebbe andata in aereo a Te! Aviv, poi a Haifa. Sua nipote aveva sposato un ingegnere israeliano. Bill le versò del vino, e lei accettò un secondo bicchiere, poi un terzo. • Chiacchierando descrisse una enorme famiglia e allungava la mano per toccare il figlio. Tenne la mano di lui contro la guancia e con l'altra mano batté le nocche sul tavolo come portafortuna. "Noi abbiamo delle famiglie numerose" disse con grande soddisfazione. Allungò la mano verso Ethel e le diede un colpetto sul braccio. "Lei deve sapere cosa sono le famiglie numerose, Bill. I cinesi hanno sempre famiglie numerose, come gli ebrei. Non so che cosa stiano aspettando Herbie e Ethel. Due bei bambini, ma solo due. Lei viene da una famiglia numerosa, Bill?" "No - disse Bill - ero figlio unico." "L'avevo capito, sa. Non sa come si parla con una vecchia signora. È troppo silenzioso. Qualche volta è una cosa buona, nia • qualche volta una cosa buona è troppo." "Mia madre viene da una famiglia numerosa." "Sì?" disse lei "Quanti?" "Nove." "Nove? Nove è un buon numero. Noi eravamo undici, ma uno morì." "Chi, mamma?" Herb portò il suo piatto nell'acquaio. "Avevo una sorella che è morta di polmonite a quattro anni. Si chiamava Miriam. Avevo solo cinque anni, ma me la ricordo." "Anche mia madre aveva una sorella che è morta giovane" confidò Bill. "Sì?" Lei sorrise raggiante al di sopra degli avanzi del pesce. "Ecco, vede?" Bill pensò che fosse uno strano argomento intorno a cui stringere un'alleanza. Ma era attirato da lei, ostile, eppure aperto, suscettibile come un pavone ma pieno di disponibilità. "Ma non li ho mai sentiti parlare di lei" disse. "Una volta ho visto la sua foto in un album di fotografie che aveva mio zio." "Ma si capisce. Ne avevano nove da accudire, i suoi nonni." "Sì" disse lui. "A questo servono le famiglie" disse lei. "A che cosa?" "Così quando ne perdi uno, ne hai altri." "Non sarebbe lo stesso se non se ne avesse nessuno, se non si cominciasse mai?" "Cominciare che cosa? Tutti hanno una famiglia. Che vuol dire? Si viene da una famiglia, se ne fa un'altra." Bill non sapeva se ridere o no. Era confuso. Forse lei era ubriaca. "Lei, Bill, non è più giovane, ma non è neanche vecchio. Quando sarà vecchio come me, forse vorrà starsene seduto in un posto. Starsene tranquillo, forse. Forse. Quanto a me, non voglio starmene ferma ad aspettare la morte." Ethel li ascoltava parlare davanti ali' acquaio. "Mamma ha un piede nella tomba." "No! Questa è una battuta cattiva. Non sto per morire, non ancora! Sono solo pratica. Chi vuole che gli muoia addosso? Chi vuole entrare nella mia stanza e trovarmi in casa, ma non più a casa. Questo ucciderebbe i miei amici, capisce, non sono ragazzini. Così continuo a muovermi. Forse me ne andrò sull'aereo o in qualche posto da dove si possa mandare il corpo a casa. Mi manderanno in un pacchetto. È più facile. Cadrò senza far morire nessuno dallo spavento. Non so. Forse lei ha ragione. Se non si comincia mai - Come può essere? Tutti hanno famiglia." Si fermò d'improvviso. Mentre finiva il suo vino, cominciò a ridere. "Mi ha fatto chiacchierare e non so neanche che cosa sto dicendo, Bill." Herb si scosse dalla sonnolenza in cui era caduto mentre la madre parlava e si alzò da tavola. "È quasi ora. Prendiamo i bagagli, mamma." Bill si alzò, sorridendo. Si appoggiò al tavolo. Cominciò: "È stato un piacere ubriacarsi insieme". Ma lei gli mise le mani sulla bocca. Si chinò sulla tavola e gli sussurrò all'orecchio "Chi mi vorrebbe," sibilò "chi vuole per casa una vecchia signora dopo un po' di giorni?" "Vieni a vivere con me, mamma" disse piano Bill. Lei si raddrizzò e gli sorrise. "Dovrebbe avere dei bambini, Bill." E prima che lui potesse rispondere, Herb mentì: "Bill è uno scapolo convinto, mamma". "Beh, non proprio convinto" disse Bill. Lei annuì come se capisse. Si drizzò e cominciò a parlare con energia. "Metto il naso negli affari di tutti. Ma sono già bisnonna perciò sono da perdonare. Lei mi scuserà, ma sono sicura che la sua mammadirebbelastessacosa. Deve sposarsi, avere dei figli." Indicò Herb e Ethel con un cenno della mano. "Fate una grande famiglia. Ho finito il mio discorso." Rise e Bill avvertì una lieve sfumatura di disprezzo nella sua risata. Da sopra la spalla Ethel strizzò l'occhio a Bill. "Forse, mamma, a Haifa puoi trovare una ragazza ebrea carina per Bill." "Ci sono dei cinesi a Haifa?" chiese Herb. "Gli ebrei e i cinesi" disse lei, stando in piedi in mezzo alla stanza e spostando continuamente lo sguardo dal figlio a sua moglie "sono uguali". Andò verso la porta e Herb la seguì. "Sa che ci sono degli ebrei in Cina, ci devono essere dei cinesi a Haifa. È lo stesso, anche a Los Angeles." Uscì dalla porta. Si fermarono nel garage insieme mentre Herb metteva le valigie di lei nel bagagliaio e metteva in moto la macchina. La signora Goldberg abbracciò lungamente Ethel, poi si diresse da Bill. "Faccia buon viaggio, signora Goldberg. È stato un piacere conoscerla." "Come è educato." Gli strinse la mano. "Anche per me è stato un piacere conoscerla. Lei è comunque troppo silenzioso." Poi ad alta voce, superando il rumore della macchina, disse: "Ethel, fallo sposare. Si sposi prima del mio ritorno". Lui annuì. "Guida con prudenza, Herbie" gridò Ethel mentre la macchina indietreggiava lentamente fuori dal garage. Agitò la mano quando la familiare girò l'angolo e scomparve. Ethel emise un sospiro di sollievo. Rimasero insieme sul viale del garage. Un profluvio di fucsia pendeva dai cesti di sequoia appesi sulla loro testa. Il ronzio delle api era come un'onda intorno alle loro orecchie. "Grazie, Ethel. E stato un bel pranzo." "Oh, Bill." Lei si stirò e gli sbadigliò deliberatamente in faccia. "Mamma ha ragione, sei così educato." Attraversò la strada, tracciando piccoli passi di danza sul cemento. Poi, mettendo un piede su di un triciclo, si diede la spinta su per il sentiero cosparso di lattine di vernicevuote e cianfrusaglie abbandonate che collegava

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