24 STORIE/CHAN AJjce aveva buttato tutta la sua roba nel lungo e stretto corridoio dentro la stanza della lavanderia. L'aveva ficcata in scatoloru di cartone, aveva riempito delle scatole di libri e vestiti suoi ammucchiandoli alla rinfusa, una catasta traballante che rrunacciava di crollare da un momento ali' altro. Ma il disordine della stanza non era per mente insolito. Il freddo e l'urrudità penetrati pian piano attraverso i muri non riscaldati avevano già curvato lo scaffale di pino non verruciato che lw aveva fatto dopo la rottura del matrimoruo. I solleciti della biblioteca scolastica stavano in mezzo ai disegni di sua figlia che spuntavano sgualciti dalla sua bacheca, con il nome e la data di esecuzione. Erano vecchi quasi di un anno. Strinse lo spinello tra i denti, toccò con un fiammjfero la punta senza aspirare la fiamma; poi si riempì i polmoru di fumo. Si sentiva petulante e pieno di commjserazione verso se stesso. Era tutto chiaro. Sua moglie era un vampiro e ora lo stava osservando da ogru finestra buia della casa vuota. Della salsa di soia le gocciolava lungo le mascelle. Ora che lui stava per rilassarsi, tutto prese a fumare, lei voleva fare l'amore. Paura? Non c'era nulla di cui aver paura. Incucinaqualcunoaveva tolto del pasticciodi pollo dal frigorifero e l'aveva lasciato scongelare sul ripiano. Trascinò una sedia dallo studio e sedette davanti alla porta posteriore ascoltando il pasticcio di pollo sgocciolare nell'acquaio e i rumori dei vicini che si preparavano alla sera. Sentiva ancora gli uccelli svolazzare contro il filare di eucalipti nel boschetto in fondo al viale del garage. La sera s'era fatta fredda e una fitta nube cancellava le ultime luci del cielo. Finì di fumare, poi prese tra le dita il mozzicone e lo inghiottì. Cena. Il sapore di cenere e carta, l'odore di alfaifa che ne emanava gli chiuse la bocca contro un fiotto di saliva che sentiva salire dal fondo della gola. Ma non sapeva dove sputare. Si tolse la camicia, si lavò e bevve dalla pompa del giardino. "Dio del cielo, sono libero" disse. La voce era incerta e rauca. Ritornò in casa e cadde addormentato sul tappeto del soggiorno vuoto. Il sole del mattino era appena spuntato da dietro la cima delle colline, facendo sciogliere la nebbia imprigionata nella cerchia delle sequoie dietro casa. Bill fece la doccia, poi andò sgocciolando fino ali' armadio della biancheria dove scoprì che lei si era portata via tutti gli asciugamaru dalle mensole. Ricordò le sue parole "Tutto, tutto". Si asciugò strofinandosi con una vecchia felpa che sapeva di pasticcio di pollo andato a male trovata in cucina in una busta per la spazzatura. Dando un'occhiata fuori dalla finestra verso gli alberi, si chiese che ora fosse. Lei aveva preso la radio sveglia che era sempre stata sul tavolo di cucina. Del resto anche il tavolo era sparito. Andò nel soggiorno e con un calcio aprì la porta d'ingresso. L'aria calda e fumante cominciò a condensarsi sulle finestre vicine al pavimento e lui disegnò con l'alluce un pupazzetto su un vetro appannato. Udì lo scricchiolio di un passo su per il sentiero. Gli si drizzarono ipeli delle gambe per il freddo e si ricordò di essere nudo. Si avvolse la felpa ancor urruda intorno alla vita. Herb Greenberg portava un thermos in mano e il giornale del mattino piegato sotto il braccio. Le maniche della sua vecchia carrucia da lavoro erano bagnate dall'abbondante rugiada dei cespugli e aveva dita e mani bianche per il freddo. Aveva un transistor nella tasca della carrucia con il ricevitore inserito nell'orecchio cosicché sembrava che portasse un apparecchio per sordi. Salì le scale con passo pesante, sbatté il giornale e il thermos sulla balaustra del portico e tirò fuori dalle tasche posteriori due tazze da caffé. Si guardarono per un attimo prima che Herb se ne uscisse con un ghigno imbarazzato, facendo fremere le punte dei folti baffi spioventi con qualcosa che sembrava pasta dentifricia secca. "Senti - disse - rrua madre ha corrunciato stamattina alle cinque e mezza a preparare i blintzes perché oggi partirà per Haifa in aereo, i giapponesi hanno appena bombardato un aereo israeliano a Roma e io sono andato a portare i bambini acasadegliHauptmanns. Leviamoci di torno e andiamo a pescare". Oltrepassò Bill per dare un'occhiata al soggiorno vuoto. "Caspita - gridò - Alice ha portato via tutto, eh?" "'giorno, Herb." Bill aprì il thermos e riempì le tazze. "Ehi, il caffè ha un buon profumo. Grazie." "Questo, arruco rruo, è autentico Kenya Blue. Vero caffè! Mica quella schifezza di MJB. Ethel ieri è andata in città a prendere mamma ali' aeroporto." Herb uscì sulla veranda e prese la tazza con tutte e due le maru, mandando una nuvola di vapore. "Ha visto Alice e il furgone del trasloco ieri pomeriggio e ha indovinato che non avevi più caffettiera." "Senti, mi son dovuto asciugare con un rotolo di carta igienica!" Bill rise e si fece scorrere la mano nei capelli, strofinandosi la cute urruda. "Ma che ora è? Deve essere presto perché sono ancora intronato. Kenya Blue rru suona come qualcosa che ho fumato ieri sera." Herb alzò una mano facendogli segno di stare zitto. "Maledetti giapponesi 1 "' sussurrò. "Buon Dio del Cielo, hai sentito questa?" Bill si mise un dito nell'orecchio. "No." "Lo stavo seguendo al giornale radio" disse. "Tre terroristi giapponesi hanno aperto il fuoco sui passeggeri in attesa di salire su un jet israeliano a Roma. Mitragliatrici e bombe a mano. Ti rendi conto? E mia madre parte proprio oggi per Israele. Cristo in croce! Che diavolo hanno i giapponesi contro di noi?" Bill era confuso. "Giapponesi travestiti da guerriglieri arabi?" Cercò di non sorridere. "Per far fuori tua madre?" "No, no. Erano giapponesi, vestiti da giapponesi" disse Herb amaramente. Bill non voleva avere niente a che fare con quella conversazione. Se Herb voleva arrabbiarsi per i giapponesi, era affar suo. "Senti, ringrazia Ethel per me. li caffè e tutto quanto. È stata molto premurosa." Herb si tolse il ricevitore dall'orecchio e avvolse il filo nel taschino. "Ringraziala tu stesso. Credo che abbia una gran voglia di trovarti una simpatica ragazza ebrea." "Come, rru stai invitando a casa tua per farrru conoscere tua sorella?" Herb gli agitò un dito davanti al viso. "Mia madre" disse. Bill si sistemò su una sedia da giardino di allurrunio e allungò i piedi sulla balaustra. li caffè aggredì la sbornia e lui socchi use gli occhi alla luce del sole, osservando gli alberi bagnati e il nastro stradale che dal canyon conduceva alla metropoli che stava accanto alla superstrada che portava alla città dove sua moglie, i suoi figli e i cinesi erano estranei lontaru. Aveva i piedi freddi, le dita intorpidite. Spinse indietro la sedia puntellandosi. Herb gli afferrò la spalla nuda e Bill per poco non cadde. "Beh, Wong, ti sto invitando a pranzo, non so se hai capito. Possiamo approfittare della bassa marea delle nove." Afferrò la sedia e la tenne ferma, rrunacciando Bill. "Come faccio a rifiutare?" Herb lo rirruse diritto. "Va bene. Vedi? ti ho di nuovo salvato la vita. Ti dovrei adottare visto che tu ovviamente non sai badare a te stesso." Rise, indicando la casa vuota. "Il programma di oggi stabilisce pesca di scoglio fino a mezzogiorno." "Sicuro che rru vuoi dentro casa con tua madre intorno? Non voglio che si faccia l'idea che forse sono un terrorista travestito." La felpa era scivolata via e lui sperò che Ethel non stesse guardando dal garage. "Nooo. Non sei rruca giapponese" Herb fece un gran sorriso. "Tu sei un cinesino. Ti ho già spiegato tutto quanto una volta. Dai, vai a metterti i pantaloni." Bill si vestì in fretta e insieme attraversarono la collina verso la
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