Linea d'ombra - anno XII - n. 95 - lug./ago. 1994

del 1938, accettò. Tenni varie sessioni in bianco e nero, prima con le sueedit1ici SylviaBeacheAdrienneMonnier,poi a casa sua. Il lancio di Finnegans Wakeera imminente e Joyce non ignorava l'importanza della sua immagine aggiunta al valore fondamentale del libro. Alla fine, la pubblicazione del libro fu posticipata di un anno, il tempo sufficiente perché mi richiedessero queste fotografie che avevo fatto a titolo personale, tra cui la famosa istantanea di Joyce che scendeva dal taxi in rue Odéon. "Time Magazine" era tanto interessato che, non senza inventarmi pretesti incredibili, chiesi a Joyce una nuova seduta fotografica. Accettò. Era così superstizioso, così diffidente che osservava le mie apparecchiature fotografiche con grande inquietudine. Mentre si sedeva sulla poltrona, sbatté con la testa contro una delle mie lampade. Lanciò un gridolino acuto e disse: "Sto sanguinando, le sue maledette foto saranno la mia morte". Tra Nora, sua moglie e io, riuscimmo a bloccare quella piccola emorragia applicandogli sulla fronte il gelido acciaio di un paio di forbici, un vecchio metodo che conoscevo.L'ambiente era diventato così stranito e teso che mi affrettai a scattare le foto e gli assicurai che non l'avrei disturbato mai più. Ma poco dopo, oh casualità!, il taxi che mi portava al laboratorio subì un incidente e il mio apparecchio fotografico andò distrutto. Commosso da tanta sfortuna, Joyce mi invitò a tornare il giorno seguente. Le difficoltà non dovettero essere minori nel caso di Virginia Wooif, a cui pure lei si interessava ... Bi sogna considerare che gli scrittori britannici erano allora molto importanti. Mi recai in Inghilterra per conoscere Virginia Woolf che, è vero, non voleva essere fotografata. Per cercare di convincerla, le proposi di proiettare su di uno schermo alcuni dei ritratti che avevo realizzato.S'interessò tanto agli aspetti tecnici che ne rimase affascinata e acconsentì a posare per me a condizione di vedere prima il risultato. Durante la seduta, Virginia Woolf si mostrò divertita, e si cambiò d'abito più volte. Tuttavia, non le riuscì mai di vedere quelle foto. Correva l'anno 1939 e prima che io le potessi inviare i provini scoppiò la guerra. Abbandonò subito Parigi? Non ero molto sicura a Parigi. Erano iniziate le persecuzioni antisemite. Inoltre, nel 1942 mio marito era evaso da un campo di prigionia, e gli davano la caccia. Ci nascondemmo per qualche tempo, finché potemmo scappare in Argentina, dove ci aspettavano Roger Callois e Victoria Ocampo, una donna di grande personalità che, essendo amica di alcuni ministri francesi, aveva potuto negoziare la nostra uscita dalla Francia. Come molte altre volte, ci trovavamo di nuovo senza un soldo. Se avessi accettato il giochetto di diventare fotografo dei membri dell'alta società argentina, la faccenda si sarebbe sistemata, ma come in altre occasioni scelsi di non avere denaro, essere indipendente e fare dei reportage. Questo significava percorrere da nord a sud e da est a ovest l'immenso territorio argentino. Migliaia di chilometri in cerca dei sottomarini giapponesi nascosti nei canali della Tierra del Fuego. La Patagonia a cavallo. Le miniere di stagno, al Nord, a più di cinquemila metri di altezza, sulle Ande. La maggior parte dei minatori erano boliviani; si sistemavano in misere capanne e masticavano semi di cola per dimenticare la fame. Ma la mia presenza lì li disturbava. Gli ingegneri mi costrinsero ad andarmene, e gli indios, che credevano che la presenza di una donna nella miniera portasse sfortuna, si sentirono sollevati. Nel 1945 tornai a Parigi. Lei fu membro dell'ormai mitica agenzia Magnum di Robert Capa, anche se pare che a qualcuno interessasse cancellare le tracce del suo passaggio ... INCONTRI/ FREUND 21 Robert Capa, insieme ad altri, fondò l'agenzia Magnum nel 1947 allo scopo di controllare la vendita delle proprie fotografie. Funzionava come cooperativa gestita dagli stessi fotografi. Il nome Magnum fa riferimento alla marca di champagne preferita da Capa. Poiché l'idea era più che interessante, pochi mesi dopo, in quello stesso anno, firmai un contratto con loro. Feci parte dell'agenzia per sette anni, ma tanto Capa, che era di origine ungherese e si chiamava in realtà Andrei Friedmann, quanto Chim, di origine polacca, che più tardi avrebbe adottato lo pseudonimo di David Seymour, eliminarono le tracce del mio passaggio. Entrambi erano amici miei da molto tempo, esattamente dagli anni Trenta. Il problema sorse nel 1950, quando s'aprì per me uno dei periodi più difficili della mia carriera. Avevo fatto un reportage su EvitaPer6n che uscì su "Life". Le foto, prese in privato, mostravano la "first lady" argentina tra le sue ricchezze personali. Il ministro argentino dell'informazione le vide prima della pubblicazione, comprese che potevano nuocere all'immagine della moglie di Per6n e mi obbligò a consegnargli i negativi minacciandomi col carcere se non obbedivo. La mia reazione non si fece attendere: presi il primo volo per l'Uruguay portandomi dietro i negativi. Le foto furono pubblicate, come ho detto, su "Life" e provocarono un grave incidente diplomatico tra Washington e Buenos Aires. Quando nel 1954 qualcuno mi ingaggiò per un servizio negli USA, il consolato mi negò il visto. L'FBI , mi aveva inserito nella lista degli "indesiderati". Era il periodo duro del maccartismo. Inoltre, io avevo frequentato in Messico degli artisti che si proclamavano comunisti. Quando misi al corrente Capa e Chim del visto che mi era stato negato, loro che avevano acquisito la cittadinanza americana si misero a tremare. Capa era stato interrogato da poco da uno dei tribunali che valutavano le attività anti-americane, a causa dei suoi trascorsi durante la guerra civile spagnola con i repubblicani ... Entrambi mi costrinsero a lasciare immediatamente l'agenzia Magnum: ero pericolosa, tenendo conto che i clienti più importanti erano nordamericani. Mi restituirono i negativi e cancellarono le mie tracce. Col tempo, le prove del mio passato in agenzia si perdettero, ma conservo ancora il contratto del dicembre 1947. Era una situazione molto ingiusta che ancor oggi mi duole ricordare. Non vidi più né Capa né Chim. Seppi in seguito che Capa cadde in Indocina nel 1954 e che Chim morì a Suez due anni dopo. Forse anche per questo ho preferito tacere per tanto tempo. Il trovarsi nuovamente da sola significava indipendenza o difficoltà economiche? Entrambe le cose, ad ogni modo io non ho mai pensato di guadagnare denaro facilmente. Sono abituata a vivere senza lussi. Il mio capitale sono i negativi che posseggo. A me non interessa che si sappia che questa o quella foto è di Gisèle Freund. Preferisco che la gente riconosca in esse Walter Benjamin nella Biblioteca Nazionale di Parigi, poco prima della sua morte, o Malraux o Breton e che si dimentichi di quella specie di "traduttore" che è il fotografo. Ricordo con nostalgia quelle macchine fotografiche che non andavano oltre 1/8 di secondo e le mie due lampade bianche, ma sono cosciente che la fotografia di oggi non ha niente a che vedere con tutto ciò. Di fatto, non mi interesso più di fotografia, quanto piuttosto di sociologia e di politica, e d'altronde è troppo tardi per iniziare nel mondo del video. A proposito di questo, devo confessarle la mia frustrazione, perché ho sempre desiderato fare del cinema. Volevo essere regista, ma non ho mai avuto i mezzi per farlo. Ora che sono bisnonna, contemplo il mio passato come se si trattasse di uno spesso album di foto, ma sono certa che non ne ho scattata nessuna io. (da "El Urogallo" n. 70 del marzo 1992).

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