12 DALL'ITALIA gli imputati-, le minacce erano rivolte all'interno dell'organizzazione che si profilava scompaginata da una falcidie di defezioni, l'atteggiamento verso le Corti e i poteri pubblici in genere era deferente. Fedele all'antico motto del "calati junco che passa la china", abbassati giunco che passa la piena, vero paradigma dell'etica mafiosa, Riina chinava la testa in pubblico davanti a nemici che apparivano troppo forti e inattaccabili, perché, si pensava, sorretti da un compatto consenso sociale. Non era stato forse il protopentito Buscetta a spiegare che la Mafia era stata capace, tra il '63 e il '68, di "autosospendersi", cessando ogni attività organizzata perché messa in difficoltà da uno dei periodici sussulti aggressivi dello Stato? Ora Riina alza la testa, la tempesta è passata, il giunco è sopravvissuto, una volta di più, apparentemente fragile, in realtà ancora intatto e potente. Il 26 maggio 1994 Totò Riina ha rimesso le cose a posto sul versante interno dell'organizzazione e nei suoi rapporti con lo Stato. Dimostrando di poter dettare proclami con l'autorevolezza del capo carismatico, ha riaffermato una leadership che più voci volevano in crisi. Individuando nominatim i suoi nemici, per la prima volta politici ed istituzionali, intervenendo direttamente sulle polemiche intorno alla legge sui pentiti, ha suggerito la via di una rinnovata compatibilità traMafia e Stato sul modello di quella che ha garantito, peralmeno quarant'anni, la prosperità e la fortuna del!' organizzazione. Ma la vera lezione di modernità non è tanto nella sostanza degli argomenti, quanto nell'uso del mezzo televisivo. Un uso che oggi, a due anni da Capaci, ha tutt'altro senso e ben diverso valore. Riina parla dagli schermi televisivi di un Paese che ha democra.: ticamente eletto sindaco di Taranto Giancarlo Cito, padrone di due televisioni e indicato da più penti ti come aderente a un clan mafioso. Cito ha indicato un metodo, Berlusconi, anche lui eletto democraticamente Presidente del Consiglio, lo ha seguito. Cito ha martellato la gente dallo schermo sino alla notte precedente il ballottaggio, e senza contraddittorio. Berlusconi ha usato i volti rassicuranti dei beniamini del pubblico per far propaganda al suo movimento. Entrambi hanno sistematicamente violato il principio di pari opportunità nell'accesso che dovrebbe presiedere alla gestione di qualunque mezzo di comunicazione di massa. Avrebbero vinto senza la TV? Manca la controprova, resta il dato di fatto: la TV ha vinto. Riina è un leader moderno: si mostra in grado di sfruttare il potere del mezzo televisivo mentre tutto il mondo occidentale scopre, grazie all'Italia, che il mezzo televisivo può essere direttamente e senza mediazione Potere: politico, economico, morale, culturale. Riina in TV "funziona", "buca il video", "fa audience", e, quel che più conta, le sue parole acquistano una sinistra autorevolezza. Le nobili espressioni di condanna, le esecrazioni di facciata (scarsine, per la verità, e tutte incentrate sulle colpe dei giudici che non hanno impedito l'intervista) soffrono del non modesto svantaggio di cadere "dopo" l'evento. L'evento è il proclama, il resto sono smentite indignate, ma pur sempre smentite. Non c'è risarcimento alla telecalunnia. Forse a Riina sarà impedito di parlare ancora in prima persona, ma la Mafia non ha certo un solo portavoce, e il capo ha indicato la strada. Non mancheranno certo altre trasmissioni in cui verrà operato il confronto tra le minacce dei boss e le immagini struggenti di Capaci. Ma il senso della percezione non potrà più essere lo stesso. Davanti alle macerie di una bomba di Mafia, d'ora in avanti, proveremo più paura che indignazione, più sgomento che senso di ribellione. Se la strada indicata dal capo è quella di una nuova compatibilità, ecco che i nemici del capo sono i nemici della compatibilità traMafia e Stato. E le macerie non saranno più la prova del potere devastan~edel Male, ma la remunerazione di oppositori testardi ed isolati. CRONACADELLAPRIMAGUERRA ITALO-CROATA MimmoLombez.z,i "Non è facile parlare di come è cominciata la guerra. Noi giornalisti siamo stati tutti dei complici e abbiamo taciuto quando bisognava parlare ..." Ivan è un un uomo dall'aria dimessa che ci offre un caffè in una casa di campagna dell'entroterra di Capodistria. Cittadino italiano di origine slovena, prima della guerra lavorava alla TV, o meglio al Ministero per l'Informazione e la Cultura, il nuovo gigantesco apparato a capitale misto pubblico e privato, nato dopo le elezioni del '94. Ora Ivan vive da rifugiato come migliaia di connazionali. "Tutto quello che è successo dopo", racconta, "era prevedibile e forse avremmo potuto tentare di fermarlo, specialmente noi che avevamo visto e raccontato quello che era successo in Bosnia. Ma io avevo unace1taetà, un certo credito e una famiglia. Quando iniziò la campagna che fece vincere la destra mi ero opposto al modo in cui erano stati usati la TV e i telegiornali, ma dopo, quando esplose il dibattito sui confini e mi chiesero di fare quei programmi, non ebbi la forza di rifiutare. Non avevo scelta. Non avrei mai immaginato che sarebbero state queste le conseguenze." Gli chiediamo: "Com'è possibile che laTV sia stata la miccia?". "Il passato è più forte del presente in Friuli e questo perché Trieste non ha futuro. È una città bloccata dal tempo dell'impero austroungarico. Prima della guerra si sperava nei mercati dell'Est, ma poi si è visto che l'unico mercato che funzionasse a pieno regime era quello delle armi nell'ex Jugoslavia. Per il resto nessuna prospettiva. Solo ricordi gloriosi e decadenza. Per questo il passato pesava come una prigione su Trieste. Una prigione che però dava un senso alla sua identità di frontiera. Quello che è successo in Croazia e in Bosnia non aveva insegnato nulla. La storia qui non è mai morta. Per questo non funziona come 'maestra', ma come un vampiro che spinge a ripetere gli stessi errori. Promettere l'Istria e la Dalmazia da parte di Forza Italia fu all'inizio soprattutto una leggerezza elettorale. L"insopportabile leggerezza del video' che prometteva meno tasse e milioni di posti di lavoro ... Il partito della TV non immaginava quale vulcano di ricordi, di odi e di voglia di rivincita si celasse nel fondo delle fobie, che le varie 'unioni italiane' continuavano a venerare. All'ingiustizia dell'espulsione degli italiani nel dopoguerra (350.000) si era aggiunta la beffa dei beni perduti e degli indennizzi mai riscossi, ma quelle che nei vecchi scampati alla pulizia etnica jugoslava erano solo tristi memorie nei giovani senza futuro della città divennero un mito, una bandiera per cui battersi. E anche un pretesto per aggredire gli autobus di innocui slavi che
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