DALL'ITALIA:LA REALTÀROMANZESCA 11 TELEMAFIAP, ARLARIINA GiancarloDe Cataldo Totò Riina parla dagli schermi delle principali reti televisive e accusa: un complotto comunista mi criminalizza, i suoi capi sono Caselli, Violante e Arlacchi, i suoi strumenti i pentiti. Corre l'Anno Domini 1994, è il 26 del mese di maggio. Siamo a due anni e tre giorni dalla strage di Capaci. Se avesse potuto, Riina avrebbe parlato in esatta coincidenza con l'anniversario: in quanto detenuto soggetto a massima sicurezza, ha sfruttato comunque la prima occasione utile. Nessun caso, dietro questa contiguità di date, ma un preciso segno. Abbiamo creduto in molti che mai più nulla sarebbe stato uguale a prima, dopo Capaci. Le immagini della strage hanno accompagnato gli ultimi due anni della nostra vita. Immagini trasmesse e ritrasmesse in continuazione da tutte le televisioni: quelle ossessive, ripetute inquadrature di macerie, quella voragine al centro di una moderna autostrada, quell'agitarsi incupito di investigatori in grigio tra calcinacci e pneumatici scoppiati, quella scenografia da paesaggio dopo la battaglia hanno rappresentato per milioni di persone il segno inequivocabile del vero volto della mafia. Nei mesi successivi, la cattura di Riina: e alle immancabili immagini di Capaci abbiamo visto alternarsi i filmati di repertorio di Falcone e l'aria dimessa del boss dei boss. Abbiamo messo a confronto le due figure; quella dell'eroe e quella del suo presunto killer, e ci siamo chiesti;ma è davvero questo tracagnotto sessantenne dal volto antico di contadino il Numero Uno della più grande holding criminale dell'evo moderno? Se questi sono i nemici della legalità e del progresso, non è dunque possibile individuarli, catturarli, sconfiggerli? Non siamo alla vigilia del trionfo delle idee di Falcone, la Mafia come fenomeno storicamente determinato e non luogo metafisico dello spirito delle genti del Sud, la Mafia dunque eliminabile dalla Storia? Proprio negli ultimi due anni della sua non commendevole esistenza, la Prima Repubblica ha datò la migliore prova di sé sul terreno della lotta alla Mafia. Sono stati due anni indimenticabili, scanditi da immagini indimenticabili.S'è vissuta una breve stagione in cui storia, memoria, informazione e legge si sono felicemente sposate per consentire allo Stato un estremo sussulto di dignità. Non è esatto che in tutto questo tempo a Totò Riina e a quelli come lui è stato tolto il diritto di parola. Non è la possibilità che un boss lanci proclami il vero scandalo. Prima della concione del 26 maggio 1994, Riina aveva parlato tante altre volte in TV. Era stato interrogato in tanti altri processi, si era difeso, aveva polemizzato aspramente con i pentiti che lo accusavano, aveva lanciato minacce. Tutta questa attività del capo di "Cosa Nostra" èra stata fedelmente documentata da decine di filmati, regolarmente trasmessi dalle reti televisive. Ciò che aveva reso innocue, e perciò perdenti, le apparizioni di Riina, era il contesto, di immagini e sociale, nel quale le sue dichiarazioni si inserivano. Riina usciva soccombente dal confronto, ossessivamenteriproposto,:::on le vittime della Mafia, perché inequivocabiln\ente presentato come l'esponente del Male contrapposto ai rappresentanti del Bene. Il Male era individuato, circoscritto, il Bene diffuso, percepito come valore comune, esaltato, enfatizzato. Il boss, dal suo canto, se la prendeva con i pentiti - e questo è diritto di tutti Donne dell'Associozione antimafia. Foto di letizia Battaglia. Qul Il '30 APHII f 1982 \fM\A'<O U,\Rl:i:\R-\MINfL 1\SS:\SSlN.\fl Dt\l lf°RROfHS'IOPOL!TIC( tlAFl050 Dtf COMUNI\TI _,. PIO LA TORRE E ROSARIO DI SAI VO ~ DUPI LA LORO ME'\ORIA ic I rnrno DC! /'I.SFATTO •. \ , 1 nrc;u ONU 11 ..,_ ON\'I\FNlA P+ L >tù l\lrlRr' f· \( f • '>f I ! A ! ll'.i!..l'TA
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