Jaroslaw lwaszkiewicz LACACCIAALGALLOCEDRONE traduzionedi PaoloGesumunno La battuta di caccia descritta da Alo a Edgard fu tra gli eventi memorabili della cronaca venatoria del tempo. Vi presero parte, oltre ad Alo, il vecchio Hube; Homorowski, direttore di una delle maggiori fabbriche di Varsavia; il colonnello Stanislaw Czyz, comandante del 24° Reggimento Ulani e altri due cacciatori di minor conto. La battuta si svolse nelle tenute usuali dell'Associazione Polacca della Caccia che aveva in affitto vasti appezzamenti (bosco e conche acquitrinose) nei dintorni di Iwacewicze. C'era un piccolo ritrovo, dove i cacciatori pernottavano e gli aiutanti, arrivati insieme a loro, preparavano quelle pietanze tipiche dei cacciatori, semplici e nello stesso tempo ricercate. Gli albori primaverili avevano sgelato le acque e la melma, ma il suolo non era sghiacciato in profondità. Ma a sera, quando i cacciatori ebbero raggiunto il ritrovo su traballanti carretti, per sentieri fangosi noti solo ai conducenti, Alo fu avvinto dall'aroma bagnato della terra, della primavera. Uscì un momento dall'isba, dove c'era un caldo soffocante e chiasso; dove si accendevano sigari dopo il pasto serale; dove si dava un'altra pulita ai fucili, più per bellezza che per necessità; dove si raccontavano gli ultimi pettegolezzi, le ultime barzellette. Si ritrovò di fronte alla casa. Fece qualche passo nell'ombra cerulea di quella sera assolutamente primaverile e udì, su in alto, il richiamo di uccelli in volo. Non era un naturalista esperto e ignorava che tipo di uccelli lo stessero sorvolando. Ne udiva il lungo richiamo, carico di primaverile malinconia. L'odore della terra gli provocò un capogiro, come un deliquio. Sollevò le braccia quasi fossero ali, quasi potessero farlo librare insieme ad altri uccelli, in volo lassù. Ma le braccia ricaddero giù. Avrebbe rammentato bene quel momento, lo avrebbe rammentato per tutta la vita. Non come una delusione o un dispiacere, ma qualcosa di infinitamente bello; quell'alzar di braccia in primavera divenne per lui quasi un simbolo. Spesso - ma solo nella sua immaginazione - avrebbe sollevato le braccia in mezzo alla gente, quando non poteva farlo materialmente. E gli sarebbe tornato alla memoria quel ritrovo nei pressi di lwacewicze. E l'aroma incredibile - bagnato, infracidito, ma giovane insieme - di terra e di aghi di pino che allora l'aveva così inebriato. Era una battuta al gallo cedrone. C'era da levarsi prima dell'alba. Il guardacaccia avrebbe accompagnato i cacciatori agli appostamenti per il passaggio dei cedroni. Quando i signori uscirono prima dell'alba (alcuni seguiti dagli aiutanti con i fucili di ricambio), Alo fu avvinto da nient'altro che dal freddo di una notte di primavera ai suoi inizi. Non c'era stata una gelata, ma l'aroma di terra e acqua che tanto l'aveva toccato la sera, pareva spento o attutito. Sprofondato al suolo. Dopo che l'aiutante l'ebbe piazzato accanto a una pianta, Alo scorse tra i POLONIA/ IWASZKIEWICZ 61 ramj ancora spogli degli alberi, sopra ai contorni drammatici di una quercia senza foglie, una grande stella. Non sapeva se fosse un pianeta, oppure una delle stelle di Orione, a starsene sospesa nel cielo limpido, azzurrino dell'aurora. Ma il luccichio vitreo di quella luce sospesa Io toccò particolarmente. Le emozioni primaverili di Alo si attaccavano a tutto e tutto gli sembrava inconsueto e patetico: il cielo, gli odori, il grido degli uccelli, le stelle. Dinanzi a lui c'era il sig. Stanislaw Hube. Ne vedeva, qualche passo più in là, la sagoma elegante e molto ben vestita. Già la corporatura del grande cacciatore suscitava ammirazione. Tanto esemplare era la sua posa, tanto bene teneva il suo celebre fucile inglese. Come imbracciava l'arma non appena si udiva il fruscio del volatile in avvicinamento. Un grosso cedrone planò, posandosi vicino ai due cacciatori. Ma non tanto da rendere inutile l'accostamento. L'accostamento è la parte più stimolante di questo genere di caccia. Pochi passi che il cacciatore può fare soltanto quando l'uccello emette il suo canto. Se tarda solo di un passo, se parte quando il volatile ha smesso il suo "canto", la questione è chiusa. Il cedrone è sordo soltanto mentre canta. Quando il suo canto - che è, piuttosto, un brontolio sordo, uno schioccare - cessa, il cedrone riacquista la facoltà dell'udito. Quando gli giunge il rumore dei passi del cacciatore, spicca il volo dal suo ramo e fugge via. Il cacciatore goffo, incauto o inesperto non riuscirà mai a cacciare il gallo cedrone. I cedroni fan da trofeo non solo alla mira, ma alla destrezza, ali' autocontrollo, ali' istinto. Posandosi su quel ramo piuttosto basso, a metà strada fra loro, il grosso uccello coprì ad Alo la visuale dell'astro trasparente. Ora vedeva, sullo sfondo di un cielo sempre più illuminato, la sagoma del gallo cedrone. E subito ebbe inizio l'amoroso concerto. L'uccello spiegò le ali, tese il collo e varieggiò il suo "tek tek". Una strofa del suo canto dura poco. Alo fece delle considerazioni. Non voleva muoversi. Appoggiato ben bene ad un vecchio olmo, cercava di aderire al fusto e tradiva una chiara riluttanza ad abbandonare il proprio appostamento. E, poi, era un cacciatore alle prime armi e temeva di sfigurare. Era appena la seconda volta nella vita che gli capitava di dover tirare al cedrone. Dinanzi a lui il grande cacciatore Stanislaw Hube. "Spari lui" pensò Alo, "magari io spavento l'uccello e lui se la prenderà con me. Il cedrone è suo. Sarà una consolazione ..." L'ultimo "sarà una consolazione" si riferiva al cattivo umore del signor Stanislaw, notato da tutti. Homorowski, lontano parente, aveva pizzicato l'anziano imprenditore. "Non preoccuparti", aveva esclamato con poco tatto, "tanto 'Splonka' sarà di 'Zloty' e la ragazza di Walery. Tutto sarà a posto". E, rivolto agli altri cacciatori, aveva spiegato: "Stanislaw è preoccupato perché la sua ragazza l'ha tradito. Eh sì, la vecchiaia è una brutta cosa. I giovani possono fare di più ...". Ma Hube non era stato ad ascoltarlo. Nel ricovero si era comportato diversamente dal solito, aveva sgridato l'incolpevole aiutante e guardato con particolare avversione Alo, i suoi magnifici stivali inglesi e la sua inconsueta doppietta. L'aveva presa in mano e osservata in silenzio; l'aveva aperta per guardare dentro le canne. "Ancora nuova?" aveva domandato, ma Alo non aveva risposto (il fucile era stato provato a dovere). Quindi gliel'aveva riconsegnata. "Un'arma così", aveva detto, "l'ho avuta solo dopo i trenta".
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