56 POLONIA/ BIELAS Katarzyna Bielas ILLUOGODELL'INCHIESTA traduzionedi Ùlura e OlekMincer Il documentario Luogo di nascita di Pawel Lozinski fa incetta di premi nei festival esteri. Henryk Grynberg, protagonista del film, è appena arrivato dall'America per condurre un corso all'Università di Varsavia. A giorni sarà in libreria Eredità "l'ultimo libro di Grynberg, che senza questo film non sarebbe mai stato scritto." "Tutti e due i fratelli ... Me lo raccontò mio padre ..." "Che cosa?" "Disse che questi due ..." "Come si chiamavano?" "Wojtynski Jan e Wojtynski Stanislaw. Jan è ancora vivo, Stanislaw è morto. E Abram stava là, proprio là, in quella fossa." "È in quella fossa che l'hanno ucciso? È là che l'hanno trovato?" "Sì. Andava a prendere il latte (...). L'hanno ucciso dr'notte, l'hanno spogliato, è rimasto là per una settimana, nudo (...). Ma adesso me ne devo andare, diavolo, c'è gente che mi staguardando ..." È una conversazione che non possiamo sentire né vedere nella versione televisiva del documentario Luogo di nascita di Pawel Lozinski (1992). Nel momento in cui l'interlocutore si guarda intorno spaventato e rivela a Grynberg il nome degli assassini di suo padre, Abram, è proiettato un riquadro con una laconica informazione riguardante il contenuto del discorso. " L'incolumità di chi parla è ilmotivo per cui il frammento filmato viene sostituito dalla scritta." Nel corso del film Grynberg viene a sapere chi ha ucciso suo padre. Parla con il complice del delitto. Scopre il luogo dove, nel marzo 1994, il padre venne sepolto. Il film termina con la scena dell'esumazione. Chissà quanti di questi fatti sarebbero venuti alla luce se il giovane regista non avesse girato questo documentario di 47 minuti." "Grazie all'équipe del film non mi sentivo solo. Mi ha dato un appoggio tecnico e psicologico. Sono venuto a conoscenza di tante cose che volevo sapere, e di tante che avrei preferito ignorare" dice Grynberg. Il suo nuovo romanzo Eredità (Edizioni Aneks) raccoglie i dialoghi fra l'autore e i contadini tenutisi durante le riprese del film, e svela tanti di questi fatti. Veniamo a conoscere il destino degli altri familiari di Grynberg, la sorte degli ebrei e dei contadini polacchi del villaggio di Dobre, in Mazovia. La raccolta finisce con un monologo dell'autore, in cui si trovano queste parole: "Non sono capace di perdonare. Non lo voglio. Non me ne sento autorizzato. (...) Credo che sia giusto condannare. Per sempre, e senza prescrizione". Cerco un protagonista Al regista Pawel Lozinski (classe 1965) venne l'idea di girare un film su un ebreo che dopo tanti anni fa ritorno ai luoghi natali, dove lo ha colpito la tragedia, e il cui destino è legato a quello dei polacchi. L'idea c'era, era il protagonista che mancava. Si rivolse alle comunità ebraiche in Israele e negli Stati Uniti, chiedendo di allacciare i contatti con qualcuno disposto a recarsi in Polonia e a farsi accompagnare da una cinepresa. Ma arrivarono solo risposte negative: da noi nessuno ne ha voglia, da noi sono tutti troppo vecchi ... manca un candidato. Decise quindi di rivolgersi a Henryk Grynberg, nato nel 1936. Grynberg, che si autodefinisce scrittore polacco-ebreo-americano, emigrato nel 1967, e che nei suoi vari libri si dedica alla costruzione di un'epopea ebraico-polacca, descrive il passato, e di se stesso dice di essere diventato uno scrittore dei morti perché "ai vivi gli scrittori non mancavano". Lozinski conosceva i suoi libri, alla scuola di cinema aveva realizzato uno studio basato su La guerra degli ebrei (In italiano pubblicato dae/o nel 1992, N.d.T.), Il viaggio, realizzato nel 1990 e premiato ad Edimburgo. A Parigi lo mostrò a Grynberg per convincerlo, ma lo scrittore rifiutò. Scrittore anonimo "Io non posso essere solo un ebreo che torna alla città natale, sono anche uno scrittore" rammenta Grynberg. A Lozinski però non importava il destino dello scrittore, ma quello di un ebreo qualsiasi, di un essere umano anonimo. "Forse lei conosce qualcuno che sarebbe disposto a partecipare?" chiese a Grynberg dopo qualche tempo." "Sì, conosco uno. Si chiama Henryk Grynberg" rispose, perché aveva pensato di non essere solo uno scrittore, ma anche quell'ebreo anonimo che torna nel paese natale. E rispetto all'anonimato non sbagliava molto. Al paese il suo nome era ricordato solo da un tale che aveva acquistato un quarto di una casa dal nonno di Grynberg. Lo aveva scritto sui documenti. Un mese in campagna Un film documentario non è una cronaca televisiva, girata a caldo e proiettata il giorno seguente. I preparativi fatti nell'inverno del 1992, a Dobre, a Radoszyn, a Piwki, a Nowa Rynia, a Nowa Wies, a Jad6w, a Gleboczyce, ad Antonin, durarono più di un mese, le riprese undici giorni. Lozinski passava da una casa all'altra, parlava con decine di persone, faceva domande, e prima dell'arrivo di Grynberg ne sapeva più di lui. "Sono capitato in un mondo in cui il tempo è fermo. La gente ricordava storie di prima della guerra e del tempo di guerra come fossero accadute ieri" dice Lozinski. Ricordare però non significa non mentire. Oppure non avere paura. Parlare, tacere, raggirare Nel film si vede un uomo che non vuole far entrare in casa la troupe del film. Nel corso del lavoro di documentazione aveva raccontato di aver nascosto i genitori di Grynberg. Adesso non vuole parlare di niente, indica soltanto la porta, presa a colpi · d'accetta. "Sono venuti, hanno minacciato di rompermi il cu ..." grida. "Quell'uomo è morto "dico a Grynberg al ritorno dal paese di Dobre." "Di morte naturale o ucciso?" salta in piedi Grynberg. "Di morte naturale." "Ne è sicura? Non voleva parlare, non ha detto chi era l'assassino. Forse qualcuno lo sospettava ..." "I suoi vicini di casa a Gleboczyca dicono: era un ubriacone,
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==