Linea d'ombra - anno XII - n. 94 - giugno 1994

Krzysztof Piesiewicz ILCINEMAEILDECALOGO INCONTROCONANNAOSMÒLSKA-METRAK Se oggi qualcuno Le chiedesse che professione fa, cosa risponderebbe? Quale attività Le sembra più importante adesso e quale in passato? Mi è stato domandato spesso quale esperienza ha avuto maggiore influsso sulla mia attività creativa. Rispondo allora che veramente non lo so, se la casa, se mia madre così come era o come non era, se i primi incontri con le ragazze, se il liceo che frequentavo, se il posto dove sono cresciuto- perché sono cresciuto nei dintorni di Varsavia -, se i miei rapporti con il padre, se gli studi giuridici, se le letture, se infine la mia pratica di avvocato che era molto specifica perché mi occupavo dei diritti individuali in senso ampio. In genere ero difensore ma esercitavo anche le funzioni di avvocato legate alla tutela dei beni personali, e così stavo sempre molto vicino ai problemi umani. Se Lei mi chiede quali sono stati i più importanti avvenimenti o funzioni che eseguivo prima dell'89, rispondo decisamente che è stata l'avvocatura la base della formazione della mia vita adulta. È stata un'esperienza molto seria perché la sorte o la coincidenza hanno permesso che fin dall'inizio, da uomo molto giovane di 26-27 anni, potessi partecipare a processi penali importanti. Inizialmente erano le cosiddette difese d'ufficio, ma più tardi, nell'80, sono entrato nell'area che chiamerei di frontiera tra l'avvocatura e la contestazione giuridico-legale del sistema. Praticamente dall'81 ho difeso solo nei processi politici, rappresentavo interessi delle persone internate, fino al momento più importante della mia vita, quando sono stato l'avvocato di parte civile nel processo per il rapimento e l'uccisione del prete Jerzy Popieluszko. Non fu solo una causa singola, anche se grande, importante. Per me è stato qualcosa di più e Io è sempre. Penso che essa costituisca una chiave per sistematizzare certi problemi legati ai meccanismi del sistema che esisteva in Polonia fino all'89. Riassumendo, prima dell' 89 la cosa più importante per me è stata l'avvocatura. Oggi invece la situazione è più complicata, per motivi non solo intellettuali e professionali, ma anche organizzativi, e - aggiungo una cosa molto personale-per ragioni mentali. Comincio a vedere il mondo come una specie di fotogramma, un po' a macchie, perché lavoro tanto e intensamente. Tra l'altro partecipo a tutto il processo di produzione del film, e cioè al montaggio, ai cambiamenti di versioni, alle consultazioni per il casting. Lavoro con Kieslowski, che è il principale organizzatore, animatore di tutta la faccenda e l'uomo che risponde artisticamente dell'insieme, e con i tre operatori Slawomir ldziak, Piotr Sobocinski, Edward Klosinski. Tutti partecipiamo all'intero processo creativo. Fin dall'inizio, già mentre seriviamo la sceneggiatura, sappiamo più o meno quale sarà l'attore. Deve essere un attore che io chiamerei "della nostra parrocchia", e cioè uno che si può dedicare a tutto il processo creativo. Un ruolo importantissimo viene svolto da Zbyszek Preisner, che nei nostri film ha creato qualcosa di molto stabile e al tempo stesso nuovo. Ancora non è molto noto ma sospetto che fra poco la gente che si POLONIA/ PIESIEWICZ 49 occupa di cinema si accorgerà che noi, fin dall'inizio, cerchiamo di scrivere la sceneggiatura in modo che la musica non sia solo elemento illustrativo ma svolga anche una funzione drammaturgica e sia una parte organica dell'insieme. Ma tornando alla sua domanda, in questo momento non saprei dire che cosa è più importante; so che il cinema è diventato per me una grande avventura intellettuale e al tempo stesso mi dà una possibilità di esprimere ciò che sta dentro di me: quali domande voglio porre, quelle acui vorrei cercare di rispondere, quale linguaggio voglio adoperare, su quali argomenti comunicare. Ho sempre parlato molto, nell'avvocatura ecc.; oggi la situazione è diversa, mi posso permettere di lavorare nel silenzio di una stanza, poi dire qualcosa durante il montaggio, chiudere tutto e aspettare la reazione. Allo stesso tempo, grazie al talento di Kieslowski e a un lavoro molto intenso, esiste la possibilità di influire molto e rapidamente, di avere una conversazione con un pubblico numeroso. Come vede, in questo momento mi è difficile rispondere. So che a maggio, quando ci sarà la prima del film Rosso e quando chiuderò una certa tappa della mia attività creativa, farò un grande sforzo per tornare al lavoro di avvocato. Forse non sarà intenso come prima, ma in ogni caso cercherò di tornarci perché ne ho bisogno per scendere a terra, per toccare la realtà, avere un contatto con la gente. Io non accetto o non approvo, non capisco e trovo sbagliato che la creatività nasca soltanto da elementi speculativi. Ritengo che nella situazione in cui si.crea qualche simbolo, allegoria, metafora, debbano essere costruiti partendo dalla realtà, da un uomo concreto, da una situazione concreta che deve essere verosimile psicologicamente, e solo allora si possont) fare delle generalizzazioni. Credo - e lo dico tra virgolette e lapidariamente-che la creazione non possa basarsi "sul caffè", ma debba partire da qualche energia della vita, dalle esperienze molto concrete. Come sceneggiatore Lei attinge molto dalla sua esperienza di avvocato, che in qualche misura è presente in tutti i.film. Negli anni precedenti Kieslowski (anche con Lei) ha fatto dei film politici. .. Sì, però a un certo momento c'è stata una chiusura, un limite molto netto. Da qui lamia domanda. Le sembra possibile oggi ispirarsi anche alle esperienze politiche? Secondo Lei nelperiodo della "democrazia reale" c'è bisogno del cinema politico e che ruolo dovrebbe svolgere? È un fenomeno molto curioso. Ieri sera ho partecipato a una discussione alla radio con 3 o 4 critici polacchi che insistevano tutto il tempo su questo problema dicendo di avere nostalgia del film politico, del cosiddetto film sociale che risponderebbe a certe domande, che valuterebbe certi fenomeni politici. Io sono un convinto oppositore di questo genere di cinema. Credo che esso sia finito, sia chiuso, non esista più. No, io voglio parlare della gente, di situazioni politiche ma in modo che la politica faccia da sfondo che influenza gli uomini, voglio parlare della gente che soffre, si rallegra, di cosa le fa male, se si ritrova in qualche comunità o no, se vede quello che le succede attorno. Io del resto credo che il pubblico dei nostri film - che io chiamo la comunità che se ne sta in dispartesia gente che ha sempre meno influenza nel corso degli avvenimenti, che cercaqualchecalore, contatto, si guarda attorno, si sente impotente. Penso che non sia un fenomeno tipicamente polacco ma che abbia una portata più vasta. Poco tempo fa sono stato a Copenaghen per la promozione del film Bianco e ho scoperto delle cose assolutamente straordinarie. Parlando con i giornalisti e col pubblico ho visto che il tipo di "scrittura" creato da Kieslowski nei suoi film viene letto sempre meglio e che si è creato già un gruppo di molti milioni di

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