esistere o di sopravvivere: la consapevole solitudine e isolamento, il rinchiudersi in una setta o ambiente artistico come un tempo era la bohème, oppure un'attività parapolitica come l'opinionismo giornalistico e la pubblicistica quotidiana. Patrono della prima via è stato ed è in Polonia il grande filosofo e critico Henryk Elzenberg 1 • Egli conferì alla solitudine non solo una dimensione sociale (libertà dalle mode, dai caffè letterari, dal fervore dello scrittore), ma anche spirituale. È stato scritto che nel profondo di noi stessi siamo assolutamente soli e raggiungendo noi stessi (lontano dal frastuono dei politici e della pressione sociale) ci rendiamo conto che esiste veramente solo lamia anima e il cosmo, ogni cerchio intermedioscompare. Restare in solitudine è restare presso ciò che unicamente è reale e vero: il mondo da solo non ha senso ed è nemico di ogni senso; ma si può invece plasmare se stessi e in particolare la propria trama interiore per contrapporlo come qualcosa che sarà sempre ragionevole e conserverà sempre il proprio valore. Tra ciò che è sociale e ciò che è approfondito nell'interiorità, ha detto Elzenberg, si svolge una lotta inesorabile e l'unica possibilità di salvarsi è la consapevole, conseguente, ostinata solitudine. Certamente vi è una strada più difficile. I giovani scrittori in particolare cercano la comunità, l'ambiente. Creano o si immettono in una propria subcultura dove, consapevoli della propria particolarità, accentueranno tutto ciò che li differenzia dai colleghi più anziani e da tutta la massa sociale. Scelgono una battaglia che assume la forma dello scherzo, della beffa, dello smascheramento di ogni diversa forma di tabù, di manifesti audaci. Talvolta appartengono a questa tendenza scrittori che hanno una maniera di scrivere particolare. I giovani scrittori vogliono in questo modo moltiplicare la loro singola voce con una voce comune, rischiando perfino di non essere notati com~ singole individualità ma solo come POLONIA/ SPIEWAK 43 gruppo, quasi un partito col proprio programma, con direttive e l'indispensabile "organo" di stampa (è il caso, ad esempio, di "brulion" 2 ). Il rumore che faranno attorno a sée il senso della propria missione e isolamento daranno loro forza. La presenza di tribù nella letteratura o nella cultura permette di ripararsi dal silenzio e dati' indifferenza; edi creare una microsocietàcon una propria gerarchia, i propri guru e i propri outsiders. Vi è infine una terza strategia di presenza: scrivere per i grandi media. Così si può mantenere il passo con gli avvenimenti, adulare i politici, rinfacciare i difetti nazionali, incitare e deridere. Questo gioco attira. Di solito, tuttavia, risulta che la pratica del I' articolistica e della pubblicistica d'attualità indebolisce qualcosa nell'attività letteraria. Nel febbrile desiderio di presenza si perde la dimensione della serietà e della riflessione. L'articolo non è solo un genere letterario difficile, ma anche una forma di essere nel mondo. È difficile soppo1tare l'indifferenza e rassegnarsi al fatto che lo scrittore possa a volte essere necessario come ornamento in un programma televisivo e interessante solo per quel che ha di interessante da raccontare sugli zingari o sui caffè d'anteguerra ma mai quando parla della propria poesia o prosa. Nessuno si aspetta da lui interventi patetici o coraggiosi sui diritti dell'individuo. A malapena e molto raramente gli riesce di organizzare una crociata morale su qualche questione importante. Qualche volta, con l'appoggio di un'istituzione, distribuisce un volume di versi e l'editore si lamenterà della perdita che ha subito. Quanto ridicoli e a sproposito possono suonare gli appelli alla creazione di un partito dell'intellighenzia che si arroga ancora una volta, irfvocando come un bel fantasma del passato i propri antichi successi, il "governo dell'anima". Non c'è più questa antica Foto di KrzysztofPowelo/Grozio Neri.
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