Linea d'ombra - anno XII - n. 94 - giugno 1994

32 POLONIA/ MODZELEWSKI Bujak, capo dellaSolidamosc clandestina o come Bugaj, o come me e altri, ci sono non pochi che la ritengono soprattutto contraria alla politica sociale esistente e considerano che questa politica economica ci fa pagare un prezzo eccessivo per la trasformazione del sistema. Infatti questa politica di grande balzo in avanti, di passare dal comunismo e dall'economia socialista pianificata a quella del mercato libero in un balzo è una politica rovinosa. Anche se è ancora più rovinoso rischiare un gran crollo, come accade in Ucraina. Per giungerea una conclusionesullasituazioneodierna:oggi al governoci sono ex comunistie contadini,che inpassato hanno avuto anche loro legami col regime;allapresidenza dellaRepubblii::ac'è Walesa,cioèunesponentediSolidarnosc:leprivatizzazioni vannoavanticondifficoltà.Chisono,qualè oggi laclassedirigente sia a livellopolitico che economico, nelle aziende, nelle banche, nell'amministrazione;c'è stato un rimescolamentosociale complessivo, si puòapprossimareunaclassificazionesocialecomplessiva di quella che è la Polonia di oggi? Nelle aziende e nelle banche la presenza dei vecchi quadri è stata sempre fortissima e rimane tale; a livello di direzione politica naturalmente le cose cambiano e si assiste al fenomeno di ritorno di non pochi notabili del vecchio regime a posizioni di comando ne]J'arnministrazione, nell'economia e soprattutto nelle strutture politiche, ma ciò non cambia gran che. Il punto di non ritorno è passato da un certo tempo, però anche se c'è il problema dei quadri, il vero problema in Polonia non è questa gente arrivata ai posti di comando con la vittoria elettorale della SLD (Alleanza della sipistra democratica) e del partito contadino o il ritorno al vecchio regime che non è possibile e nemmeno auspicato da questa gente; il problema è se le speranze dell'elettorato che ha votato per questo campo di sinistra tradizionale, cioè anche legata al vecchio regime (l'Unione del Lavoro ha avuto il 7,5% mentre laSLD, cioè semplificando la posizione postcomunista, ha ricevuto oltre il 20%) non saranno troppo deluse dalla continuità della politica economica, anche se amministrata da questa formazione di sinistra postcomunista. Secondo me non è da escludere né la delusione né, soprattutto, la ripresa di conflitti sociali: infatti non si può dimenticare la profonda pauperizzazione e addirittura il degrado sociale di notevoli parti della popolazione, la disoccupazione di massa, la perdita del senso di sicurezza e di fiducia nel futuro e il degrado civile e culturale che anche per la gente sfavorevole al comunismo è più importante che non le libertà politiche acquisite. Per me che sono stato in prigione parecchi anni la libertà politica conta più della vita quotidiana, ma non ci si può aspettare che sia così per tutti e si deve rispettare il punto di vista di gente che si trova adesso in una situazione drammatica. Se questa arriva a un livello di disperazione tale da esplodere c'è il crollo di questo governo e di questo parlamento (infatti non credo che ci sia la possibilità di formare un diverso governo nello stesso parlamento); allora non è la destra liberale che torna al potere ma piuttosto vedo il pericolo di nuove formazioni estremamente populiste. Ma io direi che in genere sia in Polonia, sia in Russia che in tutta l'Europa postcomunista, il problema principale, forse non abbastanza capito e oggetto di riflessione in Occidente, è quello della minaccia di degrado sociale ed economico. Bisogna ricordare che il comunismo è stato un modo di fare la rivoluzione industriale nei paesi che erano in condizioni di sottosviluppo e non potevano quindi riuscirvi nell'ambito della libera concorrenza. È vero che il comunismo si è disgregato per la sua impotenza economica, ma nel frattempo ha industrializzato questa parte d'Europa, ha assicurato la promozione sociale a strati analfabeti, depressi ecc., e ha costruito un potenziale economico, anche se non efficace per efficienza e qualità tecnologica e non corrispondente alle esigenze del mercato mondiale. È stato costruito così cospicuo perché era staccato amministrativamente dalle competizioni col mercato mondiale; ora liberalizzando bruscamente da un giorno all'altro questo potenziale e aprendolo senza protezione alla concorrenza e alla competizione sul mercato mondiale, abbandonando il ruolo coordinatore dello stato nell'economia da un giorno ali' altro, passando al liberismo totale e adoperando per di più un rigido controllo monetarista (perché con la liberalizzazione dei prezzi c'è quasi sempre lo scoppio dell'iperinflazione), nell'insieme si condanna o quasi questo potenziale al crollo; ora, capisco che un dottrinario liberista dica: bene, se è crollato vuol dire che non era degno di sopravvivere perché non era abbastanza efficace; ciò è giusto dal punto di vista dottrinario ma non è accettabile dal punto di vista·di una società che vive di questo potenziale e su esso fonda la propria posizione nel mondo e la posizione di ciascuno di noi nella vita economica quotidiana e nella vita sociale e culturale ecc. Se noi lasciamo crollare questo potenziale allora vuol dire che ci togliamo le basi materiali della nostra esistenza; non è accettabile quindi un gran balzo in avanti, l'uso immediato, senza periodi e tecniche di transizione, di questo potenziale in modo da renderlo competitivo sul mercato mondiale. È ciò che si fa nell'Europa postcomunista adoperando, neanche una ricetta, perché non è una ricetta di condotta pratica, ma un principio, una dottrina. Adoperando questa dottrina liberista e monetarista in questa situazione si va, forse non immediatamente, verso un collasso come nella Germania orientale, dove tutto questo è stato fatto da un giorno all'altro in seguito all'unione monetaria. Da noi il sistema monetario separato dal mercato mondiale serve come barriera di protezione; nella Germania orientale no, introducendo da un giorno ali' altro questo paese nel mercato mondiale, si è firmato senza saperlo, perché nessuno aveva l'immaginazione per capire le conseguenze, una sentenza di morte per questo potenziale. Va bene che la Germania l:'ederale ha i soldi per assicurare, nonostante questo crollo, un certò livello di vita e di assistenza ai suoi concittadini dei Landerorientali; ma nessun paese dell'Europa orientale può disporre di tali mezzi e possibilità, da fare ogni anno un'iniezione di 200 miliardi di Deutschmark per rimettere insieme l'economia (e quella della Germania orientale nonostante questa iniezione non è ancora rimessa in piedi). C'è una sfida strategica, non solo per l'Europa postcomunista, questo è chiaro perché si tratta del nostro destino, ma anche per il mondo intero. Se noi guardiamo la Iugoslavia, se noi guardiamo a quello che succede in Russia, se noi guardiamo come è fragile e precaria la democrazia nell'Europa postcomunista, dobbiamo renderci conto che esiste un livello di tensioni sociali che la democrazia può sopportare: al di là di questo livello appaiono tentativi di soluzione autoritaria o scoppiano conflitti etnici come in Iugoslavia che sono poi reazione della gente disperata al degrado e al perché della loro sfortuna. Si cerca una spiegazione semplice, come fa sempre la gente semplice, con dei responsabili, dei capri espiatori, e così abbiamo le tensioni nazionali, c'è questo risveglio di nazionalismo che adesso sta bussando alle porte stesse dell'Europa occidentale. Quanto al problema di mantenere in marcia e di non lasciare crollare i I meccanismo produttivo dell'economia postcomunista, quanto al problemadelladisoccupazionedi massa, problemi che appaiono all'Est ma anche all'Ovest, mi domando se alcuni di essi non siano da affrontare in comune. Non credo che nel quadro delle strutture mentali di destra, per così dire, questo problema sia risolvibile. Temo che non sia ancora affrontato nel campo della sinistra.

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