il nome di Solidarnosc, ma era già visibilissima la fragilità di questa intesa. Nello spazio di un anno essa si era già dissolta anche formalmente. (Solidarnosc rimase sigla dell'ala di centro del vecchio schieramento sindacale, da tempo frammentato in diverse formazioni politiche e sindacali.) Comunisti, contadini e populismo In una visione più distaccata del recente passato esteuropeo la vittoria elettorale di postcomunisti e contadini è molto comprensibile. Anche nel 1989 la coalizione governativa comunista aveva ottenuto all'incirca il 20-25% dei voti. Nelle successive elezioni i comunisti avevano sempre ottenuto attorno al I0% dei voti; i contadini avevano ottenuto risultati analoghi. Ma l'aspetto decisivo fu il modo in cui tutte leforzepolitichepermisero-perpregiudizio ideologico o per semplice disattenzione - che il vecchio partito contadino 1iemergesse sulla scena politica senza pagare alcun pedaggio per ilproprio passato di ex satellite comunista, non solo sul piano patrimoniale, ma anche a livello di potere politico (cariche a livello nazionale e locale, direzione delle banche, ecc.). La crescita elettorale dei comunisti e dei contadini è stata interpretata come una reazione degli elettori, disillusi dalla politica liberista dei precedenti governi di centro, desiderosi di una politica socialdemocratica. Ma, come si è visto dall'esame dei risultati, il mutamento elettorale non è consistito in uno spostamento di voti dal centro alla sinistra, bensì da una crescita netta dell'elettorato di sinistra. L'interpretazione "socialdemocratica" del mutamento elettorale non è sostenibile per due ordini di motivi. In primo luogo, la Polonia non sta attraversando un periodo di recessione; continua ad attraversare un periodo di grosso mutamento economico e sociale, che penalizza alcuni settori e ne premia altri. Non è facile stimare quale sia il bilancio sociale di tali trasformazioni, perché la struttura dei consumi e i ruoli sociali sono oramai irriconoscibili rispetto al passato. In secondo luogo, bisogna ricordare che la destra polacca, e in particolare l'estrema destra, ha scelto un orientamento antiliberista. Quindi, se davvero fossero ancora valide le tradizionali coordinate di statalismo e liberismo a determinare il quadro politico, l'allineamento sarebbe il seguente: i postcomunisti e il centro (UD, KLD) sarebbero i più liberisti; a metà strada ci sarebbe il centrodestra (BBWR) e il PSL, mentre l'ala statalista estrema sarebbe costituita dall'estrema sinistra (UP) e dall'estrema destra (KPN). Ovviamente le cose sono ancora più complicate, perché ci sono innumerevoli partiti trasversali. Se proprio si vuol dare una lettura del voto polacco in termini di schieramenti politici, si può avanzare l'ipotesi che l'elettorato ha respinto un populismo radicale di destra, preferendo invece un misto di liberismo moderato proposto da postcomunisti e contadini. (Non è certo un allineamento più strano di quello che si è presentato nel contesto politico italiano del 1994.) Note I) È stato di recente pubblicato un documento interno del partito comunista polacco risalente a due settimane prima del voto del 4 giugno 1989 (Przyczynek do techniki interpretowania sondazy przedwyborczych przed rokiem 1990, in "Politicus", n. 1-2, 1993, pp. 6-11). Esso dimostra sia la consapevolezza precisa della possibilità di sconfitta sul piano elettorale, sia la diserzione del campo governativo da parte degli stessi iscritti al partito. La scarsa consapevolezza delle conseguenze di una tale sconfitta è rivelata invece dai materiali sulle riunioni della segreteria del Comitato Centrale del Partito Operaio Unificato dell'aprile e del luglio 1989, pubblicati adesso a Varsavia (Koniec epoki PRL, in "Polityka", 26 febbraio 1994). 2) Oltre a UD, questo campo comprenderebbe i cattolici di destra del KKW "Ojczyzna" (6,37%), i centristi del PC (4,42%) e della KdR POLONIA/ MODZELEWSKI 27 (2,70%), i liberali del KLD (3,99%), il sindacato Solidarnosc (4,90%) e i contadini del PSL-PL (2,37% ). A queste forze si possono sommare ancora quelli del BBWR, raggiungendo il 40,75% dei voti (e 90 seggi). 3) Cfr. i risultati di ricerche dell'Istituto centrale di statistica e dell'Istituto di statistica della chiesa cattolica, riferiti in W. Lewandowska, Polak-katolik male) wiaty, in "Zycie Warszawy", 15 febbraio 1994, e L. Adamczuk e p. W. Zdaniewicz (a cura di), Religijnosc polak6w 1991, ISKKA SAC-GUS, Warszawa 1993. Per quanto riguarda il confronto con il resto dell'Europa cattolica, nel 1985 il numero di cattolici per sacerdote era il seguente: Belgio, I :784, Italia, I :923, Spagna I: 1227, Germania Federale I: 1229, Francia I: 1335, Polonia I: 1673 (p. W. Zdaniewicz SAC, Kosci6l katolicki w Polsce 1987, Pallottinum, Warszawa-Poznan 1989, tab. 62). Karol Modzelewski DISGREGAZIONEENUOVI POTERI INCONTROCON tv\ARCELLO FLORES È possibile oggi a qualche anno di distanza dalla caduta del comunisrho e a più di dieci anni di distanza dallo stato di assedio dare un giudizio storico complessivo su quello che è avvenuto, su come è avvenuto in Polonia il passaggio dal comunismo alla democrazia? Tu sai cosa ha detto Pirenne a cui avevano chiesto di fare una storia del Belgio che arrivasse fino all'età contemporanea. Ha cercato di farla ma poi l'ultimo volume non l'ha scritto dicendo che fare la storia significa selezionare i fatti e le informazioni secondo la loro importanza e che l'importanza si misura dalle conseguenze: come volete che si misuri allora l'importanza di eventi di cui non conosciamo ancora le conseguenze? Per lo stato d'assedio, dopo dieci anni si potrebbero dire alcune cose, alcune arrischiarne anche per la tavola rotonda e la transizione da un regime all'altro; ma si tratta sempre di quella situazione drammatica propria dello storico contemporaneo cui manca la distanza necessaria. Questo per un giudizio complessivo. Ma su alcuni momenti dicevi che forse è possibile. Sullo stato di guerra le posizioni e le interpretazioni, anche da parte dello stesso campo, di quella che in Polonia era l'opposizione, diciamo Solidamosc, sono dissimili, non più univoche: qual è il tuo giudizio storico? In Occidente l'impressione è che ci sia una certa rivalutazione del ruolo di mediazione e di moderazione di Jaruzelski nel quadro di quella che era la situazione internazionale e che quindi si accetti in parte la sua autogiustificazione. Cosa pensi, complessivamente, di questo problema? La risposta posso dartela ma non so fino a che punto può essere una risposta storica e non ancora una risposta in gran parte politica. Quello che ha perso di attualità bruciante è proprio lo stato d'assedio e i suoi motivi: se cioè Jaruzelski e coloro che lo circondavano avevano un'altra soluzione nel quadro del mondo dopo Jalta, della Polonia dell'epoca della dottrina Breznev. Sono domande senza risposta definitiva e tali rimarranno secondo me. La mia opinione su Jaruzelski è complessa. Devo confessare il mio peccato di aver
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