POLONIA: LASTORIAE LAPOLITICA 25 UN'OPACANORMALITÀ RIFLESSIONI DALlAESULlAPOLONIA a curadi MarcelloFlores La normalità, o addirittura la delusione, dopo le grandi promesse e speranze: questa sembra la coscienza prevalente, soprattutto tra i ceti intellettuali,dellarealtàpolaccadioggi. Unanormalitàchesembraoffuscare e intorpidire le distinzioni tra il vecchio e il nuovo, tra l'innovazione e le resistenze, tra la tradizione e la modernità. Una normalità che è accompagnata tanto da un'omologazione sempre più accentuata all'Occidente (quello reale, non immaginato negli anni del dispotismo comunista) quanto dal persistere, o addirittura rinascere, di mentalità e comportamenti tipici del vecchio regime. Solo apparentemente si tratta di una contraddizione e di un paradosso. Dietro ideologie tanto diverse e contrapposte, Est e Ovest stavano già muovendosi, da una ventina d'anni (e forse proprio a partire da quel 1968 che li aveva accomunati più di quanto si seppe e volle vedere), verso direzioni analoghe anche se non uguali. La minaccia della vittoria definitiva del presente sul passato e sul futuro (e cioè sulla memoria e sulla progettualità, quindi sulla consapevolezza) sembra un tratto comune alle società contemporanee di Occidente e Oriente, perlomeno in Europa. E uguale è il bisogno di valori e miti, come anche di idoli e menzogne. Per questo una riflessione sulla Polonia, compiuta con i contributi di alcuni dei suoi migliori intellettuali, può servire, oltre che da conoscenza, in parte anche da specchio per la nostra realtà. (M.F.) Gustavo Herling L'ASSENZADELMITO Leszek Kolakowski, un tempo professore di filosofia a Varsavia e comunista, poi capo spirituale dei "revisionisti", infine ex comunista costretto a espatriare, oggi cattedratico ad Oxford e in alcune università americane; autore della monumentale opera in tre volumi Correntiprincipali del marxismo e di vari altri libri tra cui un bellissimo saggio La presenza del mito (pubblicato in Italia da Il Mulino), ha di recente concesso una lunga intervista al miglior quotidiano polacco "Rzeczpospolita" ("La Repubblica"). La sua parte essenziale suona così: "Quando getto uno sguardo panoramico sugli ultimi cinque anni, malgrado tutto quel che succede - bisticci odiosi, corruzione e ladrocinio, pove1tà e disoccupazione - mi sento tutto sommato piuttosto edificato. Prima di tutto, perché il difficilissimo passaggio in un sistema diverso avviene senza scosse estremiste. Poi perché il potere non si è trovato nelle mani di cafoni ottusi. Certo non fui felice per le ultime elezioni [del 19 settembre, con la vittoria degli ex comunisti e del pattito contadino legato nel passato a doppio filo al governo comunista]. Ma non le considero una catastrofe. La formazione post-comunista non intende tornare al comunismo, fa affari, non ha nessuna ideologia lontanamente paragonabile al leninismo, non fa l'impressione di essere un branco di pazzi. La sua conquista del potere non sembra quindi catastrofica, anche se non mi ha riempito di entusiasmo". Ci sono cose sulle quali l'autore de La presenza del mito scivola con eccessiva disinvoltura. Senza dubbio alcuno la situazione non è catastrofica, anzi migliora dal punto di vista economico (cioè i ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri), ma la Polonia appare a volte un paese che sta perdendo la sua anima. Politicamente, sotto il governo della coalizione del partito della "sinistra democratica" (ex comunisti, come in Italia) e il partito contadino, ambedue intimoriti perii loro passato assai compromesso, il paese è diventato una poltiglia senza sapore e vera consistenza. Moralmente, psicologicamente e fino a un certo punto socialmente non si può non scorgere l'assenza del mito (strano che non lo abbia notato proprio Kolakowski). 1 Il mito degli ultimi decenni in Polonia fu Solidarnosc. Ed è Solidarnosc, una organizzazione senza precedenti, l'arma prindpale nella lotta contro il comunismo, che sta scomparendo dalla faccia della te~a polacca. Non che potesse resistere a lungo come organizzazione, ma poteva e doveva sopravvivere appunto come mito unificatore. E invece? Logorata dallo "stato di guerra" proclamato dal generale Jaruzelski, dopo il crollo del comunismo aveva contribuito ad eleggerlo come primo presidente della repubblica libera. Un fatto assurdo, stomachevole, quasi incredibile. Ed è di lì che il mito di Solidarnosc ha cominciato a morire, dando posto a una confusione crescente. La Polonia continua a vivere nello stato di confusione, che ho voluto chiamare sopra la perdita dell'anima. È mancato persino il coraggio (o la semplice volontà) di fare quel che hanno fatto i cechi nel luglio 1993 con "la legge sulla illegalità del regime comunista". Sta andando avanti il processo di lavaggio delle sporcizie del comunismo, come si lava e ricicla il denaro sporco. Walesa, il valoroso e indiscusso capo di Solidarnosc, è perlomeno discutibile (un eufemismo!) come presidente della Repubblica. Jaruzelski parla con sempre maggiore sicurezza di sé, giustificando quel che fece nel dicembre 1981. Il sotterfugio diventa lo strumento unico nella vita politica. È difficile trattenere le domande: dove sono finiti quegli splendidi dieci milioni di membri di Solidarnosc? Chi e come ha distrutto lo slancio sociale, culturale e ideale del popolo che si stava alzando dalle ginocchia in piedi, quel mito che in misura maggiore o minore guida tutti i popoli? Dove è andata a finire la stretta collaborazione degli operai e degli intellettuali? Perché il paese tradizionalmente indomito, attaccato ai supremi valori dell'umanità, si prosterna davanti alla "normalità" nelle sue versioni peggiori? Non è detta l'ultima parola. Crescono i giovani che sembrano avere un altro concetto del futuro, che mal sopportano la "programmatica" confusione nazionale. Capiranno forse loro che un giorno la Polonia deve arrivare a un onesto partito di sinistra (non postcomunista) e a un moderato, intelligente partito di destra (non sottomesso alla Chiesa). Ma p1ima di tutto capiranno che nessun popolo degno di questo nome ha diritto di emarginare, quasi calpestare tutto ciò che un giorno fu il contenuto più puro della sua lotta. In altre parole capiranno che i miti nazionali fanno la vera storia.
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