VEDERE,LEGGERE,ASCOLTARE 21 John Berger I LIMITIDELSUCCESSO A propositodi Schindler'sList traduzionedi PaoloBenzi Il cinquanta per cento degli studenti delle scuole superiori statunitensi non ha mai sentito parlare dell'olocausto e dei campi di sterminio nazisti. Un altro ventidue per cento sostiene che l'olocausto è solo una storia, un'invenzione. In una situazione del genere (e le statistiche riguardanti gli studenti di alcuni paesi europei non sarebbero molto diverse) l'ultimo film di Steven Spielberg riparerà, senza dubbio, un torto. Molti ragazzi lo vedranno e saranno convinti che l'olocausto sia avvenuto. E la maggior parte ne sarà commossa e inorridita. Schindler's List ha vinto sette Oscar ed è stato elogiato fino alla nausea dalla schiacciante maggioranza dei critici. Nella misura in cui rende la storia dell'olocausto indimenticabile è buona cosa che il film sia applaudito. Ciò spiega forse il quasi unanime giudizio dei critici. Ma, sfortunatamente, riempita com'è dei valori che oggi dominano e sono di moda, la pellicola fa anche altro. Recupera una verità, ma la circonda di una fiction da quattro soldi. Sostenere che questo fosse necessario per raggiungere un pubblico di massa (per diventare, come dice Hollywood, un "blockbuster", un grosso successo commerciale) è falso e disonesto. In discussione non è la semplicità narrativa del film, ma il fatto che la narrazione tradisca la fiducia che è necessario concedere alla guida che pretende di condurci, novelli Dante, all'Inferno. Durante le riprese del film in Polonia, Spielberg riceveva regolarmente via satellite le ultime modifiche riguardanti gli effetti speciali di Jurassic Park. E proprio questo dato ci porta al cuore del problema. Spielberg, con le sue buone intenzioni eil suo reale talento per la magia cinematografica, è troppo coinvolto nel successo della Twentieth Century e della Universal Picture per compiere il viaggio necessario verso l'indicibile che accadde cinquant'anni fa. Spielberg non può abbandonare il suo tempo: tempo che, nel suo campo specifico, egli ha dominato e di cui è diventato maestro. Nessun altro ha mai prodotto tanto denaro con il cinema. Dei dieci titoli di maggior successo commerciale della storia del cinema, ben quattro sono suoi! In film come Incontri ravvicinati del terza tipo, E.T., Indiana Jones, Spielberg è rimasto in contatto con quell'immaginario infantile che persiste in ognuno di noi. Non ha mai dimenticato di cosa i bambini (o, almeno, i bambini abbastanza ricchi) accusino il mondo degli adulti. Ha difeso le speranze e l'innocenza dei ragazzi e ha promesso loro una comunità mondiale segreta- una comunione fraterna degli stessi giocattoli. Giocattoli, a loro volta, in vendita. Non può però lasciare il suo tempo californiano perché, come un bambino, non si rende conto dei suoi limiti. Crede che sia infinito. Può ricostruire le strade della Wroclaw del 1940. Può scovare i veri vagoni ferroviari su cui i condannati furono portati a morte. Può rintracciare alcuni dei pochi sopravvissuti e intervistarli. Ciò che non può fare è immaginare di vivere nel mondo di allora e di quei luoghi. Può solo -con serie e nobili intenzioni- giocarci. Ma nulla è andato nel senso voluto e l'intera illusione del gioco è stata smascherata dalla scelta della storia di Schindler come veicolo per un film sull'olocausto. Nessuno avrebbe fatto un errore del genere fino a due decenni fa: più precisamente, prima del trionfo globale del Denaro e del libero mercato. La vera vita di Schindlerfu una storia strana.Quest'uomo, che altro non era se non un playbpy nazista, che acquistò una fabbrica nella Polonia occupata, che utilizzò il lavoro di schiavi, che accumulò una fortuna e che usò poi tale fortuna per comprare alni schiavi, ma questa volta per salvarne un migliaio dalle camere a gas, è una figura che non stupisce abbia ispirato il romanzo di Thomas Keneally e che poteva essere un valido soggetto per un film - ma non per un film sull'indicibile. È questa combinazione di circostanze ad essere stata così erronea e così sintomatica dell'incapacità di Spielberg a immaginare veramente al di là del proprio tempo. Per più di tre ore il film oscilla sistematicamente tra Schindler e le sue iniziative da una parte e la Soluzione Finale dal l'altra. Non c'è nient'altro. Di conseguenza, davanti all'orrore dello sterminio, noi intravediamo una sola via di salvezza: la possibilità di essere un'llome battuto a macchina sulla lista di Schindler. Oscar Schindler può permettersi tale lista perché ha fatto vagoni di denaro. In una giornata afosa, Schindler si trova davanti a un treno carico di prigionieri stipati in carri bestiame in partenza per Auschwitz. Una scena insopportabilmente dolorosa, inguardabile. Che prende alla gola. Schindler afferra una pompa antincendio e annaffia i vagoni in modo che i prigionieri ricevano qualche spruzzo attraverso le fessure. Sembra un bambino che d'estate gioca con l'acqua in giardino. In una scena successiva Schindlerva ad Auschwitz e recupera all'ultimo un treno carico di prigioniere, che sono già· state preparate per le camere a gas. "Sono mie!", grida il nostro eroe. E così le donne vengono rintruppate nel treno che le salverà. Alla fine, Schindlercrolla e piange: se solo ne avessi comprati di più! Avrei potuto comprarne di più! Se solo ne avessi comprati di più ... L'olocausto va continuamente ricordato, perché ci si sappia opporre quando minaccia di accadere qualcosa di simile e, ad un altro livello, perché l'indicibile sofferenza che si è consumata venga rispettata in eterno. Il film di Spielberg fa qualcosa per provocare tale rispetto. Ma, fatalmente, inganna sulle possibili forme di resistenza. E inganna per ignoranza. Ignoranza non dei fatti, ma dell'anima umana, una volta che l'infanzia si è conclusa. Nella vera lotta contro il fascismo (lotta che, a guerra quasi finita, consentì al nazista Schindler di comprare un migliaio di vite e quindi di salvarle), nella vera resistenza - che si pensi a Stalingrado o al piano degli ufficiali tedeschi contro Hitler, ai partigiani jugoslavi o alle reti clandestine degli stessi prigionieri nei campi di concentramento, alla rivolta di Varsavia o all'evacuazione degli inglesi da Dunkerque-ci fu un élan, uno slancio, nobile e oscuro insieme. Chiunque fosse coinvolto viveva in una zona d'ombra. La nobiltà era una fiamma vacillante. Mai un film potrebbe da solo mostrare tutto questo. La semplicità è davvero
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