16 HEIN mento e glielo presentava per la firma, alla vista del proprio nome estraneo faceva una smorfia di disgusto. Il 30 novembre del 1941, Anna Kozower fu fermata nella Krausnickstrasse da un poliziotto che le fece notare che il suo ampio foulard di lana stava coprendo, in maniera inammissibile, la stella gialla sul suo cappotto. L'anziana donna replicò che doveva portare il foulard perché aveva freddo e che aveva dovuto consegnare alle autorità la sua pelliccia. Il poliziotto le intimò di nuovo di portare in modo chiaramente visibile la stella gialla di Davide e di togliersi, perciò, il foulard. Poiché Anna Kozower protestò nuovamente, le richiese i documenti. Quando ad alta voce lesse il suo nome, la donna lo interruppe con l'osservazione che lei non si chiamava Sara, ma Anna Miriam Kozower. Il poliziotto restò sbalordito da questa comunicazione, gliene chiese ragione e gli toccò ricevere questa risposta, che si chiamava Miriam perché il nome Sara non le piaceva. Infuriato, si mise a ingiuriare l'anziana donna, le sbatté in faccia il documento di identità e la minacciò di ulteriori, terribili conseguenze. Anna Kozower tornò a casa, quella sera, estremamente agitata, ma nonostante tutto felice. A causa di violenti dolori al cuore, dovette mettersi a letto immediatamente. Alla nipote, che era stata in ansia per lei, riferì, con occhi raggianti, dell'incidente nella Krausnickstrasse. "Non mi chiamo Sara", dichiarò con orgoglio, "gliel'ho detto all'ufficiale che mi chiamo Miriam". Nella notte morì di infarto. Sulla sua lapide è scritto iLnome Anna Kozower. Il monco Nell'ottobre del 1952 un uomo di quarant'anni con un braccio solo, in abiti stracciati, bussò alla porta di una casa di Banschstrasse, nel quartiere Friedrichshein. Un giovane aprì la porta e gli chiese che cosa volesse. "Mi chiamo Eisele", disse il monco, e con la testa indicò la targhetta alla porta su cui stava scritto lo stesso nome. "E allora?" chiese il giovane, "non è un motivo per venire a mendicare qui". L'uomo non replicò, soltanto guardò il diciottennne che gli stava di fronte. Poi, adirato, strinse gli occhi, sollevò il cartone che si portava dietro e con veemenza lo spinse contro il petto del giovane sbigottito, tanto che questi indietreggiò, barcollando, e al tempo stesso lo lasciò passare. Lo storpio entrò nella casa e disse: "Sono tuo padre. Dov'è mia moglie?". L'uomo ritornava, dopo sette anni, dalla prigionia in Russia, durante la quale aveva dovuto collaborare alla costruzione di alcune dighe di sbarramento nella Siberia occidentale. Negli ultimi due anni di prigionia era stato il delegato alla cultura nel suo campo di internamento, perché un reumatismo, causato dal lavoro nell'acqua fredda, gli rendeva impossibile un'altra attività. Era stato fatto prigioniero, nonostante il braccio monco, perché, Berlino. Fotodi Marcello Mencorini/Grazia Neri. ar
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