1O ITALIA'94 DUEVEDUTEDI MILANO EmilioTadini 1. Una volta ho visto Milano illuminarsi di colpo, nel buio. Una notte, verso la fine del mese di aprile del 1945, dopo la Liberazione. Finito, l'oscuramento. Tutti i lampioni si sono accesi insieme-sui vicoli, sulle strade, sui viali, sulle piazze. Pensandoci, mi sembra addirittura di avere potuto percepire la successione tra l'accensione improvvisa di quei punti luminosi e l'effondersi della luce nel!' intero spazio della città. Una astronave! Una astronave gigantesca che si fosse manifestata all'improvviso dove prima, nell'oscurità, una forma la si poteva soltanto ricostruire con l'immaginazione appassionata e coscienziosa di un cieco. Era come se potessi vederla, Milano, per un momento, da fuori, dall'alto. Come se ci stessi volando sopra. Mai fuochi artificiali, in vita mia, mi sarebbero sembrati più clamorosi, più folti. Si davano balli, a Milano, nei cortili, le notti dopo l'esplosione di quella luce poco meno che mitica. Notti di fine aprile, e poi di maggio. Uomini e donne magri, molto magri, un po' alterati da qualche bicchiere di pessimo vino nero che gli tingeva le labbra, scoprivano, sorridendo, dentature da scheletri, intatte, eccessive. Ballando, giravano nei cortili, facevano finta di andare a sbattere contro le sedie degli anziani che stavano a guardare, incespicavano davvero nella pedana dei suonatori. I bambini gli scivolavano in mezzo alle gambe. Qualcuno, in alto, si affacciava come un burattino a una finestra, gridava parole incomprensibili, si rispondeva da solo. Bisogna fare attenzione, certo, con i ricordi. A tradimento, melensi e ferocissimi, possono tranquillamente far rimbambire il ricordante, possono ridurlo a clown inconsapevole, pericoloso a sé e agli altri. Prudenza, ci vuole. Diffidenza, addirittura. Ma allora, in quel mese di aprile, in quel mese di maggio del 1945... Altro che prudenza, altro che diffidenza! Chiamati, tutti! Precettati! La Storia, in persona, ci dirigeva, ci metteva in scena. Come un regista, in alto, sulla gru, che con poche parole amplificate dal megafono dirige le sue comparse, e le manda dove vuole, docili ed entusiaste, da una parte e dall'altra del set, e gli grida di agitarsi, di sbracciarsi, di fingere, meglio che possono, di vivere e di morire. L'astronave Milano, insomma, per qualche mese, di giorno e di notte, ha continuato a planare leggerissima, lontana migliaia di miglia da ogni ormeggio, da ogni porto. Le macerie dei bombardamenti, malgrado l'aria gelida e il cattivo odore che venivano fuori dalle cantine scoperchiate, avevano un'aria pulita. Come si dice, certe volte, durante la medicazione, dopo aver tolto la benda: "Una bellissima ferita!". Sciocchezze uscivano dal la bocca dei giovani scintillando come bolle di sapone, una via l'altra. Fumetti, in qualche storia senza capo né coda. Mai corpi- carneeossaetuttoil resto-orbitavano senza errori da una parte all'altra delle piazze sconquassate. La verità? Non se ne aveva la più pallida idea. Congetture insostenibili, progetti improbabili, giudizi da pazzoidi ... Ma il modo di guardare, anche soltanto il modo di guardare, o il modo di correre, per esempio, quella mania istintiva di mettere in ogni gesto un po' più dell'energia necessaria, e poi quelle stanchezze improvvise che cadevano come una mannaia, quei languori pesantissimi di cui tutti, nel gruppo, sembravano complici, addi1ittura custodi scrupolosi ... Se non era la verità, per un momento deve averle assomigliato. La figura era quella. 2. L'Istituto Marchiondi, per ragazzi "difficili" e per minori colpevoli di reati, a Mi !ano, è ospitato, fino agi i anni del dopoguerra, in un lugubreedificiodi via Quadronno. Una prigione vera e propria. Nel 1952 viene bandito un concorso per costruire un nuovo complesso, a Baggio. Il concorso - della giuria fa parte anche l'architetto Muzio - è vinto dall'architetto Vittoriano Viganò, allora poco più che trentenne Viganò progetta e costruisce una tra le più belle architetture contemporanee di Milano. Un corpo per i dormitori, la mensa e la sala di ri·unione,un corpo per le scuole, uno per i laboratori, uno per alloggiare gli istruttori. Volumi articolati e limpidissimi. La verità dei materiali manifestata pulitamente. Molta luce. C'è un particolare significativo. La struttura portantedell' edificio principale, in cemento armato, si prolunga nel verde. Una specie di porticato senza soffitto. Come se la cultura volesse penetrare nella natura, regolarla, ordinarla. Ma anche come se fra natura e cultura non ci fosse soluzione di continuità. Come se si desse-si figurasse - un punto indefinito e sensibile dove cultura e natura si fondono, si trasformano una nell'altra. Per i giovani ospiti del Marchiondi doveva essere.una piccola, silenziosa lezione quotidiana di etica e di estetica nello stesso tempo. Bene. Un capolavoro. Ma se andate a Baggio, vedrete come lo hanno ridotto, ilMarchiondi ...Aparte ilcorpo delle scuole elementari, dove sono in funzione due scuole professionali con laboratorio - di ortodonzia e di ortopedia - il resto è in uno stato di abbandono, di degrado, addirittura ripugnante. Una rappresentazione del cattivo governo, davvero. Esemplare. Muri scrostati, le prime piantine che crescono nelle fessure dei pavimenti, cumuli di spazzatura, di relitti ... Sul tetto, l'impermeabilizzazione sta andando a farsi benedire. Pozzanghere si allargano sui pavimenti. Il disegno straordinario dell'interno è imbrattato, cancellato, alterato. UnaPompei distrutta da una eruzione di incuria, di ottusità, di volgarità. Riscoprirla non genera stupore, ma disgusto. Ci sono stanze in cui, la notte, vanno a dormire gli immigrati senza casa, i tossicomani. In corridoio, cagate disposte in fila, a intervalli regolari. Dentro, nelle stanze, cumuli in disordine di coperte puzzolenti. Per terra, vicino a uno di quei cumuli, una accetta. "La mia casa è il mio castello." Non lontano, una sala bruciacchiata da un incendio. Lo hanno appiccato durante uno scontro, sanguinoso, tra spacciatori e tossicomani. Si potrebbe anche lasciarlo così com'è, il Marchiondi, preservandolo nel suo stato attuale. Sarebbe una visita istruttiva. Da portarci lescolaresche. "Questo, hanno fatto!" L'inferno a portata di mano. Una caso analogo c'è. A Mosca. Lì, la "Casa comune", il capolavoro razionalista di Ginsburg, sta andando in rovina allo stesso modo. Anche qui, si vedebenissimoche i barbari sono arrivati dall'interno, da dentro i confini. Ne avevano salvato solo un piccolo corpo, della "Casa comune". Era l'edificio dove il KGB aveva installato gli impianti per controllare acusticamente la vicina ambasciata degli Stati Uniti. Alla luce del sole. Con ufficiali in maniche di camicia e berretto che, tra un ascolto e l'altro, andavano a fumarsi in santa pace una sigaretta passeggiando nei giardinetti. Si potrebbe fare un bel gemellaggio Milano-Mosca, MarchiondiCasa comune ...
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