Narrativa Michael Crichton RIVELAZIONI Narratori moderni, 464 pagine, 34.000 lire Il romanzo dell'anno: oltre 250.000 copie vendute Andrej Tarkovskij RACCONTI CINEMATOGRAFICI Nt1rrarori moderni, 328 pagine, 35.000 lire In sei racconti il mondo interiore e le visioni profetiche del regista dello Specchio e di Sacrificio. Ferdinando Camon MAI VISTI SOLE E LUNA I Coriandoli, 144 pagine, 18.000 lire li nuovo romanzo dell'autore del Quinto stato, di Un altare per la madre, del Canto delle balene. Una comunità contadina dall'occupazione tedesca a oggi: i giorni del furore, le colpe dei nazisti, la lunga anesa della giustizia, l'oblio sul quale sta nascendo la nuova Europa. Giuseppe çulicchia TUTTI GIU PER TERRA Narratori moderni, i 36 pagine, 20.000 lire Premio Montblanc 1993 per il romanza giovane Un romanzo esilarante e tragico tra Bukowski, Paperino e Andrea Pazienza. Una luce sincera sul mondogiovanile, la rivelazione di un vero scrittore. Luca Doninelli LE DECOROSE MEMORIE Narratori moderni, 248 pagine, 32.000 lire Doninellidominasenzaincertezzelo spazionarrativo. Gli inizi del racconto, le pause preparate o improvvise, le velocità e i rallentamenti del ritmo, i bianchi, le apenure di ogni capitolo, le clausole finali sono sempre di una elegante chiarezza. (Pie1roCitati) ~ Garzanti Saggistica Umberto Albini , ATENE: L'UDIENZA E APERTA Saggi blu, 168 pagine, 29.000 lire L'attualità della storia: la vita quotidiana nella Grecia classica attraverso la sua cronacanerae giudiziaria. Ernst Bloch IL PRINCIPIOSPERANZA Introduzione di Remo Bodei Saggi blu, 3 volumi in cofanetto, 1700 pagine, 96.000 lire Fine della storia? Crisi della politica? L'impatto dell'utopia nella coscienza, nella vita quotidiana, nelle ani, nella filosofia. Un'opera enciclopedica ambiziosamente inattuale. Alberto Cavallari L'ATLANTE DEL DISORDINE Memorie documenti biografie, 320 pagine, 35.000 lire La crisi geopolitica di fine secolo. Uno strumento indispensabile per capire il mondo contemporaneo. Seconda edizione Mere,dith Etherington-Smith DALI Memorie documenti biografie 68 tavole in bianco e nero e a colori 520 pagine, 45.000 lire Vita e opere, eccentricità e scandali, segreti e ossessioni di una delle personalità più creative e controverse del nostro secolo. Hugh Freeman LE MALATTIE DEL POTERE Prefazione di Giorgio Galli 1 Coriandoli - 118 pagine, 18.000 lire Nadia Fusini B&B • Beckett & Bacon 1Coriandoli - 128 pagine, 18.000 lire Geno Pampaloni I GIORNI IN FUGA I Coriandoli, 144 pagine, 18.000 lire La religione, la politica, i libri, le donne, gli amici, i ricordi famigliari e di guerra, i giorni della vecchiaia: il "diario in pubblico" di uno dei più noti e stimaticritici italiani. Poesia Mario Luzi VIAGGIO TERRESTRE E CELESTE DI SIMONE MARTIN! Collezione di poesia, 224 pagine, 36.000 lire Una delle voci più alte della poesia del Novecento.
Lev N. Tolstoj DENARO FALSO Un racconto-pamphlet sulla potenza corruttrice del denaro. Lire 12.000 Aldo Capitini LE TECNICHE DELLA NONVIOLENZA Lire 12.000 "Voices" GLI SCRITTORI E LA POLITICA Nord e Sud, Est e Ovest, Guerra e Pace. Ne parlano: Boli, Chomsky, Eco, Gordimer, Grass, Hall, Halliday, Konrad, Rushdie, Sontag, Thompson, Vonnegut. Lire 12.000 GiintherAnders I MORTI. DISCORSO SULLE TRE GUERRE MONDIALI. Lire 12.000 Albrecht Goes LA VITTIMA Cristiani ed Ebrei al tempo di Hitler. Lire 12.000 A PROPOSITO DEI COMUNISTI A. Berardinelli, G. Bettin, L. Bobbio, M. Flores, G. Fofi, P. Giacchè, G. Lerner, L. Manconi, M. Sinibaldi,con il Piccolo Manifesto di Elsa Morante. Lire 12.000 Heinrich Boli LEZIONI FRANCOFORTESI Poetica e morale, cultura e società. Lire 12.000 "Voices 2" IL DISAGIO DELLA MODERNITÀ Amis, Beli, Bellow, Briefs, Castoriadis,Dahrendorf, Galtung, Gellner, Giddens, Ignatieff, Kolakowski, Lasch, Paz, Rothschild, Taylor, Touraine, Wallerstein. Lire 12.000 Arno Schmidt IL LEVIATANO seguito da TINA O DELLA IMMORTALITÀ. A cura di Maria Teresa Mandatari. Lire 12.000 Francesco Ciafaloni KANT E I PASTORI Identità e memoria, campagna e città, ieri e oggi, Italia e America, destra e sinistra. Lire 12.000 UN LINGUAGGIO UNIVERSALE Le interviste di "Linea d'ombra" con gli scrittori di lingua inglese: Ballard, Barnes, lshiguro, Kureishi, McEwan, Rushdie, Swift (Gran Bretagna), Banville (Irlanda), Gallant, Ignatieff, Ondaatje (Canada), Breytenbach, Coetzee, Gordimer, Soyinka (Africa), Desai, Ghosh (India), Frame (Nuova Zelanda). Lire 15.000 VIOLENZA O NONVIOLENZA Engels, Tolstoj, Gandhi, Benjamin, Weil, Bonhoeffer, Caffi, Capitini, Fanon, Mazzolari, Arendt, Bobbio, Anders. Lire 15.000 Marco Lombardo Radice UNA CONCRETISSIMA UTOPIA Lavoro psichiatrico e politica. Lire 12.000 TRA DUE OCEANI Le interviste di "Linea d'ombra" con gli scrittori statunitensi: Barth, Bellow, Carver, De Lilla, Doctorow, Ford, Gass, Highsmith, Morrison, Ozick, H. Roth, Singer, Vonnegut. Lire 15.000 Aldo Capitini OPPOSIZIONE E LIBERAZIONE A cura di Piergiorgio Giacchè. Lire 12.000 Friedrich Schiller IL DELINQUENTE PER INFAMIA A cura di Cesare Cases. Lire 12.000 Goffredo Fofi I LIMITI DELLA SCENA Dal neorealismo all'omologazione. Lire 12.000 "Voices" PRO E CONTRO LA PSICOANALISI Baker Miller, Bentovim, Bettelheim, Chasseguet-Smirgel, Glasser, Green, Griinbaum, Hartman, lgnatieff, Marcus, Mitchell, Pedder, Rieff, Segai, Spillius, Steiner, Turkle, Young. Lire 15.000 M.K. Gandhi SULLA VIOLENZA A cura di G. Pontara. Lire 12.000 Mpri Ogai L'INTENDENTE SANSHO Una antica cronaca rinarrata da un grande scrittore. A cura di M. Mastrangelo e M. T. Orsi. Lire 12.000 • GiintherAnderseClaudeEatherlyILPILOTADIHIROSHIMA Ovvero: La coscienza al bando Prefazione di Bertrand Russell e Robert Jungk. Lire 12.000 Rafael Sanchez Ferlosio LA FRECCIA NELL'ARCO Contro gli alibi ideologici del nostro tempo. A cura di Danilo Manera. Lire 15.000 Julio Cortazar ULTIMO ROUND e altri scritti politici. A cura di A. Mariottini e E. Franco. Lire 12.000 Carmelo Bene A BOCCAPERT A Una partitura per il cinema Lire 12.000 Giustino Fortunato I GIUSTIZIATI DI NAPOLI DEL 1799 Persuasione etica nella politica: una rivoluzione e la sua sconfitta. A cura di Vittorio Dini. Lire 12.000 AA.VV LA SOCIETÀ DEGLI AMICI IL PENSIERO DEI QUACCHERI, dalla fine del Seicento ai giorni nostri. Lire 12.000 Ramon Pérez de Ayala LA CADUTA DELLA CASA LIMONES. Seguito da LUCE DOMENICALE, due storie d'amore e di passione. Lire 12.000 DALLE STELLE AL PENSIERO Conoscenze attuali sul passato e l'ambiente del genere umano. H. Reeves, A. M. Celan Sengor, J. Reisse, H. Tobien, Y. Coppens, E. Morin. Lire 12.000 Luis Buiiuel I FIGLI DELLA VIOLENZA Un capolavoro della storia del cinema. Lire 12.000
Aldo Palazzeschi DUE IMPERI ... MANCATI. Una dura requisitoria contro la guerra, da parte di un poeta reduce dalla prima guerra mondiale. pp. 192, Lire 15.000 Diane Weill-Ménard VITA E TEMPI DI GIOVANNI PIRELLI La biografia di un intellettuale atipico: i suoi dilemmi e le sue scelte politiche e culturali. pp. 192, Lire 15.000 Gaetano Salvemini I PARTITI POLITICI MILANESI NEL SECOLO XIX. I saggi e gli interventi di un grande storico su un passato che può contribuire a spiegare il nostro presente. pp. 224, Lire 15.000 GLIARATORIDELVULCANO Razzismo e antisemitismo, a cura di Alberto Cavaglion Saggi e interventi di: Anders, Calvino, Cases, Cavaglion, Debenedetti, Flaiano, Forster, Giacchè, Leo Levi, Pasquali, Pea, Pera, Saba, Enzo Sereni, Vidal-Naquet. pp. 208, Lire 15.000 Piero Calamandrei UOMINI E CITTÀ DELLA RESISTENZA La Resistenza come lotta di liberazione e lotta di popolo, nei discorsi e nelle commemorazioni di un grande giurista. pp. 238, Lire 15.000 Riccardo Bauer LA GUERRA NON HA FUTURO Saggi di educazione alla pace: le tattiche e le strategie, le tecniche e gli strumenti per costruire insieme un mondo meno intollerante. A cura di Arturo Colombo e Franco Mereghetti. pp.128, Lire 12.000 Salman Rushdie ILMAGODIOZ Un grande scrittore analizza e discute un classico del cinema musicale e fiabesco. pp. 96, Lire 12.000 Soren Kierkegaard BREVIARIO L'etico, l'estetico, il religioso: alle origini dell'esistenzialismo. A cura di Max Bense. pp. 96, Lire 12.000 PER ELSA MORANTE La narrativa, la poesia e le idee di uno dei maggiori scrittori del '900. Parlano: Agamben, Berardinelli, Bettin, Bompiani, D'Angeli, Ferroni, Garbali, Leonelli, Lollesgaard, Magrini, Onofri, Pontremoli, Ramondino, Rosa, Scarpa, Serpa, Sinibaldi. pp. 272, Lire 15.000 SCRITTORI PER UN SECOLO 151 fotoritratti e 104 fotografie di contesto storico e biografico a cura di Goffredo Fofi e Giovanni Giovannetti. pp. 338, Lire 18.000 ------------------------------------ I volumi sono distribuiti nelle migliori librerie dalla Giunti di Firenze. Per riceverli a casa inviare (anche per fax al n. 02-6691299) questa cedola compilata in tutte le sue parti COGNOME--------------- INDIRIZZO NOME------------------- CAP -------- CITTÀ PROFESSIONE------------------------ ETÀ VOGLIATE INVIARE I SEGUENTI VOLUMI--------------------------- Indico le modalità di pagamento (senza aggiunta di spese postali) O Assegno (bancario o postale n. banca--------- in busta chiusa) O Avvenuto pagamento su c/c postale n. 54140207 intestato a Linea d'ombra in data __________ _ O Vi autorizzo ad addebitarmi la cifra di L._____ su carta di credito n. _________ scad. __ _ O Carta O Sì O Visa O Mastercard O Eurocard intestata a ---------------------- Firma L--------------------------------------~
Direi/ore: Goffredo Fofi Direzione editoriale: Lia Sacerdote Gruppo redazionale: Mario Barenghi, Alfonso Berardinelli, Paolo Bertinetti, Gianfranco Benin, Francesco Binni, Marisa Bulgheroni, Gianni Canova, Marisa Caramella, Grazia Cherchi, Riccardo Duranti, Bruno Falcetto, Marcello Flores, Fabio Gambaro, Piergiorgio Giacchè, Filippo La Porta, Gad Lerner, Marcello Lorrai, Luigi Manconi, Danilo Manera, Bruno Mari, Roberta Mazzanti, Paolo Mereghetti, Santina Mobiglia, Maria Nadotti, Marco Nifantani, Oreste Pivetta, Giuseppe Pontremoli, Fabio Rodrfguez Amaya, Marino Sinibaldi, Paola Splendore, Emanuele Vinassa de Regny. Collaboratori: Damiano D. Abeni, Adelina Aletti, Chiara Allegra, Enrico Alleva, Livia Apa, Guido Armellini, Giancarlo Ascari, Fabrizio Bagatti, Laura Balbo, Alessandro Baricco, Matteo Bellinelli, Stefano Benni, Andrea Berrini, Giorgio Bert, Lanfranco Binni, Luigi Bobbio, Norberto Bobbio, Marilla Boffito, Giacomo Borella, Franco Brioschi, Giovanna Calabrò, Silvia Calamandrei, Isabella Camera d'Afflitto, Rocco Carbone, Caterina Carpinato, Bruno Canosio, Cesare Cases, Francesco M. Cataluccio, Alberto Cavaglion, Roberto Cazzola, Francesco Ciafaloni, Luca Clerici, Pino Corrias, Vincenzo Consolo, Vincenzo Cottinelli, Alberto Cristofori, Mario Cuminetti, Peppo Delconte, Roberto Delera, Stefano De Matteis, Piera Detassis, Vittorio Dini, Carlo Donolo, Edoardo Esposito, Saverio Esposito, Giorgio Ferrari, Maria Ferretti, Ernesto Franco, Guido Franzinetti, Giancarlo Gaeta, Alberto Gallas, Nicola Gallerano, Giovanni Galli, Roberto Gatti, Filippo Gentiloni, Gabriella Giannachi, Giovanni Giovannetti, Paolo Giovannetti, Giovanni Giudici, Bianca Guidetti Serra, Giovanni Jervis, Roberto Koch, Stefano Levi della Torre, Mimmo Lombezzi, Maria Madema, Maria Teresa Mandalari, Edoarda Masi, Roberto Menin, Renata Molinari, Diego Mormorio, Antonello Negri, Grazia Neri, Luisa Orelli, Maria Teresa Orsi, Armando Pajalich, Pia Pera, Silvio Perrella, Cesare Pianciola, Guido Pigni, Giovanni Pillonca, Bruno Pischedda, Pietro Polito, Giuliano Pontara, Sandro Portelli, Dario Puccini, Fabrizia Ramondino, Michele Ranchetti, Marco Restelli, Marco Revelli, Alessandra Riccio, Alberto Rollo, Paolo Rosa, Roberto Rossi, Gian Enrico Rusconi, Nanni Salio, Luigi Sampietro, Paolo Scarnecchia, Domenico Scarpa, Maria Schiavo, Franco Serra, Francesco Sisci, Joaqufn Sokolowicz, Paolo Soraci, Piero Spila, Antonella Tarpino, Fabio Terragni, Alessandro Triulzi, Gianni Turchetta, Federico Varese, Bruno Ventavoli, Tullio Vinay, Itala Vivan, Gianni Volpi. Proge110grafico: Andrea Rauch/Graphiti Redazione: Lieselotte Longato Abbonamenti: Natalia Delconte Pubblicità: Miriam Corradi Esteri: Pinuccia Ferrari Produzione: Emanuela Re Amministrazione: Patrizia Brogi Hanno conlribuito alla preparazione di questo numero: Giovanna Busacca, Beata Chmiel, Barbara Galla, Erika Mazzotti e il Goethe Institut di Milano, Michele Neri, Marco Antonio Sannella, Barbara Verduci, la casa editrice e/o, la "Gazeta Wyborcza", le agenzie fotografiche Contrasto, Effigie e Grazia Neri. Editore: Linea d'ombra Edizioni srl - Via Gaffurio 4 20124 Milano Tel.02/6691132. Fax: 6691299 Distrib. edicole Messaggerie Periodici SpA aderente A.D.N. - Via Famagosta 75 - Milano Tel. 02/8467545-8464950 Distrib. librerie POE- Viale Manfredo Fanti 9 I, 50 I37 Firenze - Tel. 055/587242 Stampa Litouric sas - Via Rossini 30 Trezzano SIN - Tel. 02/48403085 LINEA D'OMBRA Iscritta al tribunale di Milano in data I8.5.87 al n. 393. Direttore responsabile: Goffredo Fofi Sped. Abb. Post. Gruppo Ill/70%-Numero 94- Lire 9.000 UNEA D1DMBRA anno XII giugno 1994 numero 94 _ _..C:-=ONTJSTO ___________ ~ _ ____. 4 8 IO li Maria Cristina Ercolessi Maria Luisa Pesante Emilio Tadini Giuseppe Di Lello CONFRONTI Sud Africa: una grande speranza Gli anni Berlusconi Due vedute di Milano Giudici in Sicilia ------------ 21 John Berger 22 Gianni Turchetta 65 Paolo Giovannetti 67 Fabrizio Bagatti 68 Paolo Soraci A proposito di Schindler's List Diari da Sarajevo Le poesie di Franco Fortini Per un ricordo di Gianfranco Ciabatti Tabucchi e Pereira INCON"""T=R;::_I --------~~----- 14 Christoph Hein 18 Abraham Yehoshua 69 Mani Ovadia 71 Pasquale Pozzessere 74 Roger Grenier DALLAPOLONIA 25 Marcello Flores Gustavo Herling 26 Guido Franzinetti 27 Karol Modzelewski 33 Marcin Kr6l 38 41 42 45 49 53 56 59 61 Zbigniew Herbert Krzysztof Metrak Pavel Spiewak Zbigniew Osinski Krzysztof Piesiewicz W. Szymborska, K. Karasek, J. Mikolajewski Katarzyna Bielas Marek Nowakoski Jaroslaw lwaszkiewicz Dopo il "socialismo" a cura di Chiara Allegra seguito da due racconti La responsabilità dell'immaginazione a cura di Alberto Rollo Musica klezmer a cura di Giacomo Barella Il disagio dei figli a cura di Goffredo Fofi Il romanzo incompiuto di Camus a cura di Doriano Faso/i Un'opaca normalità L'assenza del mito La festa è finita Disgregazione e nuovi poteri Incontro con Marcello Flores Chiesa, retaggio, trasformazione Quattro poesie con una nota di Francesco M. Cataluccio Orazione ai frustrati L'indifferenza Il teatro degli anni Novanta Il cinema e il decalogo Incontro con Anna Osm6/ska-Metrak Poesie Il luogo dell'inchiesta Due racconti La caccia al gallo cedrone La copertina di questo numero è di Marco Ceruti. Abbonamento annuale: ITALIA L. 85.000, ESTERO L. 100.000 a mezzo assegno bancario o c/c postale n. 54140207 intestato a Linea d'ombra o tramite carta di credito SI. I manoscrilli non vengono restituiti. Si pubblicano poesie solo su richiesta. Dei testi di cui non siamo in grado di rintracciare gli aventi dirit10, ci dichiariamo pronti a ot/emperare agli obblighi relativi.
4 LEELEZIONIIN SUDAFRICA UNA GRANDESPERANZA MariaCristinaErcolessi Le prime elezioni libere e democratiche del Sud Africa, che hanno sancito la fine del sistema dell'apartheid e il passaggio al governo della maggioranza, sin qui impedita ad esercitare l'elementare diritto a scegliere attraverso il voto i propri rappresentanti e l'esecutivo, si sono svolte in un clima contrassegnato da gravi carenze organizzative, inefficienze della macchina elettorale, una esasperante lentezza nello scrutinio delle schede e sospetti di veri e propri brogli nella provincia del KwaZulu-Natal. Eppure, questo voto - definito "storico" dalla più parte degli osservatori e dei commentatori - rappresenta un piccolo miracolo di capacità politica e negoziale da parte dei maggiori attori politici della scena sudafricana e delle strutture messe in piedi per gestire un processo elettorale che, per la prima volta, doveva consentire a circa venti milioni di cittadini non-bianchi di partecipare pienamente alla vita politica del paese e alle sue scelte. Il "miracolo" delle elezioni sudafricane non può essere pienamente compreso se non si tiene conto di alcuni elementi di fondo, che incorniciano il voto della fine di aprile. Innanzitutto, il clima di estrema violenza che ha segnato la politica sudafricana nei primi anni Novanta, gli anni cioè successivi alla liberazione dalla prigione del leader storico dell' African National Congress (ANC), Nelson Mandela, e del negoziato politico e costituzionale per disegnare i contorni del nuovo ordine politico e istituzionale postapartheid. La campagna elettorale è stata contrassegnata non solo da una prevedibile aggressività verbale e propagandistica tra i partiti in competizione, ma anche da una recrudescenza della violenza in alcune aree del paese, prima tra tutte la provincia del KwaZulu-Natal in cui più feroce è stato lo scontro tra l'Inkatha Freedom Party (IFP), il partito del "nazionalismo zulu" guidato da Buthelezi, e i militanti dell' African National Congress. Una violenza tanto estesa e mortifera (ad ogni weekend si contavano decine di vittime delle due parti) da aver indotto il governo sudafricano - poche settimane prima del voto - ad applicare lo stato d'emergenza nella stessa provincia. La percezione di pericolo, la sensazione che le prime elezioni libere del Sud Africa potessero essere soffocate e impedite da una crescente spirale di violenza politica, è stata acuita, d'altra parte, dai proclami dell'estrema destra bianca paramilitare, che non riconosceva alcuna legittimità alla nuova Costituzione e allo stesso processo elettorale, e che si dichiarava pronta a difendere con le armi il principio all'autodeterminazione all'interno di un piccolo Stato bianco (il Volkstaat), incarnazione anche territoriale del nazionalismo boero. Per tutte le settimane precedenti le elezioni, voci e controvoci si sono rincorse nelle tradizionali roccaforti dell'estremismo bianco nell'Orange Free State e nel Transvaal a proposito di possibili azioni armate contro i seggi elettorali e di attacchi terroristici contro installazioni e infrastrutture economiche. Uno spettro che è parso improvvisamente materializzarsi proprio alla vigilia delle elezioni con le stragi provocate dalle bombe esplose a Johannesburg e a Pretoria e il ritrovamento di numerosi altri ordigni. I contorni della violenza politica durante la campagna elettorale, pur avendo radici profonde e complesse, possono essere descritti come il risultato di una opposizione di fondo tra quelle forze che stavano gestendo il processo di transizione (prima tra tutte I' ANC e il Partito Nazionalista, al potere dal 1948), e le organizzazioni che, come l'Inkatha e l'estrema destra afrikaner, non attribuivano alcuna legittimità alle regole e alle istituzioni della stessa transizione. La possibilità che settori consistenti della popolazione sudafricana (bianca e nera) si autoescludessero dalla competizione elettorale, boicottando le elezioni e più in generale il processo di transizione ad un nuovo ordine politico, ha rappresentato la minaccia più grave alla costruzione della democrazia in Sud Africa: il nuovo sistema democratico e non-razziale sudafricano ne sarebbe risultato amputato e soprattutto çondizionato dal ricatto del ricorso a una persistente violenza pofitica. Ed è proprio su questo fronte che le settimane precedenti le elezioni e pÒÌ la partecipazione al voto e gli stessi risultati elettorali hanno mostrato importanti elementi di contro-tendenza rispetto ad un'evoluzione di scontro violento ed ingovernabilità. Gli elementi di contro-tendenza sono riassumibili in uno sviluppo generale di crescente isolamento di quelle forze, della politica bianca come di quella nera, che per aumentare il proprio potere contrattuale e promuovere i propri obiettivi specifici, di gruppo, hanno agito - per usare il linguaggio sudafricano - come spoilers, cioè "guastatori", del processo elettorale, fino al limite della rottura finale. TIrecupero di queste forze al confronto elettorale, e quindi il loro rientro nel sistema politico definito dalla Costituzione transitoria negoziata tra i partiti e dalla legge elettorale, è stato il risultato sia del prodursi di differenziazioni interne sia, e di conseguenza, di un'intelligente trattativa condotta dall'asse Partito Nazionalista-African National Congress, che non ha peraltro evitato di ricorrere all'imposizione di misure di sicurezza (come iI già ricordato stato d'emergenza nel KwaZuluNatal) per ridurre Io spazio di manovra dei più intransigenti. È noto, ad esempio, che all'interno dell'lnkatha si è sviluppato un confronto tra i sostenitori di una linea di boicottaggio delle elezioni e i fautori della partecipazione al voto, come pure- fatto forse più importante - una crescente distanza tra le posizioni di Buthelezi, leader politico del partito dell'Inkatha, e il re degli Zulu, Gooodwill Zwelithini. Queste contraddizioni interne allo schieramento "zulu" sono state ulteriormente approfondite prima
dall'imposizione dello stato d'emergenza nella provincia, che è parzialmente riuscito a ridurre il livello della violenza, poi dall'offerta di riconoscere costituzionalmente le prerogative della monarchia zulu sulla quale si è fondato l'accordo tra Partito Nazionalista, African National Congress e Inkatha, che ha portato - a nove giorni dal voto - al rientro del partito di Buthelezi nel processo elettorale. Sull'altro fronte, quello della estrema destra bianca, la scomposizione è risultata ancora più evidente. Da un lato, il riconoscimento in linea di principio di un eventuale volkstaat, di un piccolo staterello bianco-boero incarnazione del nazionalismo afrikaner e del suo diritto all'autodeterminazione, ha spuntato le armi dei settori più intransigenti dell'estremismo bianco, portando un suo esponente di rilievo come il generale Constand Viljoen, ex capo delle forze armate sudafricane, a formare un nuovo gruppo politico, il Freedom Front, e a partecipare a pieno titolo alle elezioni. A scegliere cioè una via politica e non militare di difesa e promozione dei "diritti" del volk boero, con la scommessa di riuscire a dimostrare di avere al proprio fianco il grosso della popolazione afrikaner. La formazione del Freedom Front ha esposto l'isolamento, anche ali' interno della destra afrikaner, delle posizioni militariste sostenute soprattutto dal Movimento di resistenza afrikaner (Afrikaner Weerstandsbeweging, A WB) del famigerato Terre'Blanche e dei suoi commandos paramilitari. Ma la carta militare dell'estremismo bianco si era in realtà già rivelata perdente oltre un mese prima della data delle elezioni, quando alcuni manipoli di estremisti bianchi erano accorsi a sostegno della leadership dell'ex bantustan del Bophuthatswana, che aveva tentato con un colpo di stato di riprendersi la propria SUDAFRICA S autonomia dal Sud Africa, ed erano stati 1gnorrumosamente battuti sul campo dall'esercito sudafricano, in una battaglia che sarebbe appropriato definire da operetta se non fosse che, ritirandosi dopo ladisfatta, gli eroici "combattenti bianchi per la libertà" hanno pensato bene di uccidere a sangue freddo alcuni neri che si erano casualmente trovati sulla loro strada. Un fatto, questo, che ha provocato uno shock emotivo difficilmente quantificabile ma probabilmente decisivo per isolare l'estrema destra in un' opinione pubblica bianca che - grazie alla censura sui mezzi d'informazione voluta dall'apartheid - non aveva mai potuto vedere sugli schermi c;lelleproprie televisioni la violenza perpetrata contro i neri dalle forze militari e paramilitari bianche. Ma ancora più significativo è apparso l'isolamento politico dell'estremismo bianco. Nelle tradizionali roccaforti dell'estrema destra bianca boera, nel Transvaal o nell 'Orange, era sufficiente entrare in un qualsiasi seggio (sp-essogestito da bianchi) o in una fila di elettori in attesa di votare o parlare con i grandi farmers bianchi per accorgersi non solo che il volk boero aveva deciso di votare, con buona pace di Terre'Blanche, ma anche e soprattutto che l'idea di un piccolo ·volkstaat in cui rinchiudersi gli pareva tutto sommato anacronistica e irrealistica: un piccolo Stato bianco dotato di quali risorse? e come trasferirvi i propri interessi e proprietà? La "terra boera", insomma, è molto più quella in cui si vive e che si coltiva (la farm) che non un'astrattà entità politica ritagliata sulla carta geografica. E ancora: come fare a mettere assieme la "purezza bianca" del volkstaat con l'elementare necessità pratica della forza lavoro nera? L'accettazione del camFotodi TomStoddort/Kotz/Controsto
6 SUD AFRICA biamento politico da parte del popolo bianco, registrata dalla partecipazione al voto, si fonda quindi su uno stato di necessità o di adeguamento alla realtà più che sulla condivisione di nuovi principi politici e ideali, e comporta un difficile e tormentato adattamento, anche e soprattutto psicologico. Ma non per questo appare meno decisiva, se non altro perché evidenzia quanto i bianchi sudafricani, in specie afrikaner, si sentano appunto sudafricani, ancor più e ancor prima che europei. La necessità di fare i conti con la realtà del proprio paese, di convivere con un cambiamento che non aveva alternati ve e che semmai è arrivato con troppo ritardo, la ricerca - in altri termini - della riconciliazione nazionale era una specie di leitmotiv continuamente ripetuto nel c~ore boero del Sud Africa, pur in mezzo ai timori, alle ansie, ai sospetti, alle previsioni di immaturità dei neri al governo. Questo sentimento, psicologico più che politico, si è del resto espresso con una certa nettezza nel voto: non solo il National party di de Klerk (il "traditore" che ha affossato l'apartheid) ha trascinato con sé il grosso dei consensi bianchi, accreditandosi come la leadership del mainstream, cioè la corrente principale della politica bianca, ma l'ala estrema dello spettro politico bianco, il Freedom Front di Viljoen, attestatosi al di sotto del 3% dei suffragi totali, ha mostrato una scarsa capacità di attrazione e comunque non superiore a quella che la destra conservatrice aveva conquistato negli anni Ottanta, nella fase finale cioè dell'apartheid. Tutti elementi che lasciano pensare che l'estrema destra bianca, quella "politica" come quella "militare", non sarà verosimilmente un fattore politico di rilievo del dopo-apartheid (il che non esclude, ovviamente, che possa produrre azioni di puro terrorismo), soprattutto se il nuovo governo uscito dalle elezioni continuerà a praticare quella strategia -della "mano tesa" che i I nuovo presidente Mandela ha preannunciato fin dai giorni delle elezioni (la disponibilità a trattare e a parlare con tutti, la ricerca del massimo di consenso nazionale). Può essere forse utile notare che il taglio delle "estreme" che il voto popolare ha messo in evidenza vale anche per le formazioni politiche nere: il tradizionale concorrente "a sinistra" dell' ANC, quel Congresso Pan-Africanista (PAC) che ha condotto la campagna elettorale con il vecchio slogan "one white-one bullet" (un bianco-una pallottola) parafrasando la storica rivendicazione dell' ANC (one man-one ballot: un uomo-un voto), è uscito pesantemente ridimensionato dal risultato elettorale, ottenendo poco più dell' 1 % dei suffragi (molto al di sotto delle previsioni della vigilia). Anche sul lato del voto "nero", quindi, le elezioni hanno messo in mostra una tendenza analoga a quella del voto "bianco": l'affermazione di una forza nazionale come I' ANC, espressione del mainstream del nazionalismo africano, della ricerca del massimo di consenso e della riconciliazione della nazione. Certo, I' ANC ha mancato di poco il raggiungimento della soglia dei due terzi dei voti che gli avrebbe permesso di modificare da solo la Costituzione provvisoria, ma non vi sono dubbi sul fatto che I' ANC, e personalmente Nelson Mandela, abbiano raccolto un consenso nazionale tra i neri sudafricani, siano cioè riusciti a presentarsi non solo e non tanto come il partito più accreditato a guidare il paese ma anche e soprattutto come laforza e il movimento storico del nazionalismo africano in Sud Africa, espressione della nazione ed erede a pieno titolo della lotta di liberazione dall'apartheid, e in quanto tale legittimato a governare, in qualche misura al di là dei suoi specifici programmi politici ed economici. Che questo risultato sia da attribuirsi, oltre allo Fotodi TomStoddort/Kotz/Controsto sviluppo delle lotte interne degli ultimi quindici anni circa, al carisma personale di Mandela, al suo proporsi - insieme al presidente uscente de Klerk - come "saggio" della nazione e come "statista" ancor prima che come uomo di partito è un dato di fatto che se è di buon auspicio per la fase di trapasso a un nuovo ordine politico, non mancherà di pesare quando - superata la transizione- I' ANC e la sua leadership si troveranno a gestire la "normalità" della politica e del governo. Già ora, del resto, il quadro della transizione, pre-definito dalla Costituzione provvisoria che prevede la formazione di un governo di unità nazionale per almeno cinque anni (tutti i partiti che hanno conquistato almeno il 5% del voto nazionale hanno diritto ad entrare nel governo, con un numero di ministri proporzionale alla loro forza elettorale), appare destinato a subire l'urto di alcune tensioni. La prima e più importante, anche per gli effetti che potrebbe avere sul terreno della violenza pol_itica,è l' incertezza sulle conseguenze del risultato elettorale del KwaZulu-Natal (con i connessi sospetti di gravi brogli elettorali a favore dell'Inkatha), che equivale in gran parte a una destabilizzante incertezza sul ruolo e sull'atteggiamento futuro di Buthelezi. Al lo stato attuale dello spoglio delle schede elettorali, il partito Inkatha, in virtù dei consensi ottenuti nella provincia del K waZulu-Natal che da sola gli avrebbe dato oltre I '80% del voto nazionale totale, avrebbe superato il 10% dei voti nazionali e avrebbe, d'altra parte, conseguito la maggioranza dei suffragi nella provincia del KwaZulu-Natal, che permetterebbe a Buthelezi di conservare una rilevante fetta di potere nella sua tradizionale roccaforte e di accreditarsi come l'unica consistente forza politica nera in grado di competere con l' ANC. L'interrogativo che pesa sul buon risultato elettorale dell'Inkatha è se questo condurrà Buthelezi a partecipare in modo costruttivo al governo del paese, sia pure in posizione subordinata alla leadership ANC, o se invece l'Inkatha si arroccherà sul potere mantenuto nella sua provincia, per proporsi come l'opposizione al governo di unità nazionale centrato sull'asse ANC-Partito Nazionalista. La questione non è solo di tattica politica: già dai prossimi mesi la Costituzione provvisoria che definisce i termini della transizione ritornerà in discussione e si riaprirà il contenzioso tra i promotori di un approccio federalista, sostenuto dal!' Inkatha di Buthelezi e dallo stesso Partito Nazionalista, e i fautori di una visione unitaria dello Stato sudafricano, promossa soprattutto dall' ANC. L'asse ANC-Partito Nazionalista, su cui si è fondato
l'accordo sulla Costituzione provvisoria e su cui si basa il processo di transizione, potrebbe quindi anche scomporsi nel prossimo futuro e dar vita a nuove alleanze, costruite attorno ai nodi da sciogliere nella definizione dell'assetto definitivo del sistema politico sudafricano. Il ruolo che il Partito Nazionalista intenderà giocare nei cinque anni di governo di unità nazionale che dovranno precedere le prossime elezioni rappresenta quindi la seconda importante incognita. Come si è già accennato, il partito di de Klerk è il secondo grande vincitore delle elezioni: non solo è riuscito a garantirsi la maggioranza dei consensi bianchi, emarginando tanto la destra quanto la tradizionale opposizione liberale del Partito Democratico, ma è riuscito anche a conquistare massicci consensi tra i coloured (meticci), in specie nelle aree urbane, e una fetta non irrilevante di voto nero. Ciò è dovuto in parte alla sua capacità di presentarsi come il nuovo Partito Nazionalista, artefice dell'abbandono del sistema di apartheid e dotato di una leadership più giovane e rinnovata, e in parte ai timori dell'elettorato moderato di tutti i colori per una straripante vittoria dell' ANC. E si è tradotto in un risultato nazionale un po' al di sopra del 20% e in un'importante vittoria, anche simbolica, nella provincia del Western Cape, dove è situata Città del Capo, la capitale parlamentare, "liberal" e cosmopolita del Sud Africa. La tenuta del Partito Nazionalista, il fatto politico che l'artefice del sistema di apartheid non sia stato travolto dalla sua fine ma al contrario esca dalle elezioni come il secondo grande partito della scena nazionale, dotato di un consenso elettorale multirazziale, sottolinea forse più di qualsiasi altro elemento quanto la "rivoluzione sudafricana" (la fine dell'apartheid e l'affermazione del movimento di liberazione come forza-guida del paese) sia avvenuta nel segno della "continuità". Il presidente uscente F.W. de Klerk sarà il secondo vice-presidente del paese per i prossimi cinque anni; il Partito Nazionalista potrà contare su 6-7 ministeri nel governo, amministrerà l'importante provincia del Western Cape e sarà associato ad alcuni governi provinciali pur conquistati dall' ANC (la Costituzione provvisoria prevede per le amministrazioni delle province un meccanismo di governo di unità simile a quello stabilito a livello nazionale). Se, ancora una volta, questo esito sottolinea quanto l'accordo politico negoziato tra le parti sia stato determinante per disegnare i confini della transizione, esso offre al Partito Nazionalista una grande occasione per presentarsi nel prossimo quinquennio contemporaneamente come il più efficace difensore degli interessi e della posizione della popolazione bianca, come la formazione politica dotata della maggiore capacità di penetrare in un elettorato multirazziale, e infine come il rappresentante più credibile del rinnovamento nella continuità. La scommessa, praticamente esplicita, è di potersi ricostruire come forza di maggioranza relativa da qui alle prossime elezioni tra cinque anni erodendo il consenso di un ANC che dovrà confrontarsi con le sfide del governo e con le molte promesse di miglioramento sociale ed economico della popolazione nera che il movimento di Mandela (va detto, più che lo stesso Mandela) ha lanciato nella campagna elettorale. Appare quindi del tutto prevedibile che il Partito Nazionalista si muoverà sul doppio binario di garantire la governabilità, in partnership con l' ANC, ed agire come partito di opposizione, in concorrenza con il partito di Mandela. E davvero, da questo punto di vista, le elezioni politiche decisive saranno in Sud Africa quelle del 1999. SUDAFRICA 7 Non deve sorprendere, quindi, il sollievo apparentemente paradossale con cui la leadership dell' ANC e personalmente il nuovo presidente Nelson Mandela hanno accolto la notizia ufficiale che l' African National Congress non aveva ottenuto quel 67% dei voti che gli avrebbe conferito un quasi-monopolio sulla politica e sul governo del paese. La parola d'ordine dell'unità nazionale, della cooperazione e della riconciliazione non rappresenta infatti solo un imperativo della ricostruzione e dello sviluppo o una garanzia contro l'eventualità di una riacutizzazione dello scontro sociale e razziale interno. Costituisce, più fondamentalmente, la premessa per un riallineamento delle forze interno ali' ANC vincitore e perno del governo. Le molte anime del movimento, frutto di una storia che data la sua nascita al 1912 e che è segnata da quasi trent'anni di esilio e clandestinità come pure- nell'ultimo decennio-dalla conduzione di uno scontro sociale acutissimo, non tarderanno a rimettersi in movimento nello scenario post-elettorale. E la posta in gioco sarà la trasformazione del movimento storico del nazionalismo nero sudafricano in partito di governo senza perdere la sua capacità di rappresentare la nazione tutta (cosa che ha saputo fare con grande saggezza e capacità di leadership il presidente Mandela), e soprattutto in partito del buon governo, risolvendo la difficile equazione di garantire al tempo stesso democrazia e diritti sociali ed economici,, crescita economica, efficienza e trasparenza amministrativa, redistribuzione dei vantaggi a favore di una popolazione nera marginalizzata da oltre quarant'anni di apartheid ma anche socialmente.differenziata e politicamente molto mobilitata.
8 ITALIA'94 LA GRANDE BOLLEffA DELLA LUCE DOPOLEELEZIONI MariaLuisaPesante "Le sinistre che ci hanno governato negli ultimi cinquant'anni, con la complicità, bisogna dire, del consociativismo democristiano ...": così racconta la storia dei nostri ultimi anni la versione imperiale del telegiornale Fininve·st prodotta da "Tunnel". È un racconto appena leggermente diverso da quello che tutti gli esponenti del raggruppamento delle destre che ha vinto le elezioni fanno, con grande costanza e uniformità sorprendente, in tutte le occasioni. Poiché questo modo di raccontare la storia non è semplice propaganda, vale la pena di rimetterne in fila i passaggi. Il racconto dice dunque che gli ultimi cinquant'anni ,òella nostra storia hanno visto il dominio di un regime consociativo, Fotodi Gin Angri/Grazio Neri. che ha monopolizzato tutti i mezzi di comunicazione, ha imposto un'egemonia culturale che ha impedito l'espressione di una fisiologica cultura di destra, ha occupato l'amministrazione dello stato e della giustizia, e ha oppresso e depresso le capacità della libera imprenditoria italiana. Questo regime è finalmente affogato nella corruzione e nel disastro economico che ha prodotto. Ma la vera opposizione esistente nel paese ha saputo garantire una transizione pacifica alla seconda repubblica. Imporre questa visione del come siamo arrivati all'attuale situazione è un'operazione necessaria di legittimazione per un progetto politico. È opportuno avere chiara la connessione tra il racconto e il progetto. La costituzione italiana è una costituzione rigida, cioè una costituzione che contiene vari dispositivi volti a qualificare, rallentare, limitare le possibilità di cambiare le sue
norme. L'attuale maggioranza parlamentare, che desidera cambiare radicalmente quella costituzione, che è la forma storica della democrazia in Italia, l'unica democrazia che abbiamo mai conosciuto, si trova quindi davanti a numerosi ostacoli. Con grande consapevolezza, vari esponenti di Alleanza nazionale hanno detto che uno dei vincoli fondamentali da cambiare è la rigidità stessa della costituzione. In effetti una costituzione rigida si presenta in maniera particolarmente chiara come la formalizzazione di un momento normativo, di una costellazione storica di forze e di valori a cui viene attribuito uno status particolare. È, in altre parole, un tentativo di limitare e rallentare il potere di una maggioranza, in momenti non eccezionali, di manipolare tutto ciò che vuole. Il lettore ricorderà che la madre delle costituzioni, quella americana, non è semplicemente rigida: è, in linea di principio, non modificabile, ma solo emendabile. Di conseguenza chiunque voglia cambiare radicalmente la nostra costituzione senza seguire la procedura prevista, che richiede l'elezione di una costituente, non di un parlamento normale, deve presentare l'attuale momento come eccezionale, deve raccontare di un regime e della sua fine, quindi di una rifondazione dello stato senza riconoscere limiti dati dalla continuità costituzionale. Perciò è necessario raccontare che si è trattato di un vero regime, e che esso è derivato direttamente dalla consociazione del CLN che produsse la costituzione. Questa operazione non è improvvisata. Ne abbiamo già visto una prima fase nel torbido periodo della fine della presidenza di Cossiga, quando il difensore della costituzione si esercitava in ricostruzioni del consociativismo della lotta di resistenza, di cui erano venuti meno i presupposti, si diceva, in alleanza con il Miglio dello "sbrego della costituzione". Essa viene ora condotta sistematicamente, e con il giusto tono di chi dice cose ovvie, non di chi piccona furiosamente; sta diventando un visione largamente accettata. I progressisti si trovano in grande difficoltà a contrastare questa neostoria, a causa insieme dei proprii meriti e dei propri i torti. I progressisti (uso volutamente questa dizione per indicare una costellazione di uomini e forze politiche che da ben prima delle ultime elezioni hanno condotto una comune battaglia) hanno denunciato per anni il "regime" democristiano centrato sulla "conventi o ad excludendum" il partito che ora viene presentato come il massimo responsabile del consociativismo, e sul connesso rifiuto di attuare interamente la costituzione nella sua parte programmatica. Ma a partire dal 1975-76 ( un momento in cui le forze elettorali del centro e della sinistra approssimativamente si equivalgono) il Pci è effettivamente in grado di entrare in molti luoghi del governo del paese e di contrattare molte scelte di governo. La prima delle difficoltà a rispondere alla storia raccontata dalla destra sta nella incapacità dei progressisti di distinguere i grandi risultati ottenuti e gli altrettanto grandi guasti prodotti dalla scelta storica del Pci di entrare in quel gioco. Ma dovrebbe essere chiaro che si tratta di valutare quella scelta, dentro il grado di libertà dato, non di giocare con la fatuità del grande concorso volti nuovi per leader progressista. Il secondo passaggio della difficoltà a rispondere sta nella configurazione degli eventi e delle scelte politiche a partire dall'inizio del 1992. In quell'anno ai cittadini italiani venne presentato il quadro giudiziario di una corruzione politica e amministrativa che i progressisti denunciavano da anni, e che però i cittadini italiani, pur convinti della sua esistenza, tolleravano al punto che anche nel parlamento eletto nella primavera di ITALIA'94 9 quell'anno i partiti che ne erano i massimi responsabili avevano una maggioranza. Ma contemporaneamente venne presentato il conto economico da pagare per gli effetti di quella gestione corrotta della cosa pubblica. I cittadini italiani hanno cominciato a interrogarsi piuttosto sul modo di evitare di pagare il debito, che sul modo di risolvere la situazione ed evitare che si riproponga in un immediato futuro. Con il sostegno al governo Ciampi il Pds ha segnalato che accettava le proprie responsabilità e riconosceva la necessità di pagare il prezzo della scelta di stare in Europa. Il polo delle destre ha detto invece ai cittadini italiani che non c'era bisogno di pagare nulla, più precisamente, che avrebbe pagato qualcun altro. Da questo punto di vista la distinzione delle tre forze politiche che insieme hanno vinto le elezioni è una parte essenziale del loro successo. Ognuna ha potuto dire a un settore diverso dell'elettorato che toccava a qualcun altro di pagare. Una parte dell'elettorato del Sud ha capito talmente bene di essere il destinatario della cambiale che contro ogni aspettativa ha votato per i progressisti. Ma nel complesso l'operazione è sufficientemente riuscita, grazie a due scelte. In prim0 luogo Berlusconi non ha esitato a trarre le conseguenze del fatto che, una volta caduta l'Unione sovietica e quindi l'esclusione della sinistra, l'unico modo per impedirne la vittoria elettorale era scongelare simmetricamente i \loti della destra, legittimandola al governo. L'apertura al Msi è stata la mossa cruciale, prima della candidatura vera e propria al governo. Ma questo partito non avrebbe ricevuto tutti i voti che ha avuto se 'non fosse stato presentato come partito di governo. Il secondo fatto è che la maggioranza relativa degli elettori ha scelto la forza di centro che garantisce il massimo di continuità sul terreno della mescolanza tra affari e politica, che rende la mescolanza dichiarata e legittima. Neppure per paradosso i progressisti di fronte a questa configurazione dovrebbero lasciarsi andare a dire che c'è da rimpiangere perfino il vecchio regime, a fare la santificazione della Jervolino, per quanta simpatia si possa provare per avversari che perdono con maggiore dignità di quanta abbiano avuto quando vincevano. Il nuovo regime è la prosecuzione dell'antico con altri mezzi, e il residuo elettorale della Lega, che è l'unico elemento difforme, ne è un ostaggio. Tutti e tre i pezzi hanno un interesse vitale a compiere rapidamente lo sbrego della costituzione: la Lega per il federalismo; Alleanza nazionale per la sua particolare forma di presidenzialismo, che maschera l'avversione a qualunque potere parlamentare; Forzitalia perché gli affari che si fanno Stato senza interferenza da parte delle leggi sono incompatibili con qualsiasi costituzione liberale, con qualsiasi stato di diritto. La storia che vanno raccontando mira a costruire il senso comune che, in una situazione priva di qualsiasi urgenza costituzionale, legittimi Io sbrego. Rispondere distinguendo adeguatamente dentro la nostra storia non è per i progressisti un esercizio accademico, bensì un'esigenza altrettanto vitale di contrastare la manipolazione. Per i progressisti non meno che per la destra la credibilità di fronte agli elettori per il futuro non può essere separata da un'adeguata spiegazione del proprio passato. Altrimenti succederà quello che minaccia dai teleschermi i I candidato Loche che, una volta passate le elezioni, rifiuta con sempre maggior insofferenza le richieste di fare il miracolo: "Anche se voi non vi volete collegare con noi, noi ci collegheremo con voi, ma la grande bolletta della luce la pagherete voi".
1O ITALIA'94 DUEVEDUTEDI MILANO EmilioTadini 1. Una volta ho visto Milano illuminarsi di colpo, nel buio. Una notte, verso la fine del mese di aprile del 1945, dopo la Liberazione. Finito, l'oscuramento. Tutti i lampioni si sono accesi insieme-sui vicoli, sulle strade, sui viali, sulle piazze. Pensandoci, mi sembra addirittura di avere potuto percepire la successione tra l'accensione improvvisa di quei punti luminosi e l'effondersi della luce nel!' intero spazio della città. Una astronave! Una astronave gigantesca che si fosse manifestata all'improvviso dove prima, nell'oscurità, una forma la si poteva soltanto ricostruire con l'immaginazione appassionata e coscienziosa di un cieco. Era come se potessi vederla, Milano, per un momento, da fuori, dall'alto. Come se ci stessi volando sopra. Mai fuochi artificiali, in vita mia, mi sarebbero sembrati più clamorosi, più folti. Si davano balli, a Milano, nei cortili, le notti dopo l'esplosione di quella luce poco meno che mitica. Notti di fine aprile, e poi di maggio. Uomini e donne magri, molto magri, un po' alterati da qualche bicchiere di pessimo vino nero che gli tingeva le labbra, scoprivano, sorridendo, dentature da scheletri, intatte, eccessive. Ballando, giravano nei cortili, facevano finta di andare a sbattere contro le sedie degli anziani che stavano a guardare, incespicavano davvero nella pedana dei suonatori. I bambini gli scivolavano in mezzo alle gambe. Qualcuno, in alto, si affacciava come un burattino a una finestra, gridava parole incomprensibili, si rispondeva da solo. Bisogna fare attenzione, certo, con i ricordi. A tradimento, melensi e ferocissimi, possono tranquillamente far rimbambire il ricordante, possono ridurlo a clown inconsapevole, pericoloso a sé e agli altri. Prudenza, ci vuole. Diffidenza, addirittura. Ma allora, in quel mese di aprile, in quel mese di maggio del 1945... Altro che prudenza, altro che diffidenza! Chiamati, tutti! Precettati! La Storia, in persona, ci dirigeva, ci metteva in scena. Come un regista, in alto, sulla gru, che con poche parole amplificate dal megafono dirige le sue comparse, e le manda dove vuole, docili ed entusiaste, da una parte e dall'altra del set, e gli grida di agitarsi, di sbracciarsi, di fingere, meglio che possono, di vivere e di morire. L'astronave Milano, insomma, per qualche mese, di giorno e di notte, ha continuato a planare leggerissima, lontana migliaia di miglia da ogni ormeggio, da ogni porto. Le macerie dei bombardamenti, malgrado l'aria gelida e il cattivo odore che venivano fuori dalle cantine scoperchiate, avevano un'aria pulita. Come si dice, certe volte, durante la medicazione, dopo aver tolto la benda: "Una bellissima ferita!". Sciocchezze uscivano dal la bocca dei giovani scintillando come bolle di sapone, una via l'altra. Fumetti, in qualche storia senza capo né coda. Mai corpi- carneeossaetuttoil resto-orbitavano senza errori da una parte all'altra delle piazze sconquassate. La verità? Non se ne aveva la più pallida idea. Congetture insostenibili, progetti improbabili, giudizi da pazzoidi ... Ma il modo di guardare, anche soltanto il modo di guardare, o il modo di correre, per esempio, quella mania istintiva di mettere in ogni gesto un po' più dell'energia necessaria, e poi quelle stanchezze improvvise che cadevano come una mannaia, quei languori pesantissimi di cui tutti, nel gruppo, sembravano complici, addi1ittura custodi scrupolosi ... Se non era la verità, per un momento deve averle assomigliato. La figura era quella. 2. L'Istituto Marchiondi, per ragazzi "difficili" e per minori colpevoli di reati, a Mi !ano, è ospitato, fino agi i anni del dopoguerra, in un lugubreedificiodi via Quadronno. Una prigione vera e propria. Nel 1952 viene bandito un concorso per costruire un nuovo complesso, a Baggio. Il concorso - della giuria fa parte anche l'architetto Muzio - è vinto dall'architetto Vittoriano Viganò, allora poco più che trentenne Viganò progetta e costruisce una tra le più belle architetture contemporanee di Milano. Un corpo per i dormitori, la mensa e la sala di ri·unione,un corpo per le scuole, uno per i laboratori, uno per alloggiare gli istruttori. Volumi articolati e limpidissimi. La verità dei materiali manifestata pulitamente. Molta luce. C'è un particolare significativo. La struttura portantedell' edificio principale, in cemento armato, si prolunga nel verde. Una specie di porticato senza soffitto. Come se la cultura volesse penetrare nella natura, regolarla, ordinarla. Ma anche come se fra natura e cultura non ci fosse soluzione di continuità. Come se si desse-si figurasse - un punto indefinito e sensibile dove cultura e natura si fondono, si trasformano una nell'altra. Per i giovani ospiti del Marchiondi doveva essere.una piccola, silenziosa lezione quotidiana di etica e di estetica nello stesso tempo. Bene. Un capolavoro. Ma se andate a Baggio, vedrete come lo hanno ridotto, ilMarchiondi ...Aparte ilcorpo delle scuole elementari, dove sono in funzione due scuole professionali con laboratorio - di ortodonzia e di ortopedia - il resto è in uno stato di abbandono, di degrado, addirittura ripugnante. Una rappresentazione del cattivo governo, davvero. Esemplare. Muri scrostati, le prime piantine che crescono nelle fessure dei pavimenti, cumuli di spazzatura, di relitti ... Sul tetto, l'impermeabilizzazione sta andando a farsi benedire. Pozzanghere si allargano sui pavimenti. Il disegno straordinario dell'interno è imbrattato, cancellato, alterato. UnaPompei distrutta da una eruzione di incuria, di ottusità, di volgarità. Riscoprirla non genera stupore, ma disgusto. Ci sono stanze in cui, la notte, vanno a dormire gli immigrati senza casa, i tossicomani. In corridoio, cagate disposte in fila, a intervalli regolari. Dentro, nelle stanze, cumuli in disordine di coperte puzzolenti. Per terra, vicino a uno di quei cumuli, una accetta. "La mia casa è il mio castello." Non lontano, una sala bruciacchiata da un incendio. Lo hanno appiccato durante uno scontro, sanguinoso, tra spacciatori e tossicomani. Si potrebbe anche lasciarlo così com'è, il Marchiondi, preservandolo nel suo stato attuale. Sarebbe una visita istruttiva. Da portarci lescolaresche. "Questo, hanno fatto!" L'inferno a portata di mano. Una caso analogo c'è. A Mosca. Lì, la "Casa comune", il capolavoro razionalista di Ginsburg, sta andando in rovina allo stesso modo. Anche qui, si vedebenissimoche i barbari sono arrivati dall'interno, da dentro i confini. Ne avevano salvato solo un piccolo corpo, della "Casa comune". Era l'edificio dove il KGB aveva installato gli impianti per controllare acusticamente la vicina ambasciata degli Stati Uniti. Alla luce del sole. Con ufficiali in maniche di camicia e berretto che, tra un ascolto e l'altro, andavano a fumarsi in santa pace una sigaretta passeggiando nei giardinetti. Si potrebbe fare un bel gemellaggio Milano-Mosca, MarchiondiCasa comune ...
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==