scala ridotta: sono qui dunque già poste le fondamenta della moderna cartografia che consiste -appunto- in rappresentazioni in scala, ridotte e simboliche della superficie terrestre. Una delle colline del papiro - però - corrisponde a un effettivo raggruppamento di rilievi ai piedi dei quali sono stati rinvenuti depositi d'oro. Come la gran parte delle carte dell'antico Egitto, la rappresentazione in questione è orientata verso sud, cioè verso le sorgenti sacre del Nilo. La scala non è costante ( I cm sulla carta può equivalere a 50 oppure a 100 m sul terreno): è stata infatti scelta una riduzione variabile, probabilmente in funzione dell'importanza degli "oggetti" da rappresentare. Mal' interpretazione più importante di queste carte risulta quella· geologica, che permette di rivelare come si tratti del primo esempio di carta-immagine (tematica) messo insieme dall'uomo per avere uno strumento di conoscenza mirata del territorio. Nella carta vengono addirittura raffigurati sei diversi gruppi di rocce, peraltro differenti rispetto a quelli che vi si ritrovano oggi (graniti, rocce vulcaniche e metamorfiche molto antiche e arenarie, oltre alla coltre alluvionale portata dalle sporadiche inondazioni dello uadi Hammamet) e che vengono rappresentate sulle carte geologiche con colori convenzionali, ormai diversi dai colori reali delle rocce. (Nelle carte geologiche ogni periodo di tempo ha la sua scala cromatica, che è ali' incirca la stessa per rocce della stessa età di tutto il mondo, a prescindere dal tipo di roccia di cui si tratti.) Per gli antichi scribi che tracciarono la carta, invece, la caratteristica più importante doveva essere proprio il colore con cui le formazioni rocciose apparivano da lontano agli occhi del viaggiatore che si inoltrava nel Sud del paese. Così le colline color rosa si riferiscono a graniti o a rocce vulcaniche; ci sono poi anche altre colline colorate in rosa, ma con lunghe strisce radiali colorate in marrone che rappresentano depositi arricchiti in ferro e vene d'oro; infine ci sono anche rilievi marrone-scuro o neri che corrispondono a rocce sedimentarie. Lungo la valle torrentizia dello uadi le piccole macchie in colore rappresentano depositi alluvionali. La descrizione dei depositi d'oro (una specie di legenda) riportata sul retro del papiro parla di "montagne d'oro" oppure di "montagne d'oro bianco"; in questo caso forse si tratta di oro e argento oppure di altri minerali dal riflesso metallico come la galena. Vengono menzionate poi anche "montagne nelle quali l'oro viene lavorato" in riferimento agli insediamenti per il trattamento che erano stati impiantati lì da tempi ancora più remoti. Ci piace immaginare, però, che per alcuni degli scribi la stesura di quel papiro significasse anche tracciare una nuova frontiera nel Sud del loro grande paese, una frontiera per il momento molto "fisica", ma non così lontana dallafrontier dell'occidente nordamericano ali' inizio del XIX secolo. Tracciare il confine significava - e significa - possederlo, difenderlo, rendere noto a tutti fino a dove ci si può spingere materialmente e da dove si può cominciare a sperare o a fuggire. La mappa fornisce altre informazioni sul territorio, prima fra tutte la presenza di cisterne e pozzi per l'acqua. Non si tratta di acqua per uso personale quanto piuttosto di uno dei primi esempi di immagazzinamento per uso industriale: l'acqua serviva infatti a separare il minerale dal resto della roccia. È possibile riconoscere sulla carta anche i siti dove la roccia veniva fracassata e preparata per essere poi setacciata e i luoghi in cui venivano accumulati i residui della lavorazione. Che il papiro fosse concepito come una carta sul tema "conoscenza e utilizzo del territorio" risulta chiaro anche dalla ubicazione di alcune cave, tra cui riveste particolare importanza la cava della cosiddetta bekhenstone, forse la pietra ornamentale più diffusa nell'Egitto dei Faraoni. Le carte geografiche sono sempre state elaborate dall' intellighenzia delle società più svi luppatee la produzione cartografica SCIENZA/ TOZZI 75 di una civiltà ne misura direttamente il grado di evoluzione: quindi gli autori del papiro Drovetti sono evidentemente scribi-intellettuali del Nuovo Regno che attraverso la carta ci offrono molti elementi del proprio universo mentale attraverso l'esposizione dell'universo fisico appena conosciuto. Questo tratto di marcata maturità della rappresentazione cartografica non deve far perdere di vista il suo carattere spontaneo: rappresentare l'ambiente è da sempre più immediato che scrivere, l'uomo di Altamira forse non conosceva l'alfabeto, ma certo sapeva disegnare un territorio di caccia. Carte geografiche e carte geologiche Non sappiamo se lo scriba tebano Amennakthe (probabile autore del papiro di Torino), intellettuale del Nuovo Regno, si rendessecontodi compilare una carta geologica (ossia un particolare tipo di carta tematica), sicuramente la stesura del documento non doveva avere lo scopo specifico di mettere in luce caratteristiche geologiche modernamente intese. Piuttosto esso potrebbe essere stato uno strumento per aiutare la terza grande spedizione di Ramesse IV a trovare nuove cave di pietra ornamentale e vene aurifere. Ovvero lamappa potrebbe essere stata la fedele registrazione di una di quelle spedizioni. In questo caso essa rappresenterebbe piuttosto una raffigurazione delle aree circostanti la cava della pietra ornamentale, in cui gli scribi misero particolare cura circa la distribuzione areale dei due principali tipi di rocce affioranti, rocce sedimentarie scure e rocce vulcaniche rosa. Se il papiro di Torino si tnostra come una carta geologica e, soprattutto, se funziona come tale (se cioè è possibile andare in giro con quella per localizzare siti e rocce sul terreno), esso costituisce il primo esempio sicuro di questo tipo di carta, antecedente di circa 3000 anni la prima mappa geologica conosciuta finora. Il geologo-scriba in questo caso fornisce autonomamente un tentativo di decodificazione del mondo naturale e, almeno in parte, anche del condizionamento naturale sullo sviluppo dell'inurbamento del territorio. In questo senso la sua funzione è doppia: da un lato, infatti, ricostruisce l'assetto geometrico di una area; dall'altro fornisce gli strumenti ad altri operatori perché le rappresentazioni del territorio possano permetterne una gestione più efficace. Da questo punto di vista Amennakthe può essere considerato l'iniziatore di quel discontinuo processo di incanalamento della visione fantastica della geografia nell'alveo della scienza, processo peraltro mai portato a termine. Geografo o geologo ante litteram che fosse, Amennakthe ben rappresenta un fenomeno di convergenza culturale attraverso l'espressione cartografica ormai comune presso l'uomo dell'Evo moderno. L'esigenza di rappresentazioni ridotte, semplificate e simboliche della realtà naturale è- a tutt'oggi - uno dei migliori esempi di ricerca di un linguaggio comune che permetta a uomini di diversa esperienza culturale di dialogare facilmente "in pianta". Se architetti, geologi e ingegneri possono oggi intendersi meglio davanti a una carta che a parole lo dobbiamo un po' anche agli osservatori di tre millenni fa: può essere piacevole pensare che quel filo perduto poi per secoli sia stato felicemente ritrovato. Non solo: cos'altro è il rilievo terrestre se non l'espressione del lavoro interno della macchina Terra, contrastato dal lavoro esterno dell'atmosfera-idrosfera-biosfera? Una carta geografica è sempredi per sé - una caita geologica: senza averlo compreso, gli antichi Egizi l'avevano forse incosciamente intuito. Siamo ancora lontani dalla trasformazione cosciente (e spesso colpevole) dell'ambiente naturale in territorio organizzato, ma siamo già a una vera e propria conoscenza, incui esperienze e osservazioni organizzate criticamente (per esempio attraverso l'uso dei colori) si traducevano in diffusione presso i contemporanei e in trasmissione ai posteri. Copyright Mario Tozzi 1994.
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