Linea d'ombra - anno XII - n. 93 - maggio 1994

70 VEDERE,LEGGERE,ASCOLTARE sbornia, che ovviamente è solo di alcuni, riescono a far ubriacare quasi tutti gli ispano-parlanti, non gli indios certamente che alla festa partecipano solo per spazzare i pavimenti, i prodotti statunitensi cominciano a soppiantare quelli messicani, e il padre del protagonista si vedrà costretto a chiudere la fabbrica di sapone ormai soppiantata da spumeggianti detersi vi, i politici portano in patria ballerine e cabarettiste e se ne occupano con tanto impegno da elevarle al rango di statiste, si inaugurano opere pubbliche non ancora terminate. Tutto è approssimazione e bellezza, estasi e rimozione. Quando Mariana, la giovane madre di cui è innamorato Carlito, oserà far notare, in un'occasione pubblica, ai politici coi quali è ben intrallazzato il suo amante, finto padre del protagonista, il loro vampirismo sociale, verrà presa a schiaffi e mandata via in malo modo dall'amante ubriaco che le grida " ... come osi, puttana, noi stiamo lavorando per il Messico!", con accento rigorosamente nord-americano. Ma le battaglie nel deserto è anche un testo di grande felicità a11istica,per la sua misura apparentemente semplice e scorrevole, per l'abilità nella sintesi di una società che cambia portando con sé disagi insolubili e ipoc1isie paradigmatiche. Ed anche un testo imbevuto di profonda nostalgia e non della nostalgia per un tempo magico e immacolato, quale certamente non può essere quello raccontato daU' autore.C'è i I senso del tempo che ricicla fenomeni storici e culturali, che ne riproduce il disagiò, che accentua l'angoscia dell'individuo nelle sue fiizioni con la società e c'è ancora il tempo che consuma l'individuo, che gli impedisce relazioni con chi gli stava attorno e non c'è più, con gli indirizzi cambiati, con le esistenze degli alai che dopo essersi toccate sembrano riprendere un loro invisibile corso che le conduce lontano. Ed è proprio qui che viene fuori il dettaglio ossessivo di Pachecoperil nome delle strade, peri palazzi distrutti e1icostruiti, per i mercati che hanno cambiato luogo, per la geografia di una città che come un gigantesco animale continua a mutare e stabilire nuove coordinate, dentro la quale se è vero che l'individuo è portatore di un proprio progetto esistenziale è ancor più vero che molto precisi e vincolanti sono i condizionamenti sto1ici e sociali. Non è strano che molti dei personaggi dello scrittore messicano siano adolescenti turbati, colti nel momento in cui debbono prendere atto di una realtà che è complessa e affatto innocente, o uomini consci del peso preciso del potere sulle loro esistenze e delle sue materializzazioni, siano esse architettoniche, politiche o culturali, evidentissime o sottintese. Alla fine di questo racconto lungo, Mariana, una innocente, una inconsapevole, si uccide e Carlito, bambino che non vuole consapevolezza e finisce per accettarla suo malgrado, ritorna in quella colonia Roma dove la donna viveva e chiede al vecchio portinaiocosasiastatodi lei. Ma non riceve risposta. Il portinaio non si ricorda dell'esistenza di quella tal Mariana, di Jim il figlio non ci sono più tracce e Rosai es, il compagno di scuola che glielo riferisce, ad un gelato preferisce un panino ben imbottito per saziare una fame che non lo abbandona. Rimane la colonia, il quartiere dove la gente va e viene, cambia casa, televisione, musica, abiti, una storia minore ma tragicamente la sola possibile. Rimangono e si rinnovano le materializzazioni dell'inossidabile potere del Partito Rivoluzionario Istituzionale, bandiera eternamente sventolante sulle ambizioni, le promesse e gli inganni di un popolo troppo impegnato a sopravvivere. E 1imane anche la consapevolezza di Carlito che sotto i vulcani di Città del Messico si avvia a diventare un uomo in bilico tra una storia minore che corrompe e disgrega e un'altra Storia ancora da inventare. RAGAZZINI I racconti di J.C. Oates PaoloBertinetti I protagonisti dei sei racconti di Joyce Caro! Oates appena pubblicati dalle Edizioni e/o con il titolo di Figli randagi (pp. 140, lire 24.000) seri tti verso la fine degli anni Sessanta e nei primi anni Settanta, sono figli di quegli anni, segnati da un'aspirazione contraddi(toria e fragile a esperienze e valori che rifiutavano il conformismo, il perbenismo e il puritanesimo dell' ame1ican way of !ife, che volevano esserne l'alternativa e vi restavano invece invischiati. Ma sono, al tempo stesso, i figli dell'America di ieri e di oggi, del suo volto violento, duro e spietato. L'atmosfera di violenza che percorre i libri della Oates le è stata spesso rinfacciata come una colpa, come un compiacimento perverso e calunnioso. "Mi è stato spesso suggerito" dichiarò la Oates alla "New York Times Books Review", "che dovrei concentrarmi su un materiale domestico e 'soggettivo', alla maniera, ad esempio, di Jane Austen e di Virginia Woolf, lasciando agli uomini le grandi tematiche sociali e filosofiche. Il ragionamento implicito è che se la Austen e la Woolf fossero vissute a Detroit sarebbero riuscite a 'trascendere' il loro ambiente e a sc1ivere romanzi senza la minima traccia di 'violenza' ... Se hanno saputo evitare di scrivere su argomenti di ampio interesse sociale nella loro epoca, prosegue il ragionamento, senza dubbio ci sarebbero riuscite anche in questo contesto nuovo e pieno di sfide, e la loro 'femminilità' non ne sarebbe stata danneggiata. La domanda che mi viene fatta [sulla violenza presente.rrei miei libri] è offensiva ... È a tutti noto che uno scrittore serio, a differenza di uno scrittore d'evasione, considera come suoi argomenti naturali la complessità del mondo, i suoi aspetti positivi e i suoi errori: per questo quella domanda è offensiva-e sessista. Lo scrittore serio, in fin dei conti, è un testimone". Joyce Caro I Oates è testimone del suo mondo, di un mondo di cui vede tutta la disperazione, la rabbia, la spinta alla sopraffazione: la disumanità, contJ·o cui si ribella e che denuncia attraverso la sua scrittura. La Oates è una sc1ittrice straordinaria. Per la varietà degli stili, dei registJ·i,delle soluzioni narrative adottate. E per la vastità della sua produzione, che comprende più di venti · romanzi, quasi altJ·ettante raccolte di racconti, una decina di saggi e svariati testi teatJ·ali. È una prolificità da scrittore ottocentesco. E come Dickens e Trollope (soltanto per restare in ambito di lingua inglese) offre un ritratto formidabile, per la diversità degli ambienti descritti e per la capacità di coglierne le caratteristiche, della società in cui vive. Come i grandi romanzieri "social.i" dell'Ottocento ha la capacità - e il coraggio intellettuale - di confrontarsi con gli ambienti e i settori sociali più diversi. I suoi personaggi sono gli abitanti dei quaitieri urbani più poveri e i borghesi delle periferie agiate, gli immigrati e gli accademici, i cittadini delle grandi metropoli e i rappresentanti dello "zoccolo duro" della provincia americana, le femministe convinte e i protestanti integralisti; e gli ambienti, che descrive con acutezza "giornalistica" paii alla sensibilità letteraria con cui li concretizza davanti ai nostri occhi, vanno dal mondo politico corrotto della capitale a quello cialtronesco e ipocrita delle università, da quello della professione

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