58 INCONTRI/ SHAKESPEARE nel romanzo, come ricorderai, io l'avevo già immaginato. E ancora: sai come si chiamava l'amante di Guzman, che hanno preso con lui? Elena! Racconta senza mai fermarsi, appassionandosi sempre di più al suo argomento: quello che espone non è solo lo schema per un lavoro futuro o il risultato di una ricerca appena terminata. È un groviglio di personaggi, di vicende che s'accalcano e s'intrecciano intorno al leader guerrigliero: una lunga storia, piena d'avventura, d'intrigo e passione, che sembra fatta apposta per essere raccontata ad alta voce da un Tusitala redivivo. Mentre parla, lo scrittore armeggia con il telecomando di un apparecchio stereo. L'ha appena comprato, mi dice, non sa bene come funzioni, ma è sbalordito dalle sue potenzialità: in uno spazio di poco superiore a quello di una scatola da scarpe, trovano posto un lettore CD, un registratore a cassette, una radio e persino una piastra giradischi. Per provarlo, inserisce una cassetta di musica andina, dono del Dipartimento di Antropologia dell'Università di Buenos Aires, dove ha tenuto una serie di conferenze: vuole farmi ascoltare un pezzo che gli sta particolarmente a cuore, Ojos azules, la canzone che, nella Visione di Elena Silves, spinge Elena, la monaca che ha visto la Madonna, a fuggire dal convento in cui vive da diciott'anni, per andare alla ricerca di Gabriel Lung, il guerrigliero che ha amato da giovane. Quando riesce a individuarne i primi accordi, Shakespeare interrompe il suo racconto, per invitarmi a immaginare Elena che ode nella notte la musica lamentosa salire dal fiume. Aggiunge, poi, che a lui quella voce così triste, quel ritmo così lacerante danno la pelle d'oca, "anche se, magari," conclude ironicamente, "a chiunque altro fanno venire in mente solo i suonatori ambulanti che si incontrano nelle stazioni della metropolitana!". Mentre lo ascolto raccontare le sue nuove scoperte su Guzman, mentre lo vedo maneggiare il suo stereo con la soddisfazione di un bambino che prova un nuovo giocattolo e poi esaltarsi per uno di quei pezzi di musica and.ina che Lucio Dalla, una dozzina d'anni fa, non esitava a definire "una noia mortale", comincio a pensare che forse i ragazzi bolognesi hanno tanto amato Elena Silves perché vi hanno avvertito una eco dell'entusiasmo contagioso che affascina e sbalordisce nei gesti e nelle parole del suo autore. Mi ha veramente elettrizzato sapere che il mio libro è piaciuto tanto ai tuoi studenti. Noi scrittori scriviamo nel vuoto. Non sappiamo chi ci legge e quale è la reazione del lettore, una volta che il libro è finito. Venire a conoscenza di quel che è accaduto a Bologna, poi, mi ha fatto ancora più piacere perché le notizie sulle vendite di Elena Silves in Italia non erano incoraggianti. Non avrei mai immaginato che da qualche parte in Italia il mio romanzo era il preferito di 95 studenti su 100! Secondo te, quali sono le ragioni di questa scelta? Suppongo che i ragazzi siano stati affascinati dalla storia d'amore e d'avventura; poi c'è la tematica religiosa, lapresunta visione di Elena e, allafine, il trionfo dell'amore umano su quello di vino. Epoi non dobbiamo dimenticare l'ambientazione esotica, l'aggancio con la letteratura sudamericana ... Già, anche qui in Inghilterra, quando uscì, i recensori fecero riferimenti alla letteratura latino-americana e parlarono tutti di realismo magico. Ma a te pare che ci sia realismo magico nel mio libro? No, veramente no. È solo una storia ambientata in Sudamerica. Sai che mentre lo scrivevo mi dicevo: è una follia, nessuno pubblicherà mai un romanzo tutto ambientato in Perù! E adesso che esce la versione spagnola, mi aspetto che i peruviani reagiscano dicendo: perché scrive di noi? Che cosa ne vuol sapere questo straniero della nostra realtà? È la reazione normale, credo: voi italiani probabilmente reagite così ai romanzi di Forster ambientati in Italia. Comunque, perché parlare ancora di Elena Silves? È un'opera prima, un romanzo imperfetto; quando lo rileggo oggi ci trovo un sacco di difetti. Dimmi piuttosto che ne pensi di The High Flyer. Mi piace di più di Elena Silves epenso che sia uno dei migliori romanzi usciti nel '93. È talmente avvincente: pensa che l'ho letto in un paio di giorni e non è certo un romanzo breve! Lo trovi lungo? Sai che ho dovuto tagliare una cinquantina di pagine in sede di editing? L'editore voleva a tutti costi che fosse pronto per la selezione dei migliori giovani scrittori inglesi di "Granta" e così ho dovuto sistemarlo in tempo brevissimo. E poi c'era anche il problema dei personaggi, delle tante storie che si intrecciano. Ero ossessionato dall'idea che ci fossero troppi personaggi: sono esattamente quaranta. Continuavo a contare i personaggi dei romanzi che preferisco e arrivavo a sei, sette; qualche v·olta anche a diciotto o venti, ma mai a quaranta! Avevo paura che non si riuscissero a ricordare tutti, a seguire tutte le loro storie. È un libro che m'è costato uno sforzo enorme. Ci ho lavorato sopra tre anni e solo adesso comincio a riavermi dalla fatica. Perché hai scelto come protagonista un uomo maturo? Volevo scrivere di un inglese, dopo il Perù, e scegliere un inglese maturo è stata un po' una sfida. Elena Silves era un lavoro di pura invenzione, avevo scelto il Perù per distaccarmi il più possibile dalla mia realtà, per evitare la trappola dell' autobiografismo. Tutti i primi romanzi, di solito, peccano di troppo autobiografismo. Era questo che volevo evitare ambientando la mia storia in Perù e raccontando di due peruviani, di guerriglia e di visioni mistiche. The High Flyer, invece, si rifà anche ad esperienze personali, mescola elementi reali alla pura finzione: per esempio, il protagonista è un diplomatico, come mio padre, e anche il personaggio dello scrittore inglese Silkleigh somiglia molto a mio padre, anche se non è mio padre. Una delle cose che sorprendono maggiormente in The High Flyer è la rivelazione del segreto di Catherine, che giunge completamente inaspettata e prende il lettore allo stomaco. Non ci si aspetterebbe che il suo strano comportamento nei confronti del protagonista, che pure ama, fosse causato dal ricordo di ripetuti abusi sessuali subiti nell'infanzia ad opera del padre. Pensi davvero che questa rivelazione arrivi di sorpresa? Non la si intuisce, leggendo il romanzo? Bene, mi fa piacere che abbia un effetto traumatizzante, era quello che mi proponevo. È interessante notare come questa tematica della violenza sui minori e dell'incesto abbia trovato tanto spazio nella narrativa contemporanea. Di recente ho letto due romanzi australiani - entrambi piuttosto inquietanti - che hanno al centro simili situazioni: L'ispettrice delle tasse di Peter Carey e The Last Magician di lanette Turner Hospital. Attualmente si commettono moltissime violenze sui minori in Inghilterra. Tuttavia, non ho inserito questo tema per adeguarmi a una moda né per creare un effetto sensazionalistico. Si tratta, invece, di una storia vera: io ho conosciuto e amato una persona che ha vissuto questa tragedia nella sua infanzia, so quali traumi le ha provocato e quanto le è costato parlarne. Così ho deciso di scriverne proprio come un atto d'amore nei suoi confronti. Mi domando perché, pur volendo scrivere di un inglese, hai scelto di farlo vivere fuori dall'Inghilterra, tra la Spagna e
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