Linea d'ombra - anno XII - n. 93 - maggio 1994

una piega che non mi sarei augurato ma che era diventata indispensabile. All'inizio il progetto era solamente quello di far parlare l'infanzia nella maniera più precisa possibile. Avrei voluto limitarmi a questo e a un personaggio femminile, una giovane donna che ama i bambini ma non gli uomjni adulti. Il mondo che ci circonda, l'atmosfera gretta e triste di questi annj che non sanno e non possono essere felici, si sono infiltrati nel libro quasi da soli. E questi anru proprio non m1piacciono. Perché non le piacciono? Sono anni mediocri, cinici, stretti. Mancano di qualsiasi trasporto epico. Oggi rimproveriamo al passato l'illusione delle ideologie, ma allora almeno c'erano generosità, gusto dell'avventura, voglia di coinvolgersi e partecipare. Tutto ciò adesso è scomparso, viviamo in un periodo senza fantasia e domjnato dal conservatorismo. Forse in Italia meno che in Francia, ma anche da voi questa tendenza è piuttosto marcata. Una delle caratteristiche della sua scrittura è il continuo scambio tra magia dello sguardo e realismo quotidiano che descrive con precisione ambienti, cose, personaggi. .. In tutti i miei romanzi precedenti c'era quasi un ··eccesso di realismo, un'estrema precisione nella descrizione dei dettagli. Ma proprio da questo eccesso di realismo nasceva una sorta di fantastico. Per me infatti realismo e fantastico non sono due nozioru antitetiche, giacché l'uno nasce dall'altro e l'osservazione attenta e Fotodi Silvialelli Masolli Ida Ritratti senza posa, Mazzolla 1985). INCONTRI/ VISAGE 55 minuziosa della realtà provoca necessariamente la nascita di un altro mondo. In fondo, per creare il fantastico è sufficiente cambiare la scala di osservazione o la prospettiva. Se guardiamo il mondo attraverso gli occru di un bambino, o attraverso quelli di una mosca che vola, otteniamo immediatamente una prospettiva fantastica. In Bambini il punto di vista è fondamentale: il fantastico e l'onirismo non sono mai il risultato di un atteggiamento cerebrale, ma il frutto di una precisa percezione sensoriale. Io cerco sempre di scrivere stando attaccato alle sensazioni: le idee possono mentire, le sensazioni no. Lo stile, che·per me è così importante, è un modo di far sudare la pelle del reale. E lo stile riuscito non è quello che crea la bella frase, è quello in cui la frase produce una specie di stretta fisica tra chi scrive e chi legge. Questo stile così riuscito, dotato di leggerez.z,aed equilibrio, è il risultato di un lungo lavoro di scrittura e di molti rifacimenti? Questo è un aspetto del mio lavoro di cui parlo sempre meno volentieri. So che scrivo bene, ma per me questa qualità è una specie di tara: ho lamarna della perfezione e risc1ivo di continuo. Oggi però riscrivo togliendo ed epurando, mentre in passato riscrivevo aggiungendo e sovraccaricando. Oggi cerco di scrivere nel modo più naturale possibile e vorrei che la mia scrittura guadagnasse in leggerezza senza perdere nulla della sua voluttà. Dunque, parlo sempre meno volentieri del lavoro dello stile perché noi, scrittori çlell'Europa del Sud, veruamo da un mondo dove si venera eccessivamente lo stile. Al contrario della tradizione anglosassone che punta sull'efficacia narrativa, noi cresciamo nel culto della bella pagina. Oggi, pur sapendo che non sarò mruuno scrittore di gialli, mi sembra importante togliere alla frase tutto il grasso, renderla veloce,

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