52 MANEA SU ELIADE chi ha vissuto il "socialismo reale" rifiuti ogni recriminazione semplicistica che, lungi dall'aiutare, impedisce di ristabilire la verità. Lo spettacolo dei milioni di ex-membri del partito che oggigiorno in Romania recitano forsennatamente slogan anticomunisti è patetico e ci deve indurre a meditare a fondo prima di ritornare alle nostre comode categorie. Con quale velocità questa gente ha dimenticato non solo le proprie colpe, non solo la disgrazia di chi fu realmente oppresso o emarginato dal regime totalitario, ma anche imolti momenti "felici" goduti grazie alla propria acquiescente complicità! Piaceri colpevoli? Felix culpa? Per questi eterni oppo1tunisti sarà difficile accedere a quell'opinabile felicità, così come lo fu per i molti nazisti genuini e "convinti" che solo a posteriori furono costretti a riconoscere l'orrore e a chiarire la loro felicr giovinezza nazista, le parate, i balli, i comizi e tutte le altre beatitudini: ovvero la propriafelix culpa. Un'onesta analisi critica del senso della vita di Eliade avrebbe avuto grande impo1tanza per l'intera cultura rumena. Censurato in Romania nei primi decenni del dopoguerra, Eliade incominciò a essere "rivalutato" solo negli anni Settanta. E non senza complicazioni: benché il regime "nazional-stalinista" di Ceauçescu ricercasse lo stesso consenso nazionalistico riscosso della Legione, gli ultimi capi della "vecchia guardia" comunista non potevano dimenti care l'orientamento poi itico del loro antico nemico. Oggi ad esempio si sa che quando nel 1940 lo studente comunista Gogu Radulescu, futuro vicepresidente del Consiglio di Stato e membro dell 'esecuti vodel partito comunista di Ceauçescu, venne sequestrato nel quartier generale della Legione e pestato con delle corde bagnate, El iade non solo manifestò soddisfazione per questa barb~ra "spedizione punitiva", ma dichiarò che, se fosse dipeso da lui, gli avrebbe anche cavato gli occhi. Tuttavia a Bucarest le opere letterarie di El iade incominciarono a venir ristampate e gradualmente riapparvero anche alcune sue opere accademiche. Nonostante il titolo e il passato politico del suo autore, il Trattato di storia delle religioni venne distribuito, "attraverso i canali istituzionali" dell' "atea" Romania comunista, a una lista di "privilegiati" selezionati dalle autorità del partito. Eliade ricominciò ad avere rapporti non solo con alcuni scrittori rumeni, ma anche con le"autorità" e persino con rappresentanti deJgoverno. Pur evitando ogni riferimento al suo passato politico, la sua opera era così rispettata e la sua personalità così affascinante che in Romania il suo nome tornò a ricorrere su molte pubblicazioni e nei lavori di molti intellettuali. Fu adottato anche da quei chiassosi nazionalisti che, protetti e persino incoraggiati dall'apparato repressivo, da alcuni anni praticavano puro terrorismo culturale e "patriottico" su giornali come "Saptarnina", "Luceafarul", "Flacara". Nel 1982, anno nero per ladittatura nazi-comunista di Ceauçescu, assistetti a un allestimento dell 'lphigenia di Eliade per il Teatro Nazionale.di Bucarest. La tragedia era stata rappresentata per la prima volta nel 1941, altro anno nero, e ristampata in rumeno nel 195 l dalla stampa di destra espatriata in Argentina. Come già nel 1941, la tensione fuori dal teatro e l'umore del pubblico, disgustato, impaurito, prostrato, sfiduciato, si sovrapposero nel modo più infeliceall' opera, tanto da farla apparire una sorta di fosca esaltazione della morte "sublime" per la "causa" gloriosa. "In Occidente è in atto una vera e propria campagna per smascherare i legami che Mircea Eliade ebbe con l'estrema destra nel periodo tra le due guerre; - scrisse poco prima della caduta di Ceauçescu il dissidente rumeno Dan Petrescu in un saggio fatto arrivare clandestinamente in Occidente-tutto questo non farà che accrescere la popolarità della sua opera, come già è accaduto per Heidegger". Petrescu continua esclamando: "Il giorno che potremo finalmente discutere della collaborazione degli intellettuali rumeni con l'attuale regime, che tutto è tranne che di sinistra, quel giorno sì che sarà uno spettacolo!". Effettivamente il regime di Ceauçescu non erace1to di sinistra e altTettanto si sarebbe potuto dire di almeno quattro milioni degli iscritti al partito comunista, privo di tradizione alcuna in Romania. Lo spettacolo è in scena in questo momento e ha virato verso il grottesco: ciascuno protesta la propria innocenza e le sofferenze patite, i più lamentosi sono proprio gli ex-"intellettuali" organici alla dittatura. L'attuale travagliata democratizzazione rumena richiama alla mente tutta la complessa storia del paese: antiche crisi d'identità e la tentazione di soluzioni estreme contribuiscono ancora una volta a prolungare l'impasse post-totalitaria. Fortunatamente, qualche incoraggiante sintomo di transizione alla democrazia incomincia a percepirsi. Meno di due mesi dopo la caduta di Ceauçescu il giovane e coraggioso critico Dan C. Michailescu scrisse su un'importante rivista letteraria:"Per interi decenni gli intellettuali rumeni d'antegue1Ta sono stati considerati con pregiudizi di ogni sona, che occorre ora smentire e smantellare accuratamente e, potremmo dire, con delicata fermezza. Su Eliade e tutta la generazione del '27 incombe la fosca nebbia del legionarismo reazionario. È giunto il momento di soffiare, e forte: non per disperderla (cosa logicamente e razionalmente impossibile) ma almeno per diradarla quanto basti a vedere le cose alla luce del giorno. Non abbiamo ancora alcun testo obiettivo ed esaustivo sugli anni Trenta, né sulla Sinistra o sulla Destra". Michailescu reclama una valutazione obiettiva, "non pregiudiziale", del lavoro e della personalità di Eliade; con la stessa lucida imparzialità aggiunge che "anche Eliade (come tutta la sua generazione) non può essere compreso che nell'ambito della sua epoca, con tutte le aggravanti e le esasperazioni del caso". Forse verrà il tempo in cui il periodo fascista potrà essere analizzato con chiarezza, e così quello comunista: oggi che possiamo discutere apertamente ed approfonditamente dei compromessi di grandi scrittori come Mihail Sadoveanu, George Calinescu, Tudor Arghezi oCamil Petrescu con il regime comunista, sarebbe finalmente il caso di analizzare anche le deliberate adesioni al movimento fascista, le "felici colpe" di scrittori e intellettuali. come Mircea Eliade, con tutte le loro conseguenze. L'anno scorso, viceversa, sulla stampa popolare rumena di destra si è velocemente moltiplicata una sorta di beatificazione del pensiero di Nae Ionescu e Mircea Eliade con tutte le loro perduranti colpe (un certo tentativo di approccio critico a quella generazione si può tuttavia riscontrare nella nuova stampa democratica, ad esempio in "Bolscevismo Bianco" e in altri recenti e importanti saggi di Alexandru George). Tutto ciò è tanto più importante adesso che in Romania il comunismo non è più un pericolo reale. In effetti, forse, non lo è mai stato: lo stalinismo di Ceauçescu era progressivamente diventato fascismo camuffato. Ma le tentazioni totalitarie sono ancora forti: la "destra" non sembra aver impàrato la lezione del rovinoso fallimento della "sinistra" totalitaria che pure molto avrebbe da insegnarle. La recente riabilitazione parlamentare di Ion Antonescu, il dittatore rumeno alleato di Hitler, è uno scandalo senza precedenti nell'Europa del dopoguerra e un cupo avvertimento per il futuro politico del paese. Ma la Romania non è fatta solo dei vari Ceauçescu, Codreanu o Antonescu, dei terroristi in camicia verde della Legione o dei minatori della Securitate.11 patrimonio democratico è ancora vivo, occorre sperare: benché oppresso per molti decenni da dittatori di destra e di sinistra, esso mantiene tuttavia un profondo rapporto con la cultura europea. Le nuove generazioni sono assetate di libertà e benessere. Per la Romania la speranza può essere alimentata solo da una chiara scelta di democrazia e da una lineare transizione verso la società civile. Copyright Norman Manea 1991.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==