astuzia; ma sotto silenzio e riserbo ci può anche essere molto da nascondere. Forse non è da tutti avere il coraggio e la lucidità di ritrattare gli ideali passati, denunciare gli orrori, svelare i meccanismi della mistificazione e assumersi il peso della colpa. Ma solo i pochi che hanno il coraggio del confronto con il passato meritano la dignità di intellettuale. Per staccarsi veramente dagli errori del passato, occorre riconoscerli come tali. Dopo tutto, l'onestà non è forse il nemico mortale del totalitarismo? E una presa di coscienza non è forse prova della distanza dalle forze della corruzione e dall'ideologia totalitaria? Andrej Sacharov nelle sue Memorie confessò senza imbarazzo la sua giovanile ammirazione per Stalin. Fu proprio l'onestà di questa ammissione che permise al grande scienziato e umanista di comprendere a fondo la natura del sistema comunista e di diventarne il più inflessibile critico. Se le domande non nascono dentro, verranno da fuori, ma alla fine arriveranno. Forse ci può sorprendere che siano stati i "nemici" e non gli ammiratori di Eliade a porle: non sarebbe stato più giusto che i suoi giudici più severi fossero gli ammiratori? (23 luglio 1979: "Mi viene a trovare C. Poghirc ... Mi parla anche della campagna scatenata contro di me in Italia da F. Jesi. Scopo: eliminare la mia candidatura per il premio Nobel!") Perché, occorre chiedersi, le testimonianze obiettive sulla tragedia totalitaria ci giungono più spesso dalla schiera delle vittime che dai carnefici? Dopo tutto sono proprio questi che potrebbero sviscerare l'essenza del male. Anche il recente crollo del sistema totalitario comunista non porterà alcun cambiamento sostanziale a questa triste prassi: si preferisce sempre scavare nelle sofferenze degli innocenti piuttosto che nelle proprie responsabilità. 4. "La distanza tra una corrente di pensiero e l'ideologia che, sempre abusivamente, ad essa si rifà è abissale", affermano Phi I ippe Lacoue-Labarthe e Jean-Luc Nancy nel loro interessante libro Il mito nazista. Per quanto discutibile, un'affermazione così categorica merita la nostra attenzione. "Non c'è nazismo in Kant, Fichte, Holderlin o Nietzsche (tutti pensatori invocati dal nazismo )-e al limite neppure nel musicista Wagner-più di quanto Gulag ci sia in Hegel e Marx, o, con ogni evidenza, Terrore in Rousseau. Nello stesso preciso modo e a prescindere dal suo squallore (che è pur sempre un buon metro per misurare l'ignominia) l'appoggio aPétain non è motivo sufficiente per negare il valore, ad esempio, di Maurice Barrès e Paul Claudel. Solo il pensiero che si mette deliberatamente (o confusamente, emotivamente) al servizio di un'ideologia per nascondersi o trarne profitto è da condannare: Heidegger nei primi dieci mesi del nazismo, Céline sotto l'occupazione e molti altri ancora, allora e sempre (e ovunque)." "Molti altri ... e ovunque", certo. Forse il fascismo rumeno fu diverso da quello di Hitler o di Mussolini, ma ne mantenne il carattere fondamentale: "un amalgama di ribellismo ed idee reazionarie", come disse Wilhelm Reich. L'estremismo nazionalista militante che portò alla formazione della Guardia di Ferro (con le sue diverse sfumature iniziali e finali) era già evidente nella confusione che seguì il Trattato di Versailles dopo la Prima Guerra Mondiale, quando fu creata la Grande Romania.L'annessione di nuove provincie(Transilvania, Bucovina, Bessarabia) portò improvvisamente al paese non solo nuovi rumeni, che in queste provincie costituivano la maggioranza, ma anche un numero considerevole di minoranze (ungheresi, ebrei, tedeschi e altri). Non fu quindi la frustrazione della sconfitta, come per i tedeschi, né lo sconforto dell'impotenza, come per gli italiani, a tramutare l'antico nazionalismo rumeno in estremismo fanatico e violento: fu piuttosto il risultato di una conquista territoriale. MANEA SU ELIADE 49 Il fascismo rumeno, violentemente antisemita e sedicente "cristiano" e "morale", approfittò della fragile democrazia parlamentare e cercò il consenso elettorale tra i contadini frustrati e trascurati dal processo di industrializzazione e modernizzazione che la Romania stava attuando, rispondendo alle stesse parole d'ordine del nazionalsocialismo hitleriano: trovare un'identità e costruire una mitologia. Per la sua ritualizzazione del culto della morte e del sacrificio cristiano, l'emarginazione violenta di tutti gli "stranieri", l'idealizzazione della vita rurale, il rifiuto della democrazia, dell'individualità e della civiltà occidentale oggi verrebbe definito come un fondamentalismo cristiano-ortodosso a matrice terroristica. Molte di queste idee erano già presenti nella tradizione del pensiero conservatore rumeno e alcuni importanti scrittori del XIX e XX secolo avevano assunto posizioni consimili nel giornalismo e in fi losofia.11 fatto che tutte le figure più appariscenti della cultura rumena, dal poeta nazionale Mihai Eminescu a B.P. Hasdeu, Nicolae Iorga, Octavian Goga sino a Eliade e al suo amico Constantin Noica, possano essere considerati alfieri dell'estremismo di destra è un preciso e allarmante indice dello stato d'animo e delle scelte politiche rumene. Ovviamente, non è che gli scritti politici di queste personalità incitino direttamente al crimine (benché il linguaggio intollerante e pieno di livore di alcuni loro testi nazionalistici raggiunga livelli di violenza insopportabili) ma certo spinsero nella più fosca direzione. "Mac Ricketts è qui per tre giorni ... abbiamo cenato insieme LINEAD'OMBRA al Salonedel librodi Torino o Domenica22maggio,ore 11 Giornalismoe letteratura ACURADILINEAD'OMBRAEL'UNITÀ Interverranno GraziaCherchi,EnricoDeaglio,GiulioFerroni, GoffredoFoti,ClaudioGatti,GeneGnocchi, SandroOnofri,GiovanniPeresson,OrestePivetta, DomenicoSiamone. Undialogoapiùvocia propositodi giornalismoedi nuove esperienzedellanarrativa.La"fabbricadeibesiseller"e le "grandifirme".Il raccontodellarealtàchestiamoattraversando.Qualicaratteristaassumendoilgiornalismod'oggie comesi riflettononellaproduzioneletteraria?L'obiettivo dell'incontro èquellodi analizzarealcunetendenzedell'informazioneneidiversimediae di sottolinearecomestrumentitipicidelgiornalismoentrinoafarpartedelbagagliodel narratore,sollecitandounaproduzionechesi collega una tradizioneitalianae straniera(daDeAmicisallaOrtese,da Capotea Kapuscinski),ma chesi esprimecomenovità rispettoalleesperienzenarrativedegliannipassati. Salone del libro di Torino - Sala 1
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