Linea d'ombra - anno XII - n. 93 - maggio 1994

cavalli. Furono attorniati da conducenti chiassosi, che ridendo e agitando le.mani rifilarono a Giù pacche sul groppone e sui fianchi. Gli portarono del fieno, ed egli mangiò. I cavalli attaccati a coppia ai carri avevano le orecchie corte e gli occhi cattivi. Non c'erano muli. Un·conduèente accompagnò Giù ad un carro a cui era attaccatl! una sola cavalla, senza compagno di coppia. . La cavalla era scura: piccola, più bassa del mulo. Lanciò uno sguardo a Giù, contrasse le orecchie e poi le distese, scosse la testa, si voltò e alzò una delle gambe posteriori, pronta a scalciare. Era magra e, quando inspirava I' ~ia, la pelle le scorreva come• un'onda sulle costole, evidenziando delle escoriazioni sanguinanti, proprio come sulla pelle di Giù. Giù vra rimasto ritto, a testa bassa, sempre bonariamente indif- . ferente al fatto di essere o non essere. Per abitudine, come aveva già fatto centinaia di volte, ficcò la testa nell'imbraca che non era di cuoio, ma al pari della precedente premeva sul petto èd emanava •unodore strano, inconsueto, di cavallo. Dal fianco incavato della sua compagna di pariglia proveniva un calore che non procurava a Giù alcuna sensazione. La cavalla contrasse di il uovo le orecchie tanto da farle sembrare appiccicate alla testa. Il suo muso aveva assunto un'espressione cattiva, feroce, noh da animale erbivoro. Con gli occhi sgranati, il labbro sollevato e i denti sc0perti si preparava a mordere, mentre Giù nella sua indiff~renza le porgeva inerme lo zigomo e il collo. É quando cominciò ad indietreggiare, t~ndendo i finimenti, per mettersi di schiena e avere così l'opportunità di appioppargli un calcio, egli non si scompose, restò immobile, a testa bassa. Ma il conducente diede alla cavalla una frustata e poi, con la stessa frusta - identica a quella che giaceva sulla neve-colpì anche il mulo, evidentemente irritato dal suo aspetto triste. La sua mano, si sentiva, era pesante, da contadino, proprio come quella di Nicola. D'un tratto, Giù gettò uno sguardo di sbieco alla cavalla, e la cavalla sbirciò Giù. Poco dopo il convoglio si mosse. E di nuovo il carro cigolò, e di nuovo Giù ebbe davanti agli occhi la strada ù:iietro di sé un carico, un conducente e una frusta. Giù accelerò l'andatura, ma la distesa di neve continuava a non avere né inizio né fine. Ma c'era un fatto insolito. Nel suo abituale muoversi nel mondo con indifferenza avvertì che la cavalla che gli correva accanto non era indifferente nei suoi riguardi. E infatti agitò improvvisamente la coda verso Giù, una coda carezzevole, di seta, assai diversa da quella del suo precedente compagno di pariglia, una coda che scivolava dolcemente sulla sua pelle. Dopo un po', ecco che la agitò di nuovo, sebbene nella pianura innevata non ci fossero mosche, né moscerini né tafani. Allora Giù là guardò di sbieco e la cavalla volse verso di lui uno sguardo alquanto malizioso. Nel muro compatto dell'indifferenza universale si erà formata una incrinatura. Il movimento aveva scaldato i loro corpi e Giù ora avvertiva l'odore di sudore della cavalla. Anche il respiro di lei, che sapeva di fieno umido, dolce, cominciò a farsi sentire sempre più fortemente. Senza sapere perché, ora era lui a tendere le tirelle, e le ossa della sua cassa toracica avvertirono il peso e la pressione del carico. Ma così la bardatura della cavalla si allentò e per lei fu più facile tirare. Corsero così per un bel pezzo. Poi, all'improvviso, la cavalla cominciò a nitrire. Ma nitrì piano, tanto che il conducente - e neppure la pianura - non avvertì il suo nitrito. STORIE/ GROSSMAN 33 Aveva nitrato così piano proprio affinché soltanto il mulo che le cprreva accanto la potesse sentire. Corsero a lungo l'uno accanto all'altra, con le narici dilatate, finché il convoglio non sostò. I/odore del mulo e l'odore della cavalla, attaccati allo stesso carro, si erano mescolati iil un unico odore. Quando il convoglio si arrestò, il conducente li sciolse, i due animali mangiarono assieme e. bevvero dallo stesso secchio. La cavalla si accostò al mulo, po~giò la testa sul suo collo e e.onle sue labbra morbide, tremolanti gli sfiorò un orecchio. II mulo guardò fiducioso ·negli occhi la cavallina di campagna e il suo fiato si mischiò col fiato caldo e buono di lei. In quel tepore si rianimò ciò che da tempo si era spento: il dolce latte succhiato dal capezzolo materno, la prima erba, le pietre rosse delle montagne abissine, l'afa delle vigne e le notti di luna negli aranceti. La terribile, tremenda fatica, che sembrava averlo ucciso con la sua insostenibile pesantezza, non era riuscita ad ucciderlo del tutto. La vita del mulo Giù e la sorte della cavallina di Vologda si esprimevano, in modo ad entrambi comprensibile, in quel tepore di fiati, nella stanchezza degli sguardi. E da questi due esseri teneri e fiduciosi, ritti nella pianura percorsa dalla guerra, sotto il grigio cielo invernale, spiravà un certo fascino prodigioso. · · -Guarda, il somaro, quel mulo lì, sembra che adesso si sia ben ambientato - scoppiò a ridere uno dei conducenti. · .:__Macché, non lo vedi, stanno piangendo tutti e due- disse Ùn altro. Ed era così. Stavano proprio piangendo. GIUNTI

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