Linea d'ombra - anno XII - n. 93 - maggio 1994

30 STORIEDI GUERRA Vasilii Grossman LA STRADA traduzionedi WalterMonier Vasilij Grossman (Berdicev 1905-Mosca 1964) è uno dei grandi scrittori del '900. I suoi primi libri (negli anni Trenta) furono molto apprezzati dal regime sovietico, specialmente Stepan KoL'cygin ( 1937-40) e il romanzo di guerra ILpopolo è immortale ( 1942), ma con il lavoro teatrale Se dobbiamo credere ai pitagorici ( 1946) e la prima e unica parte del romanzo Per la giusta causa ( 1952) cadde in disgrazia e non poté più pubblicare, in vita, nient'altro. Fu vittima delle "purghe" staliniste e per lungo tempo nel gulag. Liberato, scrisse due tra i più importanti libri della letteratura russa, entrambi pubblicati postumi: Tullo scorre ( 1970, in edizione italiana presso Mondadori, poi riproposto da Adelphi), commossa e lucidissima requisitoria contro il regime, tra i primi testi in Russia a mettere in discussione l'operato di Lenin, e il vasto romanzo sulla guerra (era stato inviato speciale al fronte) Vita e destino ( 1984, tradotto presso Jaca Book), la cui importanza non è stata in Italia ancora sufficientem nte riconosciuta, comparabile solo con lo Zivago di Pasternak, pur se assai diverso. Il racconto che pubblichiamo è apparso su "Novyj mir", n. 6, 1962. La guerra coinvolse tutti gli abitanti della penisola appenninica. · Il mulo di nome Giù, che prestava servizio nelle salmerie di un reggimento d'artiglieria, poté notare parecchie cose quel 22 giugno del 1941: la radio che trasmetteva ininterrottamente, la folla di donne e bambini attorno alla caserma, l'odore di vino proveniente da persone che di solito non bevevano, lemani del mulattiere Nicola che tremavano nel trarlo fuori dalla stalla e nel mettergli l'imbraca. Il mulo ignorava però che il FUhrer aveva convinto il Duce ad entrare in guerra contro l'Unione Sovietica. Il mulattiere non amava Giù: lo attaccava alla stanga e con la mano destra lo batteva sotto la pancia anziché sulla gropp4 incallita. Nicola aveva una mano pesante, scura, con le unghie piegate, una mano da contadino. Verso il suo compagno di tiro, un animale grosso, diligente e malinconico, Giù provava solo indifferenza. Il pelo sui fianchi e sul petto del compagno di coppia era consunto dai finimenti e le grigie chiazze spelacchiate e grasse emanavano riverberi color grafite. Gli occhi del suo compagno di tiro erano come appannati da un velo. Il muso, dai denti gialli e cariati, conservava sempre la stessa espressione desolata sulle salite di montagna, sull'asfalto reso molliccio dall'afa e durante le soste all'ombra degli alberi. Ed eccolo sul valico. Davanti a lui si stendono giardini e vigneti solcati dal grigio nastro dell'asfalto, in lontananza scintilla il mare, nell'aria c'è odore di iodio, la frescura delle montagne e, al tempo stesso, polvere ardente ... Le narici del suo compagno non si muovvvano, dal labbro inferiore leggermente sporgente colavano lunghi fili di bava trasparente. Giù provò a spingere un po' il suo compagno più anziano, ma quello, tranquillamente, senza rabbia, sferrò un calcio al mulo più giovane e si voltò. Quando Giù smetteva di tirare, il vecchio non digrignava i denti, non contraeva le orecchie, ma si protendeva tutto, sbuffava e ciondolava svelto-svelto la testa. Ben presto avevano cessato di far caso l'uno all'altro, sebbene trascinassero tutti i giorni lo stesso carro carico di proiettili. Di notte, nello stallaggio, Giù poteva sentire il respiro pesante del vecchio. Il conducente, la sua frusta, gli stivali e la voce roca non suscitava110in Giù una soggezione da schiavo. Talvolta gli pareva che l'uomo fosse la parte trainante del carro, talaltrà che fosse una sorta di supporto e il carro un suo accessorio. Eia frusta?Chec'entra, anche le mosche tormentano l'estremità delle orecchie fino a farle sanguinare. Tuttavia restano pur sempre del lemosche. Così lafrusta. Così il co.nducente. Quando Giù cominciò ad essere attaccato al carro, se la prese in cuor suo con l'insensatezza di quel lungo nastro d'asfalto, che non si poteva né bere né mangiare, mentre ai bordi della strada crescevano erbe e foglie appetitose e l'acqua stagnava in laghetti e pozzanghere. · Sembrava che l'asfalto fosse il suo nemico principale, ma dopo un po' di tempo Giù si rappacificò con la strada, comincio a immaginare che l'asfalto lo liberasse dal peso del CaJTO e del conducente ... La strada si inerpicavasullamontagna,si snodava tra gli aranceti, mentre il carro cigolava monotono e insistente-dietro le sue spalle e la bardatura di cuoio gli opprimeva il petto. Una fatica assurda, imposta dall'esterno, da farti venire la voglia di scalciare il carro e di spezzare lecinghiecoi denti, e ormai dalla strada Giù.non si aspettava più nulla e non voleva più percorrerla. Nella sua grossa testa vuota tornavano in continuazione sapori e odori di cibi, visioni confuse che lo turbavano: i profumi della stalla, la dolcezza succosa delle foglie, il tepore del sole dopo il freddo della notte, la frescura dopo l'afa diurna ... Al mattino ficcava la testa nella bardatura messagli dal conducente e il suo torace si era abituato a sentire il freddo contatto del cuoio lucido e inerte. Ora anche lui si compo1tava come il suo compagno più vecchio, non volgeva più il capo all'indietro, non mostrava più i denti: l'imbraca, la strada, facevano ormai parte della sua vita. Tutto era diventato ormai abituale, e quindi ovvio, normale, naturale: la fatica, l'asfalto, l'abbeveratoio, l'odore del grasso sulle ruote, lo strepitio e l'odore sgradevole dei cannoni montati sui lunghi affusti, le dita del conducente che puzzavano di tabacco e di cuoio, ogni sera il secchio di crusca, la bracciata di fieno pungente ... Talvolta succedeva che la monotonia venisse bruscamente interrotta, come quando, ad esempio, lo imbracarono con le funi e una gru lo sollevò con suo gran terroredallarivae lodepose su un bastimento. Allora gli venne la nausea. Era come se l'impiantito di legno gli sfuggisse di sotto le gambe. Perse l'appetito. Poi venne un caldo soffocante, più forte di quello italiano, tanto che gli misero un cappello sulla testa. Poi fecero la loro comparsa le ripidt>strade abissine di pietrisco rosso, le palme dalle foglie irraggiungibili per le sue labbra. Una volta rimase molto sorpreso nel vedere una scimmia su di un albero e prese un gran spavento per un serpente in mezzo alla strada. Le case erano commestibili ed ebbe anche l'occasione di mangiare pareti di giunchi e tetti di paglia. I cannoni

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