24 SUD AFRICA/ BOSMAN brivido quando Gerhardus fece il nome della bimba di Koos Steyn. C'era la luna. Intorno a noi, nient'altro che il deserto. I nostri carri sembravano molto piccoli e desolati; qualcosa in loro suscitava una sensazione di profondo lutto. Le donne e i bambini si abbracciarono e piansero a lungo. I nostri cafri ci guardavano da una certa distanza. Mia moglie Sannie mise la sua mano nella mia, e io pensai al campo di concentramento. Povera donna, quanto aveva sofferto. Sapevo che in quel momento i suoi pensieri erano uguali ai miei: dopo tutto, forse era meglio che i nostri bambini fossero morti allora piuttosto che adesso. Ci eravamo addentrati così profondamente nel deserto che cominciammo a dirci che 01mai dovevamo essere vicini alla sua fine. Sapevamo che il territorio tedesco era ancora lontano, e che finora avevamo coperto solo il tratto iniziale del Kalahari, tuttavia ci sforzavamo di dirci delle bugie su quanto vicina fosse ormai l'acqua. Ma, naturalmente, le bugie le raccontavamo solo agli altri. Ognuno nel suo cuore conosceva la verità. Dopo un po' cessammo anche di raccontarci bugie sulle probabilità che avevamo di uscirne vivi. Ormai non cercavamo nemmeno più di nascondere la nostra situazione alle donne e ai bambini, e questo può far capire come eravamo ridotti. Alcuni di loro piangevano, ma questo ormai non faceva più nessuna differenza. Nessuno cercava di consolare le donne e i bambini che piangevano. Sapevamo che le lacrime erano inutili, ma in qualche modo ci sembrava che a quel punto il pianto delle donne non fosse più inutile del coraggio degli uomini. Poi nel campo nessuno pianse più. Tra le donne, quelle che sopravvissero alle prove terribili dei giorni che seguirono e riuscir0no a tornare vive nel Transvaal, non piansero mai più. Quello che avevano visto le aveva indurite, e in questo senso erano diventate simili agli uomini. Penso che questa sia la cosa più triste che può accadere in questo mondo, che una donna debba soffrire tanto da diventare simile a un uomo. Quella notte dormimmo a fatica. Di mattina presto gli uomini andarono a cercare l'acqua. Un'ora dopo il tramonto Ferreira ritornò dicendo che aveva trovato una pozza d'acqua melmosa a qualche chilometro di distanza. Ci andammo tutti, ma non c'era molta acqua, comunque anche quel poco bastò a farci sentire meglio. Solo quando andammo a prendere le bestie per portarle ad abbeverarsi ci accorgemmo che i nostri cafri ci avevano abbandonati durante la notte. Dopo che eravamo andati a dormire, sierano allontanati furtivamente dal campo. Alcune bestie erano troppo deboli per alzarsi e le lasciammo indietro. Alcune morirono calpestate o soffocate nel fango, e fummo costretti a tirarle fuori per permettere alle altre di abbeverarsi. Fu una cosa penosa. Poco prima che ci rimettessimo in viaggio, una delle figlie di Ferreira mori. Scavammo una buca nella sabbia e la seppellimmo. Allora decidemmo di tornare indietro. Dopo lamorte di sua figlia, AbrahamFerreira andò da Gerhardus e gli disse che se avessimo seguito prima il suo consiglio e fossimo tornati indietro, sua figlia non sarebbe morta. "Ormai tua figlia è morta, Abraham" disse Gerhardus. "È inutile parlare ancora di lei. Tutti dobbiamo morire un giorno o l'altro. Prima mi rifiutavo di tornare indietro, adesso invece ho deciso di farlo." Abraham Ferreira fissò Gerhardus negli occhi e scoppiò a ridere. Ricorderò sempre il suono di quella risata nel deserto, quella voce roca per la sabbia e la sete, incrinata da tutto quello che il deserto gli aveva fatto. TIsuo volto era solcato da rughe e le labbra erano annerite. Ma niente in lui tradiva dolore per la morte della figlia. "Tua figlia è ancora viva, Oom Gerhardus" disse Abraham Ferreira, indicando il carro in cui, priva di forze, giaceva la moglie di Gerhardus,-con la bambina che aveva dato alla luce soltanto da pochi mesi. "Sì, è ancora viva ... per il momento." Ferreira se ne andò ridendo, e poco dopo lo udimmo mentre, con tono eccitato, riportava alla moglie le parole di scherno che aveva pronunciato. Gerhardus Grobbelaar si limitò a guardarlo allontanarsi, senza dire nulla. Fino a quel momento avevamo sempre seguito Gerhardus con la massima fiducia, ma ora che aveva deciso di farci tornare indietro, tutta la fiducia scomparve. Improvvisamente. Sapevamo che tornare indietro era la cosa migliore da farsi, e che se invece ci fossimo spinti più avanti saremmo tutti morti nel Kalahari. Eppure, se Gerhardus avesse detto che dovevamo andare avanti noi lo avremmo fatto, lo avremmo seguito fino alla fine. Ma ora che Gerhardus era stato sconfitto dal deserto, avevamo perso tutta la fiducia in lui. È per questo che ho detto che Paul Kruger era più grande di Gerhardus. Perché Paul Kruger era il tipo di persona che la gente continuò a venerare anche quando decise di ritirarsi. Se fosse stato Paul Kruger a dirci che dovevamo tornare indietro, noi l'avremmo seguito con tutto il cuore, con immutato amore per il nostro capo, anche se sapevamo che era stato sconfitto. Ma dal momento in cui Gerhardus disse che dovevamo tornare indietro, tutti sentimmo che non era più il nostro capo. Anche Gerhardus lo sapeva. Sapevamo quanta strada ci divideva da Malopolole, e i nostri cuori erano grevi di dubbi quando voltammo i carri. Le bestie erano molto deboli, e dovemmo attaccare ai carri tutte quelle in grado di camminare. I gioghi non bastavano, così tagliammo dei rami dai radi arbusti e li fissammo alle catene di traino. Dato che mancavano anche i chiovoli per i gioghi, fummo costretti a legare il collo degli animali direttamente al giogo per mezzo di cinghie, e molti buoi morirono soffocati. Fu allora che ci accorgemmo che Koos Steyn era diventato pazzo, perché si rifiutava di tornare indietro. Attaccò i suoi buoi al carro e si preparò a riprendere il viaggio. Sua moglie sedeva silenziosa nel carro con la bambina; avrebbe seguito il marito ovunque avesse deciso di andare, come naturalmente era giusto che fosse. Alcune donne la salutarono con un bacio, piangendo. Ma la moglie di Koos Steyn non piangeva. Cercammo di ·far ragionare Koos, ma lui disse che era deciso ad attraversare il Kalahari, e non avrebbe fatto la pazzia di tornare indietro. "Ma amico" gli disse Gerhardus Grobbelaar "non hai nemmeno un po' d'acqua da bere." "Vorrà dire che berrò caffè" rispose Koos Steyn con la sua solita risata, quindi prese la frusta e si allontanò in direzione del suo carro. E Wèbber lo seguì, semplicemente perché Koos Steyn era stato gentile con lui, credo. È per questo che ho detto che gli inglesi sono gente strana; Webber doveva sapere che, anche se Koos Steyn non aveva effettivamente perso la ragione, certamente quello che si proponeva di fare era una pazzia, e tuttavia rimase con lui. Ci separammo. I nostri carri si rimisero lentamente in viaggio verso Malopolole, mentre il carro di Koos Steyn si addentrava ancora di più nel cuore del deserto. TImio carro fu l'ultimoaripartire. Nel momento in cui mi voltai per guardare gli Steyn, anche l'inglese si girò e, vedendomi, mi fece un cenno con la mano. Mi venne in mente quel giorno durante la guerra boera quando quell'altro inglese, il compagno del soldato a cui avevamo sparato, aveva fatto la stessa cosa. Alla fine raggiungemmo Malopolole con due carri e pochissimi buoi. G I i altri carri I i avevamo abbandonati. Accaddero cose orribili in quel deserto. Parecchi bambini morirono. Il carro di Gerhardus Grobbelaar viaggiava davanti al mio. Una volta vidi un fagotto cadere da sotto i I telone del carro. Sapevo cosa conteneva. Gerhardus non voleva perdere tempo a seppellire la sua bambina, e la moglie giaceva nel carro, troppo debole per muoversi. Così scesi e coprii il corpo con un piccolo tumulo di sabbia. Di tutto il resto del viaggio
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