nutire più volte. Attraverso le lacrime che gli riempivano gli occhi, gli sembrava che il traffico gli ballasse davanti. La cruda realtà della sua situazione, accompagnata da un dolore freddo e lancinante, gli ritornò subito in mente dopo la breve parentesi dell'insetto. Quel giorno gli avevano fatto fare il giro dell'oca. Era andato in tre posti dove c'era una buona possibilità di trovare lavoro. Non c'era riuscito. In una ditta gli avevano detto: "Abbiamo già un ragazzo, Jim". Nella seconda ditta una mjnuta dattilografa gli aveva detto: "Sei troppo grande, John. Sai, il capo vuole un ragazzo più giovane, sui venti". Poi aveva continuato a battere a macchina, il volto bianco in una nuvola di fumo. Nel terzo posto in cui era stato, un tozzo ometto bianco aveva sentenziato il suo prezzo con voce stridula: "Due sterline e dieci alla settimana". Tre sterline e dieci alla settimana, gli aveva risposto Timi. "Prendere o lasciare, ragazzo mio", erano state le ultime parole del proprietario, poi sbuffando aveva chiuso la faccenda. Timi rise piano tra sée sé ripensando all'ometto tozzo con quelle guance grasse e bianche e quegli occhietti che sbattevano in continuazione. Stava osservando i movimenti di una vespa che tormentava un verme. La vespa gli fece alcuni giri intorno e poi piombò sul verme goffo e apparentemente indifeso. Quando lo punse, la vespa pareva reggersi sul capo. Il verme si contorse violentemente, quasi volesse volar via da terra. Poi, ali' improvviso, si distese, come paralizzato. L'insetto alato aveva ottenuto la sua preda. Timj provò compassione per il povero verme. Una lotta così , impari, una lotta così ingiusta, pensò. Deve proprio andare sempre in questo modo, si chiese- la creatura agile e ben armata punge quella indifesa fino a farla morire? La vespa stava ora trascinando il verme: evidentemente se lo portava a casa. Si ricordò che lui, invece, non aveva niente da portare a casa. Ma il pensiero che sua moglie fosse molto comprensiva lo consolò. Una moglie paziente e comprensiva. Sì, gli avrebbe detto, come spesso faceva: "Domani il sole deve sorgere, Timj_ Sorge per tutti. Potrebbe portare fortuna". Oppure: "Accenderò un piccolo fuoco, Timi. I nostri saggi dicono che anche quando non c'è una pentola a cuocere il fuoco deve essere acceso". Ora era ammalata. Stava per avere un bambino: il terzo. Timi non aveva portato a casa niente negli ultimi due mesi e i suoi risparmi stavano finendo; doveva fare qualcosa. Ma non qualcosa che potesse farlo finire in prigione. No, non quello. Non sarebbe stato giusto andare in prigione con la moglie e i bambini che quasi morivano di fame. No, si disse con enfasi. Un bianco gli barcollò davanti, chiaramente ubriaco. Si fermò subito dopo aver sorpassato Timi e si girò a guardarlo. Tornò indietro e gli porse una bottiglia di brandy, reggendosi a stento sulle gambe. "Prendi, John, beviti 'sta roba. Buon anno!" Timi fece segno di no col capo. "Andiamo, fa' il bravo, hic! Non c'è l'ombra di un poliziotto in giro, non v-vedi?" Timi rifiutò ancora e gli fece cenno di allontanarsi. "Ehi, c'è uno stronzo qui che non vuole festeggiare l'anno nuovo. Va' al diavolo al)ora." Il bianco girò sui tacchi e, brandendo la bottiglia, si allontanò. Se solo fossero stati dei soldi, pensò Timi con amarezza. Gli venne in mente che era ora di tornare a casa e salì su un autobus per Sophiatown. Sull'autobus trovò un'atmosfera di festa. Lo spirito da ultimo dell'anno, pensò; un'aria incosciente di abbandono. Buon anno! gridava uno di tanto in tanto. Timj osservava un uomo che suonava la chitarra proprio di fronte a lui. Una ragazza ballava al ritmo della musica. Il chitarrista strimpellava completamente catturato dalla sua musica. SUDAFRICA/MPHAHLELE17 L'uomo sfiorava il suo strumento, lo toccava, lo accarezzava. Le sue lunghe dita pizzicavano le corde senza sforzo. Timj guardò torvo la ragazza dal labbro inferiore pronunciato che gli stava di fronte, mentre si muoveva seducente, come un giunco si muove giocando col vento. Il suo seno premeva contro una camicetta leggera senza maniche. Nello stesso istante l'uomo con la chitarra avvicinò l'orecchio allo strumento quasi volesse sentire meglio quelle note magiche o volesse sussurrargli il segreto della sua gioia. Due giovani donne si vennero a sedere accanto a Timi. Una delle due era pallida e sembrava non si sentisse bene. L'altra appoggiò una valigia tra la sua gamba e quella di Timj_ La sua attenzione si era spostata dalla musica alle due donne. Sembrava ci fosse un gran non detto tra loro. Alla fermata successiva si alzarono per scendere. Guardandole avvicinarsi alla porta, con la coda dell'occhio Timi non perdeva di vista la valigia. Quando l'autobus ripartì, un uomo seduto dietro a Timi esclamò "Quelle donne hanno dimenticato la valigia". "No, è mja", disse Timj frettolosamente. "No. Le ho viste io che ce l'avevano quando sono salite." Questa è un'occasione ... "Le dico che è mia." "Non può dire questo." Non devono esserci discussioni, sennò ... "Lei non mj ha forse visto con una valigia?" Non devo perdere la calma, sennò ... "Dica la verità, amico, la verità non morde." "Co;S'altro vuole che le dica?" La gente mi sta guardando ora. Dio mjo, cosa posso fare? "È il suo giorno fortunato", gridò qualcuno dal fondo, "lasciatelo stare!". "Sì, ma se non è sua, come fa a essere il suo giorno fortunato?" chiese qualcun altro. "Ah, ah, ah!" rideva una donna. "Tu prendi la mja roba, io prendo la tua e lui prende quella di qualcun altro. Così potrà essere un giorno fortunato per tutti noi, eh? Ah, ah, ah!" Era scossa dai singhiozzi di una risata, ai quali sembrava arrendersi. "Oh, ma lasciatelo stare", da un altro angolo si alzò la voce di un vecchio, "solo un uomo ha visto le ragazze con la valigia e solo un uomo dice che è sua. Uno contro uno. Lasciategli tenere quello che ha, la valigia, e lasciate che l'altro tenga quello che ha, la convinzione che sia delle ragazze". Scoppiarono tutti a ridere. La disputa svanì nell'aria festosa del nuovo anno, nelle canzoni e nella baldoria generale. Timi provò un gran sollievo. Aveva vinto. L'autobus si fermò e Timi scese. Non sentì nemmeno che qualcuno dietro a lui sull'autobus aveva gridato: "Eppure quella valigia dirà di chi è, Dio mi sia testimone!". Perché la gente non si fa mai gli affari suoi? Pensò a tutte quelle persone che lo guardavano. Una volta sceso dall'autobus lo assalì un accesso di curiosità, di ansia e di aspettative. Doveva arrivare a casa in fretta e vedere cosa c'era nella valigia. Era un'occasione, l'ultima occasione e lui l'aveva presa al volo. Questo era ciò che più gli importava mentre risaliva la strada. Timi non si accorse che stava per incappare in una gran folla. La polizia, due agenti bianchi, li stava perquisendo. Il luccichio di un distintivo lo mjse sul chi va là. Si infilò svelto svelto nel cortile aperto di un cinese. La Provvidenza lo assisteva, pensò mentre correva fino al cancello in ferro, col cuore gonfio, in gola. Aspettò lì per almeno un quarto d'ora, riuscendo a vedere tutto
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