Linea d'ombra - anno XII - n. 93 - maggio 1994

tutti, e innanzitutto i pubblici poteri. Come già di fronte ad altre manifestazioni di malcontento (la vertenza dei lavoratori di Air France, le proteste per i finanziamenti alle scuole private, la rivolta dei pescatori, ecc.), il governo francese ha dovuto fare precipitosamente retromarcia di fronte a un malcontento che non è stato capace di prevedere né di contenere. A nulla sono valsi i suoi tentativi di mascherare la vera portata del decreto e, in seguito, di scendere a compromessi, trasformandone in pa1te i contenuti. Allo stesso modo, è stato inutile e patetico il tentativo del primo ministro di dialogare con i giovani rivoltosi, ai quali non ha saputo proporre nient'altro che un atteggiamento paternalistico distante anni luce dai loro linguaggi e dalle loro preoccupazioni. Simili incertezze non hanno fatto altro che allontanare ancora di più il Palazzo dai giovani nelle piazze, i quali, mobilitandosi con sempre maggiore efficacia, alla fine hanno messo il governo alle corde, costringendolo a ritirare quello che essi consideravano come un insulto alla loro età e ai loro sforzi per prepararsi al mondo del lavoro. Al di là di ogni considerazione tecnica sull'efficacia o meno del Cip in termini di nuova occupazione, il fatto è che il provvedimento era diventato agli occhi degli studenti il simbolo di un'ingiustizia e di un tradimento, nonché della miope testardaggine di chi l'aveva inventato. Di conseguenza, è venuta meno ogni possibilità di mediazione e il governo non ha potuto far nulla per arginare la collera giovanile. Oltretutto, via via che la situazione si faceva più tesa, sono emerse una volta di più le divisioni esistenti all'interno del la destra che governa i I paese, la quale è ormai in preda a laceranti lotte intestine in vista delle presidenziali dell'anno prossimo (Chirac oBalladour?). Di conseguenza, rinunciare al progetto era l'unica via d'uscita per cercare di limitare i danni ed evitare un'insanabile frattura sociale. Così è stato. E gli studenti hanno trasformato la loro manifestazione nazionale del 3 l marzo in festa della vittoria, anche se naturalmente erano ben consapevoli che il ritiro del decreto in realtà lasciava immutate tutte le loro inquietudini. La sconfitta del governo infatti non crea nuovi posti di lavoro: con o senza Cip, la disoccupazione resta la stessa. 2. Nonostante i fantasmi del maggio francese che ritornano ogni qualvolta gli studenti d'oltralpe scendono in piazza, e nonostante la drammatizzazione degli avvenimenti operata dai media e dalle autorità, i giovani che hanno sconfitto Balladour non sono rivoluzionari né aspiranti tali. Il '68 al massimo è un fantasma dei loro genitori. Gli studenti protagonisti di questa rivolta, infatti, non mettono in discussione né la scuola né la società, non respingono l'ideologia borghese né si illudono sulla creatività al potere. Al contrario:sono piuttosto conformisti e conservatori, almeno stando a quanto ci dicono le innumerevoli inchieste a loro dedicate che sono state pubblicate in Francia negli ultimi tempi. Il lavoro, la famiglia, il denaro, la nazione sono nozioni a cui dichiarano di aderire senza troppi complessi. Si sentono lontani dai sindacati e dai partiti politici, destra e sinistra senza troppe distinzioni, perché questi non sono in grado di garantire il loro avvenire minacciato dalla crisi. Sono scesi nelle piazze non per una spinta ideale o per cambiare il mondo, ma solo per paura della disoccupazione e per difendere il valore commerciale dei loro diplomi scolastici. In fondo, potrebbero essere assimilati a una delle tante categorie che di questi tempi difendono in maniera corporativa i propri interessi. Quello che li muove è la paura, la mancanza di prospettive, cui molto spesso per altro si accompagna la mancanza di ideali. Sono i figli delle classi medie colpite in pieno dalla crisi; i figli del qualunquismo degli anni Ottanta, con parecchi soldi di meno e lo spettro della disoccupazione in più; i figli della morte delle ideologie, della cultura dell'effimero e dello zapping televisivo. STUDENTI11 Insomma, niente a che vedere con il '68econ leutopierivoluzionaiie del )oli mai. Sarebbe però sbagliato limitarsi a queste considerazioni, poiché probabilmente le manifestazioni contro il Cip esprimono anche qualcos'altro, vale a dire un malcontento e un malessere diffusi che vanno al di là delle semplici 1ivendicazioni economiche. Mai come oggi torna in mente il celebre incipit di Aden Arabia, le cui parole sembrano riassumere a perfezione lo stato d'animo della gioventù francese. "Avevo vent'anni e non permetterò mai a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita." Le centinaia di migliaia di manifestanti che hanno invaso le strade di Francia esprimevano proprio questo sentimento di incertezza e di paura di fronte ali' orizzonte cupo del loro avvenire alla fine del millennio. I ventenni di oggi sono una generazione che deve fai·e i conti con la disoccupazione, l'aids, il degrado delle periferie, la droga, la fine delle ideologie: è una generazione no future che si sente esclusa e minacciata, incompresa dagli adulti e dalla società. È per questo che manifesta. Non vuole essere una generazione sacrificata. Inoltre, alla rivolta sociale degli studenti - i disoccupati di domani che sperano di sfuggire all'esclusione attraverso la scuola - si è sovrapposta la rabbia esplosiva di quanti sono già di fatto esclusi ed emarginati da una società che sembra ignorare i loro più elementari diritti. Sono i giovani dei ghetti urbani delle periferie, spesso di origine maghrebina e africana, nel cui futuro non c'è , alcuna prospettiva al di fuori della spirale disoccupazione/ violenza I droga I criminalità. Per i giornali sono i casseurs, quelli che rompono tutto al loro passaggio, che certo hanno poco a che fare con le manifestazioni degli studenti, ma solo perché, più in generale, hanno ormai poco a che fare con una società che li respinge e li mette al bando. Questi giovani e giovanissimi senza speranze rappresentano la realtà drammatica e violenta di una società in cui il numero degli esclusi dal benessere, dall'istruzione, dal lavoro, dalla cultura continua ad aumentare. Alcuni di loro finiscono a ingrossai·e le file dell'estrema destra o dell'integralismo religioso, altri praticano una microcriminalità diffusa per vendicai·si nei confronti della società e per impossessarsi di una parte di quella ricchezza da cui sono esclusi. Non hanno più nulla da perdere: la violenza è solo un modo per comunicare la loro rabbia e la loro disperazione. Le manifestazioni di marzo allora, al di là del Cip, hanno fatto emergere il grado di malcontento e di rivolta presente in larghi strati delle giovani generazioni. Anche nella Francia ricca e privilegiata, dove lo Stato sociale è una realtà efficace e funzionante, i colpi della crisi spingono sempre di più larghi strati della popolazione verso una depauperizzazione che si trasforma immediatamente in emarginazione. E su questo terreno, per altro, la destra ha ce1tamente meno scrupoli e preoccupazioni della sinistra, sebbene quest'ultima si fosse spesso limitata a esprimere progetti e intenti mai realizzati. Tutto ciò fa paura. Più ancora ai giovani che agli adulti. I più anziani infatti sembrano accettare la lenta deriva dell'esclusione con un fatalismo proporzionale alla loro delusione, i giovani invece esprimono la loro impotenza sociale e il loro rancore nei fuochi fatui della guerriglia urbana. Questa miscela di esclusione, angoscia e desiderio di rivalsa ha già incendiato più volte i ghetti urbani delle grandi città francesi. Questa stessa miscela è ali' origine delle derive violente di alcune delle manifestazioni di marzo. Se non sarà fatto nulla, la rivolta esploderà di nuovo. Altrove e all'improvviso. T nsomma, se la rabbia e le paure di questi giovani non verranno prese in considerazione, se il loro dramma non verrà capito, se non sarà fatto nulla per riavviare il dialogo, se non sai·à evitata la disintegrazione sociale di interi quaitieri, allora "l'intifada delle periferie", come già la chiamano alcuni giornali francesi, ricomincerà assai presto. E sarà sempre più difficile contenerla.

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