Linea d'ombra - anno XII - n. 93 - maggio 1994

cultura. Nella Rete, intorno a Orlando (che non è un leader "teorico" tradizionale) c'è un vuoto pressoché totale. Non meno desolante, con poche eccezioni, appare il panorama del PdS e della sinistra tutta. È stata proprio l'inconsistenza e lo scarso indice di gradimento dei candidati progressisti a determinare un fenomeno non ridottissimo di astensionismo di sinistra. Molti hanno ritenuto, con imperdonabile superficialità, di usare l'astensione come mezzo per inviare "messaggi" di dissenso. Va da sé che questa forma di comunicazione interna si è risolta in puro e semplice autolesionismo. Le tensioni interne, che erano trapelate subito dopo l'elezione di Orlando a sindaco-simbolo e che erano alimentate dal miraggio di veloci carriere politiche, si sono trasformate in quelle, più bieche e laceranti, del dopo-sconfitta. La virulenta polemjca di Mancuso, che ha accusato i vertici del movimento di averlo boicottato, potrebbe spiegare da sola (a posteriori, certo, ma non senza presagi) le ragioni e l'origine della disfatta dell'Invicibile Armata retina. La demonizzazione di Berlusconi, essendo in sostanza soltanto moralistica, ha sortito un effetto contrario che si potrebbe definire "faustiano" in quanto ha attribuito al Cavaliere un'onnipotenza che era tutt'altro che scontata. Ampi settori che rischiavano di perdere la propria posizione di privilegio non hanno esitato a stipulare un "patto col diavolo" abbandonando la mori- ' gerata moderatezza di un centro cattolico troppo intento a rifarsi una verginità politica e morale per essere efficace e credibile. Molti hanno votato per Berlusconi in base all'equivoco che lo designava come l'alfiere del nuovo. Ma molti lo hanno votato proprio in quanto lo sapevano sufficientemente corrotto e coinvolto nel vecchio regime da garantirne la continuità. Il rispetto del responso delle urne non vuol dire certo farsi illusioni sulla buona fede e le buoni intenzioni di tutto l'elettorato. Non nuoce ripetere ancora una volta che il livello di collusione colla mafia e col regime di Tangentopoli (che sono le due facce di una stessa medaglia) era ed è vastissimo. Se la politica era ed è marcia, non meno riprovevole è stato l'opportunismo di quanti nella cosiddetta società civile hanno approfittato senza ritegno dei vantaggi del sistema clientelare. Non penso che ci sia stata una sottovalutazione di Berlusconi come qualcuno ha detto. Era chiaro a tutti (e in primo luogo ai suoi sostenitori) che aveva a disposizione un potenziale enorme e che lo avrebbe utilizzato per tenere in vita un sistema di potere che non aveva più "facce" presentabili. In questo modo egli ha potuto capitalizzare poteri sommersi, occulti, latenti che lo hanno ulteriormente rafforzato. Penso invece che ci sia stata una sopravvalutazione della maturità (ovviamente senza dare alcun significato moralistico a questa valutazione) dèl popolo italiano e in particolare di certe realtà come quella palermitana. C'è nel paese (e in Sicilia lo dimostrano esperienze fino a ieri inimmaginabili come il nuovo corso intrapreso dai cittadini di Corleone) una volontà diffusa di riscatto e di rinnovamento. Ma vi sono anche ampie sacche di resistenza e zone d'ombra in cui la presa di coscienza stenta a maturare. La classe egemone si è ricompattata, ma ha dovuto ripartire dai suoi livelli più bassi. Forza Italia a Palermo è veramente il peggio del peggio, le scorie del passato più tenebroso e lo squallore di un nuovo anodino e insulso. C'è stato un vero e proprio avvento di sconosciuti che salgono sulla ribalta con l'arroganza dei parvenus. Ma questo sarebbe il male minore, se DOPO LEELEZIONI 9 consideriamo quanto danno hanno recato i volti noti della politica del malaffare. li guaio è che le nuove leve sono costituite da assolute nullità, il trionfo del più becero Uomo Qualunque. Il cavaliere inesistente si è circondato di un esercito di fanti e di scudieri di paglia. Il coordinatore regionale di Forza Italia è un personaggio di una mediocrità allarmante. Tanta miseria umana farà disastri paragonabili alle peggiori calamità naturali, ma almeno è un nemico che è costretto a uscire allo scoperto e a mostrare, insieme alla sua protervia, tutta la sua pochezza. La situazione diventerà per forza di cose sempre più chiara. "Il Giornale di Sicilia", che subito dopo l'elezione di Orlando aveva strizzato l'occhio alla nuova Giunta confermando la sua vocazione servile, ha preso subito a discettare, per bocca del suo direttore Giovanni Pepi, di un "meridionalismo liberista" a cui guardare senza preconcetti. Nei prossimi mesi la battaglia per l'informazione sarà a Palermo uno dei nodi centrali dello scontro politico. Occorre al più presto spezzare il monopolio asfissiante del "Giornale di Sicilia". La città ha bisogno al più presto di un quotidiano che esprima le convinzioni e i valori della sua parte sana. Ma occorre anche, qui e dovunque, una strategia globale di aggiramento del monopolio televisivo. Se tre mesi di bombardamento catodico hanno fatto risorgere gli zombie di Tangentopoli e della destra più forcaiola, un'intera legislatura sotto il segno del telebiscione può irreparabilmente lobotomizzare la nazione intera. GIUNTI

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