Linea d'ombra - anno XII - n. 92 - aprile 1994

76 SU FOUCAULT un modo strumentale per evocare Dioniso da Apollo. Fu il tipo di logica che aveva condotto Foucault a riconoscere la validità dei massacri di Settembre. Ma questa logica somigliava molto preoccupantemente a quella che aveva indotto numerosi filosofi fascisti e nazisti, parimenti intossicati da fantasie di rivolte dionisiache, ad accogliere entusiasti la prospettiva di una guerra, poiché nella violenza bellica e nelle devastazioni che ne sarebbero conseguite vedevano un'opportunità di desiderare "ciò che non ha precedenti", scagliando l'essere umano attraverso un "varco" nel quale "le potenze liberate dell'essere si fanno subito avanti e si compiono come storia" - così Martin Heidegger nel 1935. 11 Le connessioni complesse e altamente ambigue fra la posta nietzschiana, una sorta di patto faustiano con l'istinto di morte, e l'ecatombe dell'avventura fascista non furono estranee né a Foucault né ad alleati politici come Gilles Deleuze e André Glucksmann. L'inclinazione dell'ultrasinistra al terrorismo, come l'inclinazione di una politica nietzschiana a un'affermazione di potenza "senza statuto né limite, senza ordine e struttura", ha espresso in qualche modo un'urgente, paradossale, necessità di statuto e limite, di struttura e ordine: "li potere senza nozione di limite" così dice Foucault nel J 983 - rimanda direttamente alla follia". (Per l'autore di Storia della follia, naturalmente, quest'affermazione si apriva a due differenti interpretazioni.) Ma questa urgenza di statuto e limite come poteva essere tradotta nel reale? Che genere di struttura - e di ordine - poteva essere asserito? 12 Per un nietzschiano, la risposta non era facile. Come lo stesso Nietzsche aveva più volte sottolineato, fra il "superumano" e !"'inumano" il discrimine è sottilissimo, soprattutto in quegli spiriti autoritari che, mandando in frantumi le leggi ed entrando nella terra-di-nessuno della rivolta totale, si dimostrano abbastanza forti per praticare una "grande" politica. Per tutti quelli che sono impegnati a esplorare le "potenze liberate" dell'essere umano, lo sforzo di identificare e sradicare l'inumano - e di identificare e strappar fuori il "fascismo che è in tutti noi" -deve dunque essere spietato e inesorabile. Si chiedeva Foucault nel 1977: •"Come evitare di essere fascisti, anche (e specialmente) quando ci si crede militanti rivoluzionari? Come liberarsi del fascismo che c'è nelle nostre parole, nei nostri atti, nei nostri cuori e nei nostri piaceri? Come stanare il fascismo che è radicato nel nostro comportamento?". Nell'ultima decade della sua vita, Foucault lavorò con rinnovata energia a indagare i desideri di potenza e di morte che, così diceva, sopravvivevano in codice nelle credenze, nelle istituzioni e nelle pratiche della società moderna - e che, dunque, erano inscritte "nelle nostre parole, nei nostri atti, nei nostri cuori e nei nostri piaceri". La sua battaglia contro gli impulsi fascisti la partecipò pubblicamente nel decisivo ed enigmatico ultimo capitolo de La volontà di sapere, Il diritto climorte e di potere sulla vita. Un "punto d'appoggio del contrattacco" contro il patto faustiano con l'istinto di morte, dichiara, deve essere una trascendenza del "sesso-desiderio", combinato a una nuova esplorazione dei "corpi" e dei "piaceri". Gli episodi politici più importanti dell'ultima decade della vita di Foucault avvengono in ord America, non in Francia. Nel 1976, a San Francisco, egli scoprì che esplorare il corpo e i suoi piaceri poteva essere un evento pubblicamente condiviso -vale a dire, un progetto politico. Il movimento di liberazione omosessuale, così come si presentava in America, fu, dopo la Gauche proletarienne, il secondo esperimento politico davvero importante della vita di Foucault. Dopo il 1975, in Francia, Foucault moderò il tono dei suoi impegni politici, rivelando una nuova modestia e un nuovo riserbo nelle cause a cui diede il suo appoggio, parlando a favore di vari dissidenti sovietici e dell'Europa dell'Est, mobilitando aiuti per i vietnamiti senza tetto, difendendo il sindacato Solidarnosc in Polonia, e così via. Nella pratica, divenne un attivista per i diritti civili nello stile di Amnesty International; nelle teoresi - particolarmente nelle lezioni tenute al Collège de France nel 1979 - difese, implicitamente, i valori di una sorta di liberalismo libertario, anche se soltanto come stimolo per una critica a tutte le forme di governo. Non vedeva più in ogni codice legale, come aveva fatto un tempo, semplicemente il metodo di sottomissione che esso istituiva. Rivendicare dei diritti contro il potere governativo gli sembrò un'impresa utile e valida. Fece leggere ai suoi studenti Hayek e von Mises, e approvò pubblicamente gli studi di François Furet sulla Rivoluzione francese. Abbastanza paradossalmente, Foucault divenne, in quegli anni, una delle figure decisive per la rinascita del pensiero liberale francese. E tuttavia, Foucault non poteva aderire anima e corpo - né lo fece - a una convenzionale interpretazione del liberalismo. C'erano pur sempre delle forme pericolose e potenzialmente letali di disordine e di rivolta che risvegliavano la promessa di una totale trasfigurazione spirituale e istituzionaledell' esistenza umana - tale fu, nell'ottica di Foucault, la grande promessa, tragicamente tradita, della rivoluzione iraniana del 1978. Dato il persistere della fascinazione prodotta dalle possibilità creative aperte da tali esperienze-limite politiche, Foucault non poteva certo contentarsi, come fanno spesso i teorici liberali, di rivendicare dei generici diritti umani. In realtà, egli non vide nei diritti civili altro che una invenzione di parte, conquistata attraverso la lotta e mantenuta solo grazie alla vigilanza di individui pronti a sfidare gli abusi di potere. Come Foucault ha ammesso, la sua concezione dei diritti, dunque, fu sostanzialmente strategica. I suoi precursori, come ben si deduce dalle lezioni tenute al Collègede France fra il 1976 e il 1979, non furono Locke e Mili, ma piuttosto i critici dell'assolutismo che mitologizzavano il passato, uomini come Sir Edward Coke e John Lilburne; o anche gli storici liberali romantici come Augustin Thierry, che apprezzavano il valore del conflitto politico. Come questi precursori, Foucault non poteva immaginarsi nei panni del giurista liberale o del filosofo morale kantiano, che si dà da fare per formulare leggi imparziali e spassionate d'universale applicabilità. E non era tutto: persino nelle società in cui i diritti umani e una certa misura di libertà personale erano protette dalla legge, il lavoro del filosofo, come Foucault lo concepiva, non era ancora cominciato. "Se ciò che vogliamo è creare una nuova modalità di esistenza" - e questo fu certamente uno dei suoi obiettivi per tutta la vita - "allora la questione dei diritti individuali non è pertinente". La possibilità di creare un modo di vita completamente nuovo fu al centro di quella "politica del sé" che occupò la mente di Foucault verso la fine dei suoi giorni. Non è questa la sede per discutere in dettaglio gli arcani del suo "erotismo della verità" che, per la maggior parte della sua vita, comunicò solo sotto un "marchio di segretezza", benché il suo gnosticismo manicheo informi le figure allegoriche di Storia della follia, il gaio annunzio della morte dell'uomo in L'ordine del discorso, e anche la palese argomentazione di La volontà di sapere. Basti dire che, attraverso l'alchimia dell'erotismo sado-masochista, mettendo in scena con partner consenzienti i più strazianti soggetti di dominio e sottomissione, Foucault ritenne possibile confrontarsi e cimentarsi con gli impulsi e le tentazioni, impensabili normalmente, ma più profondamente radicati, esorcizzando le tensioni assassine e suicide- e, al limite, forse persino uscendo, momentaneamente, da quella che egli vedeva come la "prigione" dell'anima. Nel- !' abbandono "ai lenti gesti del piacere-dolore" - come una volta

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==