piaceri e La cura di sé, Foucault mise in luce come i pensatori classici, da Socrate a Seneca, avessero elaborato dei loro personali regimi di "verità", nel tentativo di conferire ordine e bellezza alle loro vite. Come conoscitore di arte moderna ed erotismo, d'altro canto, Foucault, sempre sulle orme di Nietzsche, fu entusiasticamente attratto da un approccio all'esperienza ma attraverso quella che egli chiamava la sua "negatività". In Storia della follia, trae dal suo incontro con la infernale visione di Goya, con le crudeli fantasie sessuali di Sade e con la folle glossolalia di Artaud "qualcosa che può e deve esser detto", qualcosa che fa trasalire e illumina - qualcosa che in diversi periodi della sua vita egli chiamò "irrazionalità", "il pensiero dall'esterno" o, più semplicemente, "libertà". Incoraggiato dagli esempi di Baudelaire, Rimbaud, André Bretone Georges Bataille, Foucault andò alla ricerca di "esperienze-limite" per sé solo, cercando di cogliere sotto Apollo la presenza di Dioniso, azzardando il rischio di un "sacrificio, di un effettivo sacrificio della vita", come scrisse nel 1969, "una volontaria obliterazione che non deve essere rappresentata nei libri perché ha luogo nella mera esistenza dello scrittore". In questo frangente, che è anche un momento di rottura, "I' esperienza" diventa una zona carica di turbolenza, di energia senza forma, di caos - "l'espace d'une exteriorité sauvage", come l'ha chiamata in L'ordine del discorso, "lo spazio di una incontrollata esteriorità". Come pochi pensatori prima di lui, Foucault si trovava a suo agio in questa terra-di-nessuno: e in verità, la logica interna della sua odissea filosofica, e anche delle sue azioni e prese di posizione politiche, è incomprensibile se la si separa dalla sua tenace e altamente problematica preoccupazione di andare oltre i limiti imposti dalla ragione. e di trovare modalità diverse SUFOUCAULT73 - nel sogno, nei momenti di follia, attraverso l'assunzione di droghe, nel rapimento erotico, nei grandi trasporti di rabbia, e anche attraverso l'intensità della sofferenza - per esplorare i più frammentari generi di esperienza, aprendosi brecce nei confini normalmente tracciati fra inconscio e conscio, fra ordine e disordine, fra piacere e dolore, fra vita e morte; e rivelando così, con radicale crudezza, come le distinzioni che svolgono un ruolo centrale nel gioco del vero e del falso sono flessibili, incerte, contingenti. 2 In un'intervista del 1978 rilasciata al giornalista italiano Duccio Trombadori, Foucault contò tre cruciali conseguenze dell'ostinazione con cui si era accanito per tutta la vita a cercar di comprendere il significato delle sue esperienze, e di aprire le porte al potere di muoversi nei vari giochi del vero che presiedono ai diversi territori dell'esperibile. La prima, disse, era che il suo lavoro non era governato da "alcun background teoretico continuo e sistematico", o regola di metodo, nonostante di tanto in tanto ci fossero libri, interviste e saggi che facessero pensare altrimenti. La seconda conseguenza, disse Foucault, era che "non c'è libro che io abbia scritto che non prenda forma, almeno in parte, da una esperienza personale, diretta" - della follia, della morte, della sessualità, delle forme di comportamento comunemente etichettate come criminali. Dunque, tutti i suoi libri finiscono per essere una specie di involontaria biografia che passa, in quanto tale, inosservata. La terza conseguenza, come ha spiegato Foucault medesimo, è più complessa. Naturalmente, disse, "per partire dall'esperienza, è necessario aprire la strada a una trasformazione, a una metamorfosi, che non sia meramente individuale Michel Foucoult Fotodi Dovid Burnett/Con ocl/Grozio Neri.
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