72 SU FOUCAULT James Miller LA POLITICA IN FOUCAULT DA UN PUNTO DI VISTA BIOGRAFICO traduzione di Alberto Rollo James Miller è direttore del dipartimento di Liberal Studies alla New School for Socia] Research. Questo saggio, tratto da "Salmagundi". n. 97, 1993, è il testo della relazione che ha presentato al congresso internazionale // secolo di Michel Foucaul!, svoltosi a Tolcio il 4 novembre 1991. Il suo ultimo libro, La passione di Miche/ Foucault, è appena uscito in edizione italiana presso Longanesi (pp. 553, L. 45.000). Negli ultimi cinque anni ho lavorato a un libro, ora concluso, su Mi- JomesMiller. Fotodi EmmoHonson. che! Foucault. Non si tratta di una biografia, benché segua la cronologia della vita di Foucault, né è un esame esaustivo della sua opera, benché offra anche un'interpretazione di molti dei suoi testi più importanti. È, piuttosto, un resoconto in forma na1ntiva della storia di un uomo che per tutta la vita si è sforzato di onorare la gnomica raccomandazione di Nietzsche di "diventare ciò che si è". Fondendo insieme aneddotica ed esegesi, mi sono avvicinato alla scrittura di Foucault come se essa fosse l'espressione di un prepotente desiderio di portare a compimento un certo progetto di vita, e alla sua vita come la personificazione dello sforzo indefesso e almeno. parzialmente vittorioso di trasformare quel desiderio in una realtà. Per sostenere la seconda metà della mia ipotesi, ho condotto interviste con lo spirito di un cronista a caccia di notizie, raccogliendo informazioni, particolarmente negli Stati Uniti, su diversi aspetti della vita di Foucault che erano rimasti sino ad allora non documentati, e, inoltre, pochissimo indagati. Con lo spirito dello storico, ho tracciato un abbozzo, il più ampio possibile, del contesto sociale e culturale entro il quale si è dispiegata questa vita. E con lo spirito di un critico letterario, ho illuminato una manciata di fantasie ricorrenti e di immagini ossessive che hanno conferito alla vita di Foucault un colore e una dimensione interiore del tutto particolari, presenti sia nei suoi testi che nella sua quotidianità di uomo. Il mio proposito non era qu~llo di evocare "né il puro soggetto grammaticale né i I profondo soggetto psicologico", come ebbe modo di scrivere lo stesso Foucault, "quanto piuttosto il personaggio che dice 'io' nelle opere, nelle lettere, negli abbozzi, negli appunti, nelle confidenze private''. Quanto segue è un riassunto brutalmente condensato di una ben più lunga argomentazione sul mutare delle convinzioni politiche di Foucault, tratto dal mio libro, che comunque darà un'idea di dove ha condotto la mia ricerca. Tutta l'opera di Foucault ruota intorno a un'idea di esperienza. Verso la fine della sua esistenza, Foucault definì questa sua idea di fondo come segue: "l'esperienza", spiegò, è un modo cl' essere "che può e deve essere pensato", una forma "storicamente determinata" dai "giochi del vero". L'apparire della parola ·'gioco" in questa formulazione sottende l'affermazione, emersa in molti studi storiografici di Foucault, che la verità è parte dell'attività umana, una forma di vita; che le sue regole non sono qualcosa di definitivamente stabilito, date una volta per sempre; che mentre emergono nuovi giochi del vero - scientifici e politici, poetici e psicologici - altri, cadendo in disuso, sono dimenticati. "La storia del pensiero," come disse una volta Foucault parlando della propria opera, è "un'analisi di come un campo non problematico del l'esperienza, o un insieme di pratiche 'accettate' senza discussione", cominciano a porre domande, incitando "al dibattito e alla discussione" e provocando così la formulazione di concetti nuovi, che articolano nuove modalità dell'esperire-che, a loro volta, provocano nuovi interrogativi, in un processo critico senza fine 1 • Lo stesso pensiero di Foucault scaturisce dall'empirica convinzione che ogni campo del l'esperienza sia sempre, per qualche verso, problematico. In pratica - così inducono a pensare i suoi studi critici sulla ragione dal punto di vista storiografico - noi possiamo esplorare ogni confine, interrogare ogni limite, sfidare le regole in ogni gioco del vero in cui ci troviamo a giocare. E non è tutto: quanto più spesso si sogna, tanto più possiamo cambiare le regole del gioco. Noi abbiamo questo potere: si tratta solo di usarlo, anche se pochi di noi lo fanno, poiché siamo inibiti dalle convenzioni del linguaggio, dell'opinione e del senso comuni, rafforzate dalla minaccia di punizione e da un più diffuso e insidioso insieme di paure: di esser presi per diversi, pazzi, anormali. L'obiettivo - e il trucco - è liberare il potere in noi stessi e attingere così all'essenziale energia per portare a compimento l'ingiunzione di Nietzsche: "diventare ciò che siamo". Dando spazio a una tradizione critica inaugurata da Kant e resa squisitamente storica grazie ai contributi di Ernst Cassirer, Gaston Bachelard e Georges Caguilhem, Foucault ha studiato talvolta i giochi del vero attraverso il filtro di quella che egli ha chiamato "la loro positività". In La nascita della clinica e in L'ordine del discorso, dimostra, ad esempio, come nel diciannovesimo secolo l'anatomia clinica, l'economia, la zoologia, la botanica e la linguistica, pur cristallizzate, al loro interno, in "discorsi" coerenti, abbiano organizzato nuovi modelli di percezione, abbiano determinato nuove discipline intellettuali, abbiano dato forma alla struttura delle istituzioni e, infine, fissato regole di condotta. Nell'ultimo periodo della sua vita, in L'uso dei
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==