gesti, illudendosi di poter incidere sul corso degli eventi e di poter interferire con un destino che pare essere già sc,itto e alla fine muoiono. Da qui l'assimilazione delle varie fasi dell'esistenza ai fotogrammi di una pellicola cinematografica. Al pari dei protagonisti di Film, romanzo d'esordio di Sciavi, possiamo solo sperare di velocizzare le nostre azioni di ogni giorno, ma non di svolgere un ruolo attivo e consapevole. Nei personaggi sclaviani si fa strada, a volte, il dubbio di stare recitando una parte prestabilita, di indossare una pirandelliana maschera dietro cui si cela una natura spesso mostruosa: a quel punto può succedere loro di impazzire o di subire uno sdoppiamento di personalità, come a Zardo, protagonista del romanzo Nero, oppure di scoprire di vivere in un microcosmo chiuso e artificiale, come al Rava.sciò del racconto Quante volte tornerai (successivamente adattato a fumetti come terzo episodio di Roy Mann) o alla bella Ma.bel della Zona del crepuscolo (settimo albo della collana di "Dylan Dog") o ancora, come al Francesco di Guerre Terrestri (poi 1ititolat0Apocalisse) di vivere attimi in cui si prende quasi coscienza del proprio stato di marionette viventi manovrate da un oscuro demiurgo per poi risprofondare in quell'incubo senza fine che è la vita. "Viviamo, sembra dire Sciavi, in una 'zona del crepuscolo' come la vecchia Twilight Zone televisiva americana, in cui i confini di Vitae Morte, Realtà e Immaginario, Storia e Mito sono sottilissimi, ogni cosa può accadere, le vicende tornano su loro stesse, tutto è un nonsenso. E tutto, qui, si può risolvere disperatamente in un gorgo, in un vortice, in una 'dissolvenza in nero', un tema sempre presente in tutti i suoi libri" (Gianfranco De Turris, in "L'Eternauta", n. 119, 1993). Qualunque tentativo di fuggire dalle opprimenti maglie della condizione umana, sia che lo si effettui in questo universo sia in altri paralleli al nostro, è destinato a fallire e a concludersi con la morte. Gli unici esseri che, secondo Sciavi, non mentono a se stessi, ma sono anzi assolutamente positivi in quanto rispecchiano la vera natura umana, sono coloro che vengono abitualmente definiti mostri. Il mostro sclaviano, che porta fisicamente su di sé i segni dell'infelice stato degli uomini, è un emarginato, un isolato proprio a causa della insopportabile ve,ità che rappresenta e la maggior parte delle volte uccide pur di attirare l'attenzione (come il protagonista di Memorie dall'Invisibile), "Dylan Dog", n. 19) o perché non vuole accettare la crudeltà e le ipocrisie delle persone cosiddette "normai i"! Il mostro, colui che non può essere ammesso in un consorzio umano per la sua incorreggibile diversità e pericolosità, serve agli uomini, dice Sciavi, perché è su di lui che vengono scaricate le paure e i sensi di colpa, il mostro è il capro espiatorio del genere umano, un po' come il piccolo e deforme Ghor (protagoni ta di uno degli episodi del secondo Special di "Dylan Dog"), maltrattato fino alla morte dai suoi genitori. Sciavi si rivela in taluni casi OITipilatodalla vita e in particolar modo dalla ingombrante e laida fisicità degli uomini, dal loro essere così poco eterei e incorporei; e lo è al punto da desiderare intimamente e in modo profondo la morte, simboleggiata dal ritorno allo stato fetale del protagonista di Storia di nessuno ("DylanDog", n.43) o invocata sotto forma di sonno in Dellamorte Dellamore, in un passaggio del romanzo in cui si afferma significativamente che tutto ciò che dà piacere all'uomo è schifoso, dall'eiaculazione all'ingestione del cibo. Solo il sonno (cioè la mo1te) non lo è. Il fatto che Dy lan Dog sia un amatore assiduo non ha alcuna rilevanza, dal momento che la scelta di fare dell'Indagatore dell'incubo un tombeur de femmes appare dettata dall'esigenza di attirare il più possibile un pubblico giovane e in buona parte di sesso femminile; Sciavi ha in realtà una orta di repulsione (o quantomeno una forma di ossessione) nei confronti dei genitali: non a caso sia nell'episodio Deposizione (disegni di Giorgio Cavazzano), pubblicato su "Alter Alter" nel 1977, sia in uno dei capitoli della trilogia dylandoghiana de Gli inquilini arcani vengono presentati personaggi sprovvisti del!' apparato riproduttivo. Ciò non significa che Sciavi non parli d'amore, tutt'altro. Ne parla, invece, assai di frequente, ma si tratta, di solito, di amore per la morte. Mo) te delle ragazze amate da Dy lan finiscono uccise alla fine del l'albo o si rivelano assassine a loro volta. È come se DylanDog (per non parlare del suo alter ego necrofilo Dellamorte), quando fa l'amore con una ragazza, morisse ogni volta per tornare in vita al termine dell'amplesso. Gli zombi (morti viventi), creature ricorrenti nell'immaginario di Sciavi, hanno la disperazione dipinta sui volti scavati e decomposti proprio perché qualcuno ha osato restituire loro la vita dopo che l'avevano finalmente persa. All'interno della se1ie di Dylan Dog, il personaggio negativo per antonomasia, il nemico acerrimo dell'Indagatore dell'incubo è infatti il luciferino Xabaras, la cui colpa incancellabile è in fondo quella di avere voluto dare la vita, prima in qualità di padre (Dylan è infatti il figlio di Xabaras) e successivamente, attraverso il misterioso virus da lui scoperto, risvegliando chi già era morto. Per Sciavi, i rapporti tra un figlio e i suoi genitori sono sempre all'insegna dell'incomunicabilità e dell'incomprensione. Di fronte all'impossibilità di stabilire un dialogo proficuo con chi lo ha messo al mondo, il figlio tende a rinchiudersi in un suo mondo rassicurante e consolatorio, che può essere rappresentato dalla Do "DylonDog".
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