"Internazionale" in qualche modo li punisce proponendo ai lettori il pezzo straniero, non il riassunto non dichiarato che tendono afarne i giornalisti di "esteri". Come vi è venuta l'idea di uno strumento come questo? Vedendo un settimanale francese, il "Courrier international", che però è molto vivace e spesso molto superficiale, anche per distinguersi, perché in Francia gli esteri sono seguiti molto bene da "Le Monde diplomatique" e altre testate. Abbiamo messo a punto tra amici il modello, e l'abbiamo proposto a quelli che sembravano i referenti ideali, a sinistra. Con risultati zero. Alla fine abbiamo trovato ascolto in Luigi Abete, che interviene in quanto privato e ha la maggioranza delle quote; io e Francesco Varanini abbiamo una minoranza di controllo; Mondadori assicura la distribuzione, e non interviene in nient'altro. Siamo in cinque a lavorare fissi, i collaboratori sono decentrati: ma c'è tutta una rete di selettori, in Italia e all'estero, che seguono, leggono, propongono; eci sono poi tutti i traduttori specializzati, anche loro decentrati. Ai grafici abbiamo chiesto e chiediamo di pensare alla nostra rivista come a una 1ivista anti-zapping, una rivista da leggere e non da sfogliare. Come decidete cosa pubblicare? La scelta degli articoli avviene su materiali preesistenti, qui facciamo il contrario di quanto si fa in una redazione normale, dove prima si discutono i temi e poi si commissionano o cercano i pezzi. Cerchiamo di non scegliere l'ovvio, per esempio per gli Usa di non dare la solita immagine di quel paese, monolitica e banale, edi vederlo invece sotto punti di vista diversi dai soliti; per gli altri paesi, però, c'è solo l'imbarazzo della scelta, se ne sa così poco e se ne pubblica così poco in Italia! Si impone però l'attualità, al cui interno scegliamo di tradurre per l'Italia non quello che pensiamo possa interessa.redi più gli italiani, ma quello che interessa di più lì, le questioni importanti per i giornali dei paesi di cui ci occupiamo, per gli abitanti di quei paesi; si seguono le loro priorità, e poi si scelgono i pezzi che ci sembrano più efficaci. Succedono così tante cose nel mondo, che il materiale non manca certo! Per esempio, ci sono guerre di cui non si occupa proprio nessuno, gli unici italiani che non le dimenticano mai sono i commercianti di anni. Prediligiamo infine di tradurre da lingue poco frequentate e di non limitarci a giornali istituzionali. Molto spesso pubblichiamo su uno stesso argomento più pezzi, anche in contrasto tra loro.Un caso esemplare è stato, di recente, quello ciel massacro cliHebron, sul quale abbiamo dato versioni e commenti sia dei giornali israeliani che dei giornali arabi. Una curiosità: gli articoli vengono tagliati, se troppo lunghi? E perché non pubblicate reportages? No, gli articoli sono integrali, anche per ragioni contrattuali. I nostri referenti sono molto pignoli e lo esigono sempre. Quanto ai reportages, in parte è una scelta. Ogni tanto ne pubblichiamo, ma i lettori preferiscono l'accesso cli.rettoal le notizie, non il punto di vista dello straniero in visita. Il Burundi lo può certamente raccontare meglio uno che non è del Burundi, ma il lettore si dice: allora leggo il reportage cliun italiano, su un giornale italiano. E lui invece compra "Internazionale" proprio per evitare gli italiani! Di economia vi occupate non a parte, anche se per ora, mi pare, relativamente poco ... Nessuno ha una forn1azione specifica, ma cerchiamo di diventare competenti a tappe forzate! In Italia l'economia è trattata a parte, in un compartimento stagno. Riguarda solo gli addetti ai lavori, o si vuole che sia così, e questo è un grande limite di chi fa giornalismo come di chi legge. Sui giornali stranieri le storie di economia non sono mai criptiche come da noi, perrnettono al lettore di capire quelle parti di avvenimenti che altrimenti risultano incomprensibili. Cercate di avere una linea, in/atto di politica internazionale? O almeno su alcuni grandi fatti, su alcune grandi scelte? No, cerchiamo cli non avere una linea definita, il nostro compito è di servizio; e però è evidente che se su dieci articoli che è possibile tradurre noi ne scegliamo uno, alla fine un po' di linea viene fuori ... Di recente una rivista vicina all'Opus Dei, "Studi cattolici", si è chiesta: chi c'è dietro "Internazionale"? Che vogliono questi? C'è sempre gente che ragiona in questo modo. ln molti paesi ci sono testate omogeee all'establishment che hanno capacità di critica dell'establishment ben più grandi di quelle delle testate italiane. Questo è i 1 problema centrale della stampa italiana, la sua assenza di coraggio. "Internazionale, ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo" costa lire 3.000 e si trova in tutte le edicole. L' abbonamento annuo è di 140.000 lire, semestrale di 70.000. Leggetelo, risparmiate sui giornali "normali". LASINDROMEDI CHERUBINO. LERIVISTEPERGLIADOLESCENTI AlbertoRollo Uno dei guasti più significativi prodotti dagli anni Ottanta in chi ha a che fare con l'editoria o-vi lavora o semplicemente neè un osservatore esterno è la pretesa di attribuire a una strategia di mercato premiata da un grosso volume di affari una valenza di verità. Se un prodotto vende-così suona la "vulgata" -o meglio se si danno le condizioni per modellare il prodotto e rispettare con uno scarto minimo la curva di mercato prevista a tavolino, allora significa che quel prodotto non è stato soltanto un buon investimento ma porta con sé una verità: la verità implicita nel bisogno che detta le motivazioni d'acquisto o, in altri termini, del bisogno che anticipa la sua induzione. L'osservazione del mondo dal!' alto degli uffici marketing delle grandi imprese editoriali - se ne conclude - non è così cinica come sembra. Esiste una passività culturale che vuole essere "agita". Esiste un "volgo _disperso"che vuole essere nominato, sia pure attraverso il laico battesimo di un prodotto editoriale che lo irreggimenta chiamandolo alla sua funzione di consumatore. Che gli uomini siano prevedibili e governabili, appare secondario rispetto alla verità che il "loro" prodotto esprime, nello stesso momento in cui se ne approp1iano. La conditio sine qua non del buon governo sarebbe una scrupolosa lettura delle fasce sociali di pubblico, dei bisogni che ciascuna esprime, delle diverse identità collettive di consumatori. Anche quella a cui appartiene il ragazzino che avanza con passo sgangherato, facendo sobbalzare il colorato zainetto Invicta, lo sguardo perduto sotto i capelli; la ragazzina che schiva il coetaneo
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