Linea d'ombra - anno XII - n. 92 - aprile 1994

Edgar Reitz RIFLESSIDELTEMPO IncontroconLucaMosso Edgar Reitz (Morbach, 1932), vive e lavora a Monaco di Baviera. Con Heimat (1984) e Die Zweite Heimat (Heimat 2, 1992), film a episodi della durata di 15 e 25 ore in cui affronta la storia tedesca del dopoguerra, si è segnalato come uno dei più importanti registi europei degli ultimi anni. Nel '62 è stato fra i firmatari del Manifesto di Oberhausen, atto di nascita ufficiale del Nuovo Cinema Tedesco, e nelI' anno successivo ha fondato insieme con Fotodi Marco Merlini/Effigie. Alexander Kluge I' lnstitut fi.ir Filmgestaltung a Ulm, in cui ha insegnato fino al 1968. L'obiettivo dell'istituto è quello di contribuire alla rifondazione della cinematografia nazionale sostenendo, in sintonia con le nouvelle vagues di tutto il mondo, il cinema degli autori. Reitz ha diretto documentari, cortometraggi, film industriali e shorts pubblicitari. li suo primo lungometraggio a soggetto, Mahlzeiten (L'insaziabile) ha ottenuto il Leoned' Argento a Venezia nel 1967. Prima di Heimat ha girato altri otto lungometraggi (nessuno distribuito in Italia), fra i quali si segnalaDie Reise nach Wien (Il viaggio a Vienna), uno dei pochi film tedeschi a trattare il nazismo con toni da commedia. Il pubblico italiano ha conosciuto Edgar Reitz nel 1984 con l'uscita di Heimat. In realtà la sua carriera era già abbastanza lunga e articolata: aveva realizzato cortometraggi e lungometraggi a soggetto, documentari, film industriali, televisione. Rispetto a questi lavori Heimat mi sembra uno spartiacque, un punto di rottura. Come vede la prima parte della sua carriera in relazione a Heimat? Come una carriera normale: quella di un regista che fa un film all'anno. Certo, se un giorno si decide di fare un film di 16ore, allora qualcosa cambia. Anche a un osservatore esterno sembrerà che lavorare cinque anni ad un unico film siadiversochenon fare un film ogni anno. E prendere una decisione del genere costitu'isce un salto, una rottura nella propria biografia. Dopo Heùnat J ho dovuto chiedermi: "Ho fatto qualcosa di nuovo? Con questo film posso forse aprire nuove strade?" Molti mi dissero che si trattava di un'eccezione e che era ora di tornare alla normalità. Queste opinioni, ovviamente, mj hanno provocato: la decisione di fare Heùnat è nata anche dal desiderio di proseguire su questa nuova strada. Evidentemente queste durate le sono congeniali. Dobbiamo quindi aspettarci ancora film lunghissimi? No. li prossimo sarà un film piccolo, di lunghezza normale quindi. Si tratta di una storia quotidiana ambientata in Germania, nei mesi seguenti la caduta del muro. Ci saranno solo tre personaggi, due uomini e una donna e ovviamente sarà anche una storia d'amore. Torniamo a Heimat. Qual è la genesi di questo progetto? Nel 1978 avevo girato un film intitolato Der Schneider von Ulm. È la storia di un uomo, vissuto nel XVIII secolo, che voleva volare e che si costruì un velivolo. Si trattava di una figura storica, e mi sono identificato molto con questo personaggio. Anch'io ho vissuto un'esperienza molto simile a quella che ha vissuto lui con il suo desiderio di volare: sono caduto! Sembra una battuta, ma in realtà fu una tragedia: persi tutti i soldi, ero pieno di debiti e non avevo nessuna prospettiva di continuare a lavorare. Qualcuno poi mi ha aiutato a tirare avanti e a pagare i debiti. Venne la fine dell'anno e degli amjci mj invitarono a passare qualche giorno a Sylt, un'isola del Mar del Nord. Nel gennaio del '79 ci fu un maltempo eccezionale: i treni non potevano circolare e non si poteva neppure lasciare l'isola. Non potevo nemmeno uscire di casa, perché c'erano quattro metri di neve davanti alla porta. Ero in prigione. Fu allora che cominciai a chiedermj perché fossi diventato un regista. Nella mia famiglia non c'erano esempi del genere: mio padre era orologiaio, abitavamo in una piccola città. Mio padre voleva che continuassi la sua attività; avevo anche fatto una scuola per diventare orologiaio. Sono stato l'unico in famiglia ad andare all'università. Avevo un grande interesse per la letteratura. Ho letto sempre moltissimo, fin da bambino, e a quattordici anni ho cominciato a scrivere. Al liceo avevo fondato un gruppo teatrale e avevo cominciato a scrivere dei piccoli pezzi per il mio gruppo. Perciò studiai letteratura e teatro. Volevo diventare sc1ittore e regista teatrale. Poi, negli anni dell'università, conobbi il cinema, e fu una rivelazione. Quando mi chiesi se fosse stato giusto prendere questa strada, cominciai a scrivere la storia della mia famiglia. Come sempre capita quando si scrive, si comjncia con la verità e si finisce con un romanzo. Quali problemi ha comportato la costruzione di film tanto lunghi? I personaggi, per esempio, erano in tulio definiti infàse di progetto oppure si sono evoluti e sviluppati nel corso delle riprese, trovando la loro strada? I personaggi cambiavano, evolvevano continuamente. All'inizio, quando cominciai a scrivere la sceneggiatura, avevo già un'idea di come potessero essere. In seguito, ancora in fase di scrittura, mi resi conto che si stavano sviluppando. Quando poi si trattò di scegliere gli attori, di decidere chi sarebbero stati gli interpreti, trovai notevoli difficoltà: nessun attore, inizialmente, è uguale al personaggio del copione. È la differenza fra cinema e letteratura. Sì, stavo anivando proprio a questo. Appena comincio a girare il film con i miei attori, mi accorgo che il copione ha una forma letteraria, e che devo trovare la forma filmica corrispondente. La differenza fra letteratura e film è fondamentale, soprattutto per quanto riguarda la questione della fantasia. La letteratura fa del lettore un regista: il lettore crea le immagini. Nel cinema, invece, lo spettatore è l'inventore della storia. In letteratura si può raccontare molto bene la storia, ma le immagini rimangono frammentarie. Nel film, invece, si possono rendere precisamente le immagini, ma la sto1ia rimane frammentaria. Quello che fa lavorare la fantasia dello spettatore sta al di fuori delle immagini, fra una scena e l'altra. li fuori campo, ciò che è al di fuori dell'immagine e del tempo, o che si trova nel montaggio, fra le singole inquadrature, muove la fantasia. el cinema il fuori campo è il mondo della fantasia. Per questo il disegno del film cambia continuamente, e gli autori non

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