VEDERE,LEGGERE,ASCOLTARE 37 pensiero e piega il suo linguaggio ricchissimo e polifonico al servizio di un'indagine intorno al sapere del corpo e alle censure che lo costringono. Molto un-English l'ha definita Ian McEwan. Ed ha ragione. È poco inglese la sua propensione alla celebrazione della "sensualità", al suo manifestarsi al di là delle buone maniere e del gusto per l'understatement. Tutt'al più ha a che vedere con la tradizione elisabettiana o con la poesia metafisica, spogliata di ogni raffinatezza autocensoria, aperta al cortocircuito del corpo che incontra la mente. È poco inglese il tratto sfacciato, ironico della sua scrittura che adotta i modelli canonici ottocenteschi, racconto e romanzo, e ne viola le premesse, prestando attenzione alle domande e al sapere che si nascondono dietro lo sguardo al l'apparenza innocente dell'infanzia e dell'adolescenza. A storie di amori impossibili e incestuosi: tra dei ed esseri umani, esseri umani e animali fantastici, fratelli e sorelle, madii e figlie. È infine difficile da accettare la sua inclinazione a mettere tra parentesi le leggi del "buon senso comune" nelle sue scelte tematiche e formali così da sfiorare in continuazione il bordo del non-sense che delimita "un mondo costruito da deduzioni logiche e creato dal linguaggio( ...) che si frantuma nelle sue stesse astrazioni". Come coniugare l'ironia giocosa di Lewis Carroll, maestro amato, con la te1Tadesolata dell'oggi? Dove tracciare la linea incerta della surrealtà, dove disegnare quella linea rassicurante che divide il mondo del giorno da quello della notte, il sapere contemporaneo da quello medioevale? Con piglio postmoderno Angela Carter offre lei stessa la 1isposta alla domanda che pone: "In nessun luogo". Quella linea incerta si muove infatti in continuazione, non conosce e non vuole conoscere un tracciato preciso. Si sottrae allo sguardoeall' intelletto nel momento in cui l'uno o l'altro presumono di avere individuato il percorso. Così in Figlie sagge e Notti al circo (Feltrinelli), così in Venere neracheoffreidueritratti inassoluto più intelligenti che mai siano stati delineati da E.A. Poe e Charles Baudelaire. Così ancora è inLove (il suo ultimo romanzo uscito in italiano, trad. di R. Bernascone e D. Fargione, Rizzali 1993), storia di un pe1fetto triangolo amoroso, liberamente ispirato all'Adolphe di Benjamin Constant, con finale tragico e postfazione surreale e metanaITativa che dissolve l'ordito della storia stessa, così all'apparenza pesantemente realistica (fu scritto nel '71), eppure così dolorosamente "lieve": le incerte emozioni dei tre protagonisti, sado-masochisticamente uniti fino alla fine, si sciolgono nelle sequenze del suicidio di Annabel. Suicidio cui la protagonista si prepara avendo in mente la riproduzione dell' Ophelia di Millais, avuta in dono dal giovane maiito. Composta, distesa su un letto, truccata, i capelli tinti dello stesso colore dell 'Ophelia del quadro. Ma è un gioco infinito quello che Angela Ca.iter rilancia al lettore il quale dovrebbe ricordare come Millais avesse guardato non solo, ovviamente, a Shakespeare, ma anche alla bellezza della giovane modella Elisabeth Siddal, futura sposa - forse suicida - di Dante Gab1iel Rossetti, alla quale toccò - per amore della precisione ipe1Tealistadel pittore preraffaelitache la dipingevagiacere nell'acqua fino ad ammalai·si. Certo, questo Angela Carter lo sa. E la domanda che dunque pone e lascia aperta, attraverso il gioco raffinato di riferimenti intertestuali, è: "Fino a che punto Ophelia sceglie la strada della pazzia e del suicidio, come unico modo di uscire di scena?". E ancora, quanto sa Annabel, la protagonista di Love, di quel quadro e dei suoi riferimenti? E quanto sappiamo, noi letto1i, intrappolati nella seduzione del suo na1Taree nella domanda che, sospetto, Angela Ca.iter non avrebbe voluto che nessuno sciogliesse: "Dove finisce la realtà e comincia la finzione? Fino a che punto la realtà saprà aprirsi al gioco della finzione, così da conoscersi davvero?". SESSOEPOTERE VICEVERSA. UN ROMANZO DI CRICHTON MarisaCaramella Perfino l'austero "Economist" nel numero del 29 gennaio dedica alla questione uno spazio pari a quello occupato dalla crisi Fiato dagli aiuti alla Bosnia. L'articolo si intitola White Male Fear, ovvero Ù! paura del maschio bianco. Una volta stabilito che non si tratta della paura che il maschio bianco incute, tradizionalmente, a quelli di diverso colore, bensì del "nuovo" timore ispirato al maschio americano dalle conquiste femminili in campo politico ed economico, verrebbe voglia di coITeggerlo, quel titolo, perché non è esattamente "paura" la parola che meglio si adatta a descrivere lo stato d'animo, tutt'altro che nuovo, di metà del cielo Usa. L'"Economist", dopo aver citato una serie di episodi accaduti nelle ultime settimane e riportati con grande risalto dalla stampa-dall'ammissione di una donna ai corsi di un' accademia militare al trionfo di Lorena Bobbitt in tribunale-, tutti destinati ad alimentare i terrori dei poveri maschi in pericolo, procede a dimostrare, dati statistici alla mano, come questi terrori siano del tutto infondati. Non solo il genere minacciato non è in via di estinzione, ma nemmeno a rischio: nove su dieci posizioni manageriali ali' interno delle aziende appartengono ancora al "panda" wasp; le denunce per molestia sessuale inoltrate da maschi alla Egual Employment Opportunity Commission tra il 1990 e il 1992 sono aumentate, rispetto ai "rosei" anni Ottanta, in percentuale, soltanto di un punto (e con ogni probabilità l'insidia più concreta proviene, per i maschi bianchi, da altri maschi bianchi); per quanto riguarda il potere politico, poi, il 25 gennaio un presidente maschio e bianco ha indirizzato il suo discorso sullo stato dell'Unione a un Congresso composto quasi per intero da maschi bianchi, davanti a un consiglio dei ministri in cui i maschi bianchi detengono la quasi totalità delle posizioni importanti. Qui finisce l'intervento dell'"Economist" sul clamore suscitato dall'ultimo romanzo di Michael Crichton, Rivelazioni (Garzanti, traduzione di Maria Teresa Marenco, pp. 459, Lire 34.000), che ha per tema la molestia sessuale: dopo aver doverosamente ironizzato sull'espediente adottato dall'autore per allertare il maschio bianco al pericolo rosa (a stendere la vittima sul divano dell'ufficio e ad alitarle in faccia vapori alcolici sussurrando frasi smozzicate questa volta è un boss di sesso femminile), e dopo aver prammaticamente suggerito che la provocazione di Crichton rende se non altro ali' Ame1ica il servizio di "stimolare il flusso adrenalico che alimenta la competizione", il settimanale britannico non indaga oltre il perché di quella "paura", peraltro priva di fondamento, che assillerebbe il maschio americano, e sulla quale conterebbe l'autore per vendere milioni di copie. Un altro autore voi issimo settimanale, questa volta americano, la "New York Review of Books", pubblica intanto, nel
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