Linea d'ombra - anno XII - n. 92 - aprile 1994

36 VEDERE,LEGGERE,ASCOLTARE ANGELACARTER, DA NESSUNLUOGO BarbaraLanati Non sappiamo quando, esattamente, Angela Carter scrisse Impressioni. La Maddalena del maestro, apparso per la prima volta nel febbraio del 1992 sulla rivista "EMR", e in seguito riedito e raccolto nel volume American Ghosts and Old World Wonders (Fantasmi americani, trad. M.C. Iuli e A. Tranfo, Anabasi 1994, pp. 165, Lire 22.000). Non lo sappiamo perché in quell'anno Angela Carter morì e forse non lo sapremmo con certezza neppure se Angela Carter fosse viva. Perché Angela Ca.1teriniziava un racconto, abbozzava la traccia di un altro, per lavorare a un terzo e riprendere il filo interrotto del primo o del secondo di lì a poco. Senza ombra di dubbio tuttavia quel racconto fantastico è uno dei più intensi che Angela Ca1ter abbia scritto, in cui, senza soluzione di stacco, chi scrive passa da una riflessione di tipo filosofico-estetico (le diverse versioni che ci sono state lasciate in ambito figurativo della "persona" Maddalena) al dato puramente autobiografico (le sensazioni provate durante il parto), senza che la voce fuori campo, l'io che d'un tratto scivola nelle maglie del racconto, invada la narrazione, ne snaturi il tratto fantastico, e infine alla tessitura "fiabesca" del racconto stesso, disancorata da qualsiasi pressione "realistica", disinteressata dunque alla veridicità e verificabilità "storico-storiografica" della sua personale rilettura di ciò che altri, prima di lei, hanno su quello specifico argomento scritto. I tre livelli-sequenze del racconto lo costruiscono e concludono. Dimostrano la tesi da cui il racconto muove ("Perché una donna sia vergine e madre ci vuole un miracolo"), lavorando intorno alle immagini della luce e del silenzio, le stesse intorno a cui si organizza il quadro, la Maria Maddalena di George de la Tour. Quel lavoro di traduzione, sequenza dopo sequenza, dei tratti e dei volumi, dei giochi di luci e ombre, in parole e frasi, paragrafi e sezioni del racconto, non solo ci aiuta ad accostarci con maggiore attenzione al dipinto di de la Tour, ma segna il racconto tanto da rimodellare il personaggio femminile che ne è al centro, a trasformare-tradurre Ma.1·iaMaddalena in "vergine e madre". II racconto dà, in altre parole, vita al miracolo di cui parla in apertura. Rovescia nel loro contrario le premesse stesse della cultura cui appa.1teniamo. Mette alla luce la carica erotica che anche il più puro, 1igoroso ascetismo po1ta con sé. Ci chiede di inteIToga.1·cisul senso ultimo di ciò che pensiamo di sapere, su quanto la cultura informi di sé laconoscenza che possediamo del mondo e delle cose. Ho scelto di partire da un racconto di Angela Carter per prova.1·ea tracciarne un breve ritratto perché so con ce1tezza che è così che lei avrebbe voluto. È così che mi avrebbe chiesto di fa.I·e, affinché fosse dalle parole che lei aveva consegnato alla pagina, che muovesse il suo ritratto. Uno scrittore è, infatti, sempre ciò che ha scritto e ciò che gli è accaduto e poi scelto di leggere. Come Borges, da lei amato e sovente citato, A. Ca.Iter riteneva che "quanto viene scritto ha sempre a che vedere con un libro, con i lib1i che sono stati scritti prima". Dunque, e con coerenza, non fu mai riluttante neLloscoprire le ca.1tedel suo affascinante gioco che affondava le radici nelle Mille e una Notte e nella tradizione gotica. Nelle fiabe tramandate attraverso i secoli e nel romanzo sudamericano. Che lesse sempre in traduzione, come i suITealisti FotoEffigie/Connarso. francesi o Rimbaud, incontro per lei epocale, cercando di catturare nella sua la sensualità e pienezza delle lingue latine e della filosofia che le sottendeva. Con quel mondo la sua fisionomia ha dunque a che fare e con la perfezione "nera" di E.A. Poe e N. Hawthorne. Con la luminescenza calda di José Donoso e del primo Robert Coover. È da loro, dichiaratamente, che pa1te il racconto fantastico che, in variegate versioni, segna tutta la sua produzione letteraria da La camera di sangue a Venere nera (ed. Feltrinelli) fino all'ultimo Fantasmi americani. Di là muove la sua scrittura che dice dell'impossibilità di dire se non ri-dicendo e ri-raccontando ciò che da altri è stato detto e raccontato; che fruga nelle pieghe del corpus letterario e storico che ci è stato consegnato, quale raffigurazione ultima di ciò che è ed è stato, per individua.1·e nuove verità, nuovi sentieri su cui incamminarsi. Come se la luce dovesse sempre fa.1·ei conti con il buio (e non è forse così?), la gioia di conoscere con i labirinti, gli scantinati, le celle, gli anfratti di una tradizione, non solo letteraria, che ha segnato le vite e la scrittura di chi ci ha preceduto. Legata alla tradizione anglosassone dello story-telling, Angela Ca1ter sceglie il modello della "fiaba", la cui impostazione fantastica informa di sé sia i suoi racconti che i suoi romanzi, perché quel modello instaura - e sono sue pa.1·ole- "rapporti che forme subletterarie, quali la pornografia, ballata e sogno", generi di solito trattati con mano pesantedallac1itica ufficiale(Fireworks, p. l 32). Perché quel modello pennette di spaccare la scorza dura del "moderno", di anda.1·eoltre i confini rassicuranti del romanzo e del racconto "classici" e sprofondare nella memoria buia che quelle fonne così canonicamente ufficiali hanno coperto. Di ridare corpo e spazio a ciò che è stato rimosso. Calore e luminescenza ai "mostri" che abbiamo allontanato e che è tempo di riraccogliere tra di noi. Per questo motivo vengono in mente Ovidio e Kafka leggendo Angela Carter che ama tutto ciò che è informe e si trasforma, che sceglie di dire degli umori viscerali del corpo e del

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