32 "GIALLO"/DE CATALDO critica, non scrivono libri polizieschi, ma bei libri solo occasionalmente polizieschi. E allora: esistono alcuni aut01i che presentano precise e 1icorrenti connotazioni naiwtive, accompagnate, nelle espressioni più riuscite, da un enorme successo di pubblico. Provvederanno poi i critici a "estraiTe" dal poliziesco i libri di grande successo decretando che sono solo occasionalmente libri polizieschi: pazienza se Sciascia era un cultore di gialli, se il Pasticciaccio di Gadda nasce in margine a una cronaca giudiziaria dell'epoca e l'autore dichiara di voler scrivere un poliziesco per ampliare il bacino dei propri lettori 13 • Chi scrive un bel poliziesco, un poliziesco di successo, è automaticamente promosso in serie "A". Al massimo, si potrà dire che ha scritto un libro che in qualche misura si è servito degli schemi del giallo, salvo poi precisai·e che questi schemi sono stati stravolti, emendati, migliorati, ecc. ecc. Il Vautrin di Balzac è l'eroe di un grande scrittore e non il protagonista di un (grande) romanzo poliziesco. Insomma, il poliziesco è un genere deteriore, e chi scii ve bei polizieschi va fuori genere. La differenza tra Scerbanenco e Sciascia sta tutta qui, dunque: che il primo scrive storie di delitti e di misteri, il secondo scrive storie anche di delitti e di misteri, ma con qualcosa in più. Che cosa? La critica sociale? Ma se si tratta di un dato acquisito almeno a partire dal 1960! La paranoia dei contropoteri più o meno occulti? Ma quella affiora in centinaia di romanzi di autori misconosciuti! 14 E allora? Allora, niente. Semplicemente, l'uno è un grande autore, l'altro un autore (grande?) di polizieschi. Paralogismo, oppure, se preferite, mero esercizio del gusto: a me piace più quello perché mi piace di più, e basta. Viene in mente il disprezzo che circondava Hitchcock prima della rivalutazione operata dai soliti francesi. 15 Messa così la questione se esista o no una "scuola" italiana del giallo e se il tale o il talaltro autore siano autori di polizeschi diventa puramente nominalistica: se proprio ripugna iscrivere Sciascia nell'elenco dei giallisti, Io si tenga pure fuori. Chi lo ha letto ed amato sa che lui si è occupato di misteri e di delitti. Il resto è una polemica a tempo perso. 4. Torniamo al Grande Delitto e al nostro 1980, l'anno della svolta. Il 26 giugno il DC-9 di Ustica, il 2 agosto la strage alla stazione di Bologna. In primavera c'era stata la marcia dei 40.000 alla FIA T, pochi mesi prima si era spezzata (sulla questione dei missili NATO a Comiso) la solidarietà nazionale, il PCI tornava all'opposizione. Moro era stato rapito e ucciso da due anni, ancora due anni e le B1igate Rosse sarebbero state triturate dalla ritrovata efficacia repressiva dello Stato e da un'ondata di pentimenti. Nel frattempo, cominciavano a cadere sotto il piombo di una Mafia sempre più aggressiva e collusa col potere, poliziotti, giudici, politici onesti. Lo scenario politico si apprestava a mutare radicalmente: la sinistra perdeva progressivamente peso ed egemonia culturale, ai partiti tradizionali si sostituivanooligai·chie affaristiche "trasversali", nascevano le TV private, si cominciava a parlai·e della P2, Craxi salvava Abul Abbas dai marines incarogniti, e continuavano a cadere sotto il piombo della Mafia giudici, poliziotti e politici onesti, e continuavano a saltare in aria treni e ... insomma, i mitici anni Ottanta. Con tutto quello che stava accadendo, c'era mate1iale da inventarla di bel nuovo, una scuola del poliziesco: la Chicago di Al Capone era roba da archeologia del crimine al confronto della Palermo dei corleonesi, il livello di omologazione tra rackets legali e illegali faceva impallidire le allarmate riflessioni di Horkheimer e Adorno. Invece, niente. L'ultimo grande poliziesco "politico", A che punto è la notte di Fruttero e Lucentini, è datato 197916 (e non è un caso che solo adesso, a quindici anni dalla sua pubblicazione, la RAI ne stia curando la versione per immagini!): da allora, attendiamo ancora un libro così capace di "mordere" il sociale. Il 1980 è anche, paradossalmente, l'anno del più importante e fortunato romanzo poliziesco che sia mai stato sc,itto da un autore italiano. Parliamo, ovviamente, di Il nome della Rosa di Umberto Eco. Tutto quello che si poteva dire e scrivere intorno a questo monumento della cultura contemporanea è stato già detto e scritto: che è un libro bellissimo e affascinante (è la mia opinione personale e quella di tanti altri), che è un pasticheai limiti dell'incomprensibile (è l'opinione, per esempio, di Mandel e di pochi altri). Ai nostri fini basta solo sottolineare come, col Nome della Rosa, la corrente che si 1ichiama al giallo d'intrigo segni un indubbio punto a proprio favore. Eco è un noto studioso della logica abduttiva 1 7 , e proprio la serietà "ufficiale" del contesto accademico in cui sono inserite le sue ricerche su Sherlock Holmes impedisce di iscriverlo nel partito - maggioritario - dei dispregiatori del genere. Se nel romanzo l'attenzione dello studioso diventa mitologia naiwtiva, avvincente mitologia naiwtiva, intanto, però, il poliziesco italiano nel suo complesso sembra aiTetrare di fronte alla tragica complessità delle vicende contemporanee. Nei prodotti migliori del decennio, dal Sospetto di Laura Grimaldi a Procedura di Salvatore Mannuzzu ai Tre giorni nella vitadell' avvocato Scalzi del fiorentino Nino Filastò ai racconti di Outland Rock di Pino Cacucci (tutti bei libri accomunati, secondo il noto vizio sopra lamentato, da una percezione di c1itica che li pone ai mai·gini o fuori dal genere), i tratti salienti di quella che non possiamo chiamare la "scuola" del giallo italiano, pur non scomparendo del tutto, si orientano piuttosto verso lo scavo intimistico e l'approfondimento psicologico. Nel Sospetto la realtà è una pura astrazione, e anche laddove, come in Mannuzzu e in Filastò, affiorano i temi del terrorismo e della corruzione morale del Paese, si tratta di pallide ombre asservite all'enfatizzazione di un rovello interiore. Niente a che vedere, ovviamente, con l'insoppo1tabile retorica minimalistica che appesta, nello stesso periodo, la letteratura cosiddetta ufficiai@, ma la sensazione è che gli autori si sentano addosso il peso di una sorta di censura di regime, un tacito subdolo invito al non dire, all'occultare, ad anni luce di distanza dalle truci regole di scrittura dettate dal fascismo, ma pur sempre una censura, una fonte di limiti imposti in vista di un risultato di segno forse contrapposto nell'apparenza ma identico nel la sostanza: nel Ventennio non si poteva ammettere che il delitto fosse di casa in Italia, nel Decennio Maledetto non si doveva disturbare più di tanto il manovratore. Sino all'estremo dei libri di Cacucci - il più giovane della compagnia -, che nel suo costante elogio della fuga sembra voler prendere definitivamente le distanze da un mondo popolato da ectoplasmi che gli fanno orrore: signori, io con voialtri non voglio avere niente a che spartire, e per dirla tutta, non contate su di noi perché abbiamo già dato. Con ciò, ovviamente, non si vuol dire che negli anni Ottanta non siano stati scritti polizieschi che in qualche misura si confrontavano, secondo le regole della migliore tradizione che abbiamo cercato di individuare, con i grandi temi contemporanei. Vogliamo solo dire che questi libri, alcuni notevoli, altri giustamente negletti, sono stati relegati nelle collane minori e comunque non hanno riscosso grande successo: con l'eccezione di Augias, ultimo alfiere del poliziesco politico: ma il suo Tre colonne in cronaca, una volta diventato film, viene stroncato proprio perché troppo politico! Vogliai110dire che il poliziesco d'élite quel grande poliziesco che si vuole a tutti i costi non definire tale, ha abbandonato proprio il terreno più fertile d'indagine, quello che gli veniva offe1to su un piatto di sangue dai misteri d'Italia, per fuggirsene altrove: nel proprio cuore, in un paradiso esotico, lontano dalla strada, comunque. Vogliamo dire che il Grande Delitto è rimasto, anche nella fantasia libera dei narratori, insoluto. Lo stesso Carlo Lucarelli, il più politico degli autori di polizieschi dell'ultima leva, ambienta le storie del commissario De Luca nei momenti immediatamente prossimi alla Liberazio-
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