Linea d'ombra - anno XII - n. 92 - aprile 1994

Napoli. Fotodi RobertoKoch/Controsto assimilarsi, l'interazione tra poteri ufficiali e occulti diventa sovrapposizione, con uno scambio anche fisico, di tipi umani di fisionomje tra gli esponenti degli uni e degli altri (il volto di buon contadino di Totò Riina, le uniformi lustre dei generali gladisti, il sorriso pacioso di Luciano Leggio, detto Liggio, lo sguardo imperscrutabile di Salvo Lima)9. Questa la situazione agli albori degli anni Ottanta, gli anni della svolta. Il romanzo poliziesco italiano - o quei romanzi che delloschema poliziesco, come vedremo, si avvalgono in qualche misura- diventa, nelle sue migliori espressioni, romanzo "politico" e sociale: sulla città, sui Poteri e sulle loro trame, sulle inquietudini della democrazia imperfetta. Il poliziesco, che già aveva fatto lodevole fronda sotto il fascismo, per almeno vent'anni ha seguito la realtà italiana e in qualche misura fornito utili elementi per interpretare i cambiamenti e la loro sotterranea direzione. li poliziesco italiano ci ha fatto capire che il Mistero Italiano per eccellenza è mjstero politico, d'intrigo affaristico, di trame occulte. Lo si potrebbe definire il Grande Assassinio della Democrazia, un unico, imponente crimine di cui autore è il Potere nelle sue più svariate articolazioni e vittima il popolo. Il poliziesco italiano ci ha spiegato che ilfamily p/ot non si addice all'italiano: a meno che la famiglia di cui si parla non sia quella mafiosa, con i suoi ben radicati legami negli apparati dello Stato. li poliziesco italiano si affaccia al nuovo decennio ben attrezzato per proseguire quella riflessione (metaforica) sulla contemporaneità che è il suo tratto più stimolante. 3. Facciamo un piccolo break. Le oscillazioni della storia e la "GIALLO"/DE CATALDO 31 grande varietà di stili non ci consentono di postulare l'esistenza di una scuola italiana del giallo, ma possiamo affermare, da un lato, che ci sono un gruppo di autori che si orientano secondo schemi e moduli narrativi ben precisi, da un altro, che comunque è pacifico che in Italia non sia mai esistita una tradizione del poliziesco "classico". E allora si può anche sostenere che, negando la "scuola", si voleva dire qualcosa di diverso, qualcosa che non ha niente a che vedere con i libri polizieschi scritti in Italia. In realtà, lamentando la mancanza di una "scuola", si è voluto sempre e solo dire che è mancato, alla letteratura poliziesca nazionale, il pubblico nazionale di massa: il lettore italiano di polizieschi ha sempre premiato il prodotto d'importazione (purché d'importazione, verrebbe da dire), i polizieschi italiani sono raramente finiti in classifica, e le collane create per promuoverli (come il "Rigogolo" di Rizzoli, "Sottoaccusa" della Fabbri,e, più di recente, "Interno Giallo" e i "Neti ltalianj'' degli Oscar Mondadori) hanno menato vita sostanzialmente grarna 10 • Ora ci spieghiamo meglio le "accuse" ai critici e agli autori: gli uni non hanno mai accettato di ammettere la letteratura poliziesca nel "salotto buono" 11 , i secondi si sono per forza di cose, conoscendo il proprio pubblico, orientati verso modelli colti. "Accuse" vere, dunque, ma che non spiegano molto e, soprattutto, parlano d'altro: non del poliziesco italiano, ma del suo pubblico e della sua critica. Allora come spiegare la fortuna, non solo di critica, ma anche di vendite, di Fruttero e Lucentini, di Sciascia, degli altri mostri sacri del poliziesco italiano? Soccorre un'altra osservazione gramsciana, per la quale il popolo è, sì, essenzialmente "contenutista", e dunque ama le storie "popolari", ma, dovendo scegliere tra tante storie, premia i modelli "alti": preferisce, cioè, i libri scritti meglio e da grandi autori 12 • I quali, secondo lo stesso Gramsci e tutta la nostra

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