Linea d'ombra - anno XII - n. 92 - aprile 1994

sfuggente come la disinformazione è quello di utilizzare una maniera complessa e sfuggente di raccontare. Questa infatti è un'avventura continuamente debordante e sfuggente, che obbliga il lettore a rendersi conto che ormai viviamo in un mondo che è sempre più difficile da decodificare correttamente. Per ottenere questo risultato, la storia irretisce e conquista il lettore portandolo nei mille meandri di una vicenda intricatissima. Non per niente, questo è il romanzo che più mi sono dive1tito a scrivere in tutta la mia carriera di scrittore. Certo, non è facile tenere insieme una struttura simile, riuscendo a dare continuità a un materiale tanto eterogeneo. È difficile organizzare una struttura come questa e al contempo creare un racconto piacevole da leggere. Questa è la vera scommessa del romanzo, decideranno i lettori se sono riuscito a fare le cose come si deve. Quali sono i suoi modelli letterari? In realtà i miei modelli sono abbastanza strani per uno scrittore di gialli, dato che sono quasi tutti al di fuori della letteratura poliziesca. Ad esempio continuo a rileggere Dos Passos e i poeti spagnoli degli anni Cinquanta. Ali' interno del genere poliziesco, più che autori veri e propri, mi hanno influenzato alcuni determinati caratteri presenti in alcuni scrittori, i quali quindi non possono essere considerati come dei veri e propri modelli. Penso all'interesse per il quotidiano dei racconti di Simenon, all'irrazionalismo di alcuni racconti di Chester Himes, al tono letterario di Chandler, ecc. Sono tutti stimoli che sono stati sicuramente importanti. Però poi, quando ho iniziato a scrivere racconti polizieschi e ho pubblicato i primi libri, alzando la testa al di sopra dell'orizzonte del Messico e guardando al resto del mondo, ho scoperto che altrove altri autori di romanzi polizieschi stavano facendo le stesse cose che sto facendo io, cioè stavano organizzando la sovversione del genere poliziesco tradizionale. Manchette e Vilar in Francia, Charyn negli Stati Uniti, Vasquez Montalban in Spagna, Juan Carlos Mrutelli in Argentina. Quindi, forse si può dire che esiste un progetto, non mio, ma di molte persone in tutto il mondo, che si muove cercando in tale direzione. Questa situazione mi stimola, mi intriga, mi spinge avanti: mi piace sentinni paitecipe di questo progetto di sovversione di un genere èlastico come quello poliziesco .. Insomma, sfruttare e utilizzare gli elementi del genere poliziesco, ma per sovvertirli e trasformarli. .. Più che utilizzare il genere, direi che si tratta di appropriarsi del genei·e, per dinamitarlo in modo personale. E il pubblico come reagisce? So far, so good. Solo in Messico, l'anno passato ho venduto 60.000 copie del mio ultimo libro, al di fuori del Messico circolano novanta traduzioni dei miei romanzi: sono stato tradotto in tutto il mondo, dalla Bulgaria al Giappone, dagli Stati Uniti alla Francia. Insomma il pubblico sembra apprezzare i miei libri. Ma quando scrive lei pensa al pubblico? Sì, certo. Sono rari gli scrittori che lo ammettono ... Sì, penso ai lettori, ma non in continuazione. Mentre lavoro cerco di immaginru·mi in che modo il lettore leggerà quello che sto scrivendo, anche se certo so che ogni lettore legge in maniera diversa, con una sfumatura personale tutta particolare. Mi domando anche se sto raccontando bene o male la storia che ho deciso di scrivere. Naturalmente non me lo chiedo in continuazione, perché altrimenti una simile ossessione mi paralizzerebbe; lo faccio solo ogni tanto, nei momenti cruciali, quando la storia è diventata difficile oppure particolarmente ambigua. In realtà, cerco di dialogare il più possibile con i lettori, lo faccio in tutte le occasioni possibili, soprattutto in "GIALLO"/TAIBO 27 occasione degli incontri nelle librerie, nelle scuole, nei centri culturali. Naturalmente, questo rappo1to con il pubblico finisce per influenzarmi perché poi quando scrivo penso alle persone che ho conosciuto e al modo in cui leggeranno le mie storie. In pratica però, come avviene quasi sempre, alla fine il mio lettore ideale è una persona pruticolare, un mio amico, è a lui che penso quando scrivo, è lui il mio giudice. Altre volte, invece, questo ruolo di lettore ideale è svolto da mia moglie, Paloma, che è un'ottima lettrice. Insomma, in questo modo, pensando ad alcuni lettori concreti, cerco di essere scrittore e lettore allo stesso tempo. In vent'anni oltre trenta libri, come è possibile? Scrivo tutti i giorni diverse ore al giorno, di notte o di giorno. Ma mi dedico sempre a più progetti contemporaneamente. In questo momento, ad esempio, sto lavorando a cinque storie diverse. Ali' improvviso una di queste si surriscalda e allora mi concentro su di essa, abbandonando tutte le altre. Vi lavoro per un po' di tempo, giudico i risultati, mi piace, non piace, la abbandono, ne comincio un'altra. Insomma vado e vengo in continuazione tra i diversi lavori. Quando poi tutti e cinque i racconti mi annoiano, o mi mancano le idee, lascio perdere la letteratura e mi dedico alla storia, a qualche ricerca più seria. Resto in ambito storico per qualche tempo, poi ritorno a uno dei racconti e gli dò la stoccata finale. Cosa può dire del suo stile? Il mio stile è in fondo l'accumulo ripetuto dei miei errori: infatti, quando 1ipetiamo molte volte uno stesso errore, allora Io chiamiamo stile. Personalmente, quello che mi interessa è uno stile nel quale il problema del linguaggio sia sempre strettamente legato al problema del contenuto. La sperimentazione linguistica, che certo mi affascina molto, deve sempre essere al servizio della narrazione: cioè deve servire a raccontare una storia. Ogni volta che la sperimentazione mi spinge a raccontare male la storia, allora retrocedo, rinuncio a quella particolare scelta stilistica o strutturale. In ogni caso cerco di muovermi su diversi piani. A tratti il mio stile è molto metaforico, a tratti sfrutto il monologo, a tratti il linguaggio della strada. Nel romanzo A quattro mçmi ognuno dei sedici piani nairntivi cerca di avere uno stile differente adeguato al suo contenuto: ad esempio l'episodio di Sandokan e Yanes è scritto con lo stile di Salgari, la parte di Houdini è scritta come avrebbe potuto scriverla William Saroyan, la storia della studentessa è scritta in un tono un po' accademico, e così via. Il risultato è una sc1ittura camaleontica che cerca e inventa tonalità e stili diversi. All'interno di questo caleidoscopio c'è naturalmente spazio per quello che considero il mio stile personale, la mia tonalità, che emerge nelle patti in cui sono in scena i due giornalisti. Questo è il mio stile naturale, quello che mi viene spontaneamente, senza bisogno di costruzioni e modelli. In Italia, per anni si è considerata la letteratura poliziesca come una letteratura minore di scarso valore letterario. In Messico ha avuto lo stesso problema? Sì. Gli "inferiori" hanno pensato che la letteratma poliziesca fosse inferiore alla letteratura cosiddetta alta. Chi sono gli "inferiori"? Gli inferiori sono le élites culturali semianalfabete che hanno dominato il mio paese fino ad oggi. Detto ciò, un buon romanzo è un buon romanzo, indipendentemente da ogni etichetta di genere. Delitto e castigo di Dostoevskij è un buon romanzo. È un romanzo poliziesco? Sì o no? Secondo me sì, peraltri invece no. Insomma, non ha senso costruire valori e gerarchie sulla base del genere. Ci sono romanzi gialli belli e romanzi gialli brutti, molto letterari o poco letterari, come pure nella letteratura alta ci sono opere riuscite ed altre meno riuscite. Questo è tutto. Adios.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==